2010-02-22 08:53:51
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<p style="margin-bottom: 0in;">[La Nazione Firenze, 22/02/2010]</p>
<p style="margin-bottom: 0in;">«<span>Voglio parlare</span>. Voglio essere interrogato dai pubblici ministeri per spiegare tutto». Una mossa a sorpresa dell’imprenditore Riccardo Fusi che cerca di allontanare da sè con ogni mezzo quell’ordinanza di custodia che si intravede in trasparenza tra le carte dei giudici e i silenzi degli inquirenti. Nonostante il giorno festivo, gli avvocati Alessandro Traversi e Sara Gennai, legali di Riccardo Fusi accusato di corruzione e associazione per delinquere aggravata dalla finalità mafiosa, hanno comunicato che il loro assistito ‘vuole parlare’ e hanno inviato una «richiesta di presentazione spontanea per rilasciare dichiarazioni». La richiesta è stata inoltrata al procuratore Giuseppe Quattrocchi, ai pm Luca Turco, Giulio Monferini e Giuseppina Mione, titolari dell’inchiesta e al gip Rosario Lupo che dovrebbe decidere sulla eventuale richiesta di misure cautelari.<br />Nella lettera, i legali ricordano gli ampi stralci di intercettazioni pubblicate, e gli articoli di stampa in cui si paventa l’ipotesi che i magistrati abbiano presentato un’altra richiesta di misura cautelare per corruzione nell’ambito degli accertamenti sull’appalto per la realizzazione della scuola marescialli. La vicenda che vede coinvolto Riccardo Fusi. Considerato, aggiungono gli avvocati, che Fusi si è dimesso dalla presidenza della Btp e che «pertanto non sussiste alcun pericolo di reiterazione del reato che possa configurare l’esigenza cautelare», i difensori chiedono ai magistrati «ove lo ritengano necessario» di consentire a Fusi di presentarsi per «poter esporre, in sede di interrogatorio, tutti gli elementi a propria discolpa».<br />C’è una fibrillazione totale. Tra gli imprenditori, i pubblici ufficiali, coloro che per qualunque motivo temono di essere finiti nella nuova inchiesta di Appaltopoli. E’ come se di sottofondo si sentisse un rumore di manette che stanno per scattare e quindi chi ha qualche «macchia» ingigantisce le sue paure. Mentre il procuratore Quattrocchi cerca di stare sotto traccia.<br />Emergono ogni giorno nuovi elementi sul ‘sistema gelatinoso’ degli appalti; l’inchiesta si prepara a vivere un’altra settimana intensa. A Firenze potrebbe prendere maggior forma il dossier sugli appalti di alcune opere cittadine, prima tra tutte, naturalmente, la scuola marescialli dei carabinieri. E’ tuttora pendente, infatti, un richiesta della Procura di misura cautelare per un numero imprecisato di indagati, e non è escluso che la decisione del gip possa arrivare in settimana. <br />A Firenze, a partire da domani, cominceranno le udienze al tribunale del riesame sia sulle richieste presentate dai difensori degli arrestati, i quali hanno chiesto la revoca della misura cautelare della custodia in carcere o, in alternativa, una misura meno afflittiva; sia dai difensori di alcuni indagati, i quali hanno subito sequestri durante le perquisizioni eseguite dai carabinieri del Ros all’alba del 10 febbraio. Tra questi vi è il capo del Dipartimento della Protezione civile Guido Bertolaso, indagato eccellente dell’inchiesta, nei riguardi del quale è stato ipotizzato il reato di concorso in corruzione. Alcuni difensori, tuttavia, hanno già fatto sapere che rinunceranno al riesame di Firenze: tra questi i dirigenti dei Lavori Pubblici Angelo Balducci e Mauro Della Giovampaola, nonché Diego Anemone, tre dei quattro arrestati per le presunte irregolarità legate agli appalti per il G8 alla Maddalena. Dal momento che il filone principale dell’inchiesta è stato trasferito a Perugia in seguito all’iscrizione del dimissionario procuratore della Repubblica di Roma Achille Toro nel registro degli indagati, prima solo per rivelazione di segreto di ufficio, poi anche per concorso in corruzione e favoreggiamento personale. Sarebbe stato proprio Toro, secondo i pm fiorentini – ma l’interessato ha fermamente respinto l’addebito – la ‘talpa’ che, alcuni giorni prima degli arresti, avrebbe fatto filtrare, fino a raggiungere gli indagati, la notizia di possibili misure cautelari in arrivo, tanto da indurre la Procura fiorentina a sollecitare al gip di emettere con urgenza il provvedimento di custodia cautelare.<br />E’ stato lo stesso procuratore di Roma, Giuseppe Ferrara a sottolineare che Toro era a conoscenza del punto a cui era arrivata l’indagine fiorentina. Ed è stata proprio la fuga di notizie a costringere la procura a cambiare strategia.</p>
<p style="margin-bottom: 0in;">di Amadore Agostini

Redazione

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