I poteri speciali di Renzi: le nomine

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2010-02-21 21:48:36

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<p style="margin-bottom: 0cm;">[Il Giornale della Toscana, 21/02/2010]]</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;">Matteo Renzi li ha chiesti per l’Anno Vespucciano, il segretario del Pd Simone Naldoni e molti «compagni» di partito dicono che non è il caso di darglieli. Ma in realtà i «poteri speciali» Renzi li ha già. Certo, ancora non riesce a costruire bretelle e piste parallele. E non ce la fa neanche a far funzionare un’infrastruttura carissima (270 milioni), in perenne ritardo (9 anni per costruirla) e sfortunata (si è già fermata per un’ora il primo giorno e ha già subito un incidente) come la tramvia. Ma questi sono argomenti che riguardano la città più che il sindaco stesso. Al contrario, Renzi ha già ampiamente dimostrato di averli i poteri speciali, soprattutto su un aspetto: le nomine. I primi due lamapanti esempi si sono visti pochi giorni dopo l’inizio del mandato. Con un colpo di mano degno della Prima repubblica il sindaco, senza neanche informare i «colleghi» dei Comuni soci nella compagnia di trasporto, ha azzerato i vertici dell’Ataf, spedendo a casa Maria Capezzuoli e liberandosi a caro prezzo del direttore Filippo Allegra. L’esito dell’operazione è stata quella di mettere tutto nelle mani del «fidato» Filippo Bonaccorsi (ex dirigente della Provincia), con i risultati che tutti i fiorentini hanno sotto gli occhi: capolinea spostati da un giorno all’altro senza neanche un misero cartello d’avviso, percorsi radicalmente stravolti senza adeguati studi sui flussi di traffico e di passeggeri, città mandata quattro giorni su cinque in tilt come neanche l’ex vicesindaco Beppe Matulli sapeva fare. Ma non è tutto: la stessa operazione è stata fatta poco dopo con Quadrifoglio. Il presidente «pistelliano» Marco Samoggia è stato accompagnato alla porta per sostituirlo con Giorgio Moretti, un «imprenditore » era stato definito a caldo dopo la nomina. Peccato, che dopo la stangata sulla Tia la politica renziana sui rifiuti sia invisa non solo agli industriali, ma anche ai commercianti, agli artigiani e ai residenti. Tutti con bollette aumentate. L’unica consolazione è che da marzo gli abitanti di Campo di Marte potranno evitare di spostare la macchina per il lavaggio-strade settimanale, come il sindaco ha goffamente spiegato con tanto di bacchetta «alla Bernacca» in televisione la settimana scorsa. Una comodità che quei residenti (come tutti gli altri che al momento non usufruiranno del servizio) pagheranno a caro prezzo: il costo del servizio, 800mila euro, finirà tutto sulle bollette.Anche su questa nomina nessuno è stato avvisato, nessuno si è messo di mezzo. Discorso diverso è quando Renzi deve esprimere un gradimento su nomine suggerite da altri. L’esempio più lampante è il caso della Scuola di Scienze aziendali dove l’indicazione di Confindustria (che non solo co-finanzia la scuola con Comune e Provincia ma alimenta anche la rete delle imprese che vi collaborano) era stata chiara: il successore di Paolo Targetti poteva essere Filippo Salvi. Sul nome dell’imprenditore c’era già stato anche l’ok del vicesindaco Dario Nardella, che aveva ricevuto la delega a trattare la questione. Peccato che una volta portata la pratica sul tavolo del primo cittadino, tutto sia finito nel cestino tanto che il cda della Scuola è prorogato da mesi. Proprio per colpa del mancato via libera di Renzi che non ne ha voluto sapere di ratificare una scelta di altri, senza avere la minima possibilità di mettervi lo zampino. Lo stesso rischio, con potenziali ricadute negative sulla città ben peggiori, esiste adesso sulle prossime nomine dell’aeroporto. Ad aprile scade il cda e l’ingresso dell’Ente Cassa di Risparmio ha rimescolato molto le carte. Peccato che Renzi stia giocando di sponda con i «torinesi» di Sagat (i Benetton sono i soci privati di riferimento) che – è notizia di questi giorni – potrebbero addirittura lasciare la gestione del principale scalo in loro possesso: Caselle a Torino. Il sindaco Sergio Chiamparino, infatti, non è contento di come stanno gestendo lo scalo e vorrebbe che i soci pubblici si riappropriassero dell’amministrazione della società. Paradossalmente, questo aprirebbe la strada proprio ai giochi di Renzi che ha speso più di una mezza parola con i Benetton per Peretola, ignorando così la possibilità di una possibile cordata locale. Al momento la società è priva di un effettivo patto di di sindacato, ma potrebbe presto trovarsi nella singolare situazione di riaccogliere a braccia aperte coloro che a Torino saranno presumibilmente estromessi dalla gestione dello scalo. Nell’agosto scorso l’assessore al bilancio, Angelo Falchetti, arrivò a ritenere «non strategica » la residua quota del 2 per cento in Adf rimasta in mano a Palazzo Vecchio, ma con l’avvicinarsi delle nomine sembra che Renzi abbia avuto un ritorno d’interesse per la società. Anche perché il sindaco si trova in dono un patto fra i soci pubblici (che non rimetterebbe in discussione neanche sotto tortura) dove la maggiore quota della Camera di commercio non viene riconosciuta. Anzi, alla fine è il Comune di Firenze che ha l’ultima parola sulle scelte, a iniziare da quella sulla presidenza. E se il sindaco non è riuscito a «digerire » un nome per la Scuola di scienze aziendali, sembra alquanto difficile che non voglia mettere lo zampino su una partita nella quale gioca buona parte della sua credibilità (la nuova pista per ora è rimasta solo uno slogan elettorale). Con i timori però di veder ripetere quanto già fatto a Quadrifoglio e Ataf, dove le poltrone sono state occupate dai renziani, ma dove i servizi per i cittadini non sono affatto migliorati. Anzi, in molti sostengono l’esatto contrario e con costi saliti alle stelle. Una condizione che farebbe decollare l’aeroporto, sì, ma verso il fallimento operativo.</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;">di Marco Bastiani</p>
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