La patata indigesta

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2010-03-03 10:19:53

>[Il Manifesto, 03/03/2010] <br />Nella sua prima audizione al Parlamento europeo il Commissario John Dalli presentò la propria linea politica abbandonandosi a grandi dichiarazioni di intenti circa la tutela dei consumatori e il rispetto del pubblico interesse. Peccato che scegliere come primo atto pubblico l’autorizzazione di un prodotto così controverso come la patata transgenica della multinazionale Basf appaia un modo davvero strano di tutelare il consumatore. Soprattutto alla luce del fatto che il via libera tecnico dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare alla patata Amflora si fondava su un macroscopico errore, quello di classificare i due antibiotici a cui il gene della patata conferiva resistenza come «poco rilevanti» per la salute umana anziché «molto rilevanti», come poi correttamente segnalato dall’Oms e dall’Agenzia europea per il farmaco. Errare humanum est, si dirà. Mala diabolica Efsa ha perseverato, visto che non ha ritenuto necessario spostare i due antibiotici nel gruppo di quelli necessari alla terapia medica umana e veterinaria, cosa che avrebbe impedito l’ok per semplice applicazione delle norme Ue che dal 2004 vietano gli Ogm resistenti ad antibiotici importanti. Conclusione: l’autorizzazione della patata in questione è illegittima. A questo punto non si può fare ameno di domandarsi: a cosa serve un’Agenzia europea per la sicurezza alimentare che non solo trascura i pareri scientifici di due organizzazioni così importanti come l’Organizzazione mondiale per la sanità e l’Agenzia europea del farmaco, ma agisce contro la stessa normativa europea? Sicuramente non a garantire la suddetta sicurezza alimentare. Semmai a difendere quella economica delle multinazionali del biotech, di cui l’Efsa appare sempre più una sorta di braccio destro. E non si dica che le magnifiche sorti e progressive delle colture transgeniche sono ormai l’inevitabile futuro dell’Europa, visto che gli ultimi dati Isaaa sulle coltivazioni di organismi geneticamente modificati nel mondo dicono l’esatto contrario: nel 2009 le coltivazioni di piante geneticamente modificate hanno registrato un calo complessivo del 12%, e in Europa sono solo 6 su 27 gli Stati che coltivano mais transgenico. Un dato molto significativo perché determinato non solo dal divieto di alcuni Paesi di coltivare ilmaisMon810, ma anche dal poco entusiasmo manifestato da quelli che avevano già deciso di adottarlo. Altra notizia interessante è quella che arriva dalla Cina, un paese che spesso viene presentato come esempio del progressivo estendersi degli Ogm, e che invece registra una diminuzione nelle superfici coltivate di ben 100mila ettari. Insomma, l’unico continente davvero Ogm continua ad essere solo quello americano. E l’Italia? Dopo la recente sentenza del Consiglio di Stato che rischia di far piantare la bandierina del biotech anche sul nostro paese, il ministro Zaia ha promesso più volte di intervenire. Non gli sembra il caso di spicciarsi? <br />Mario Capanna

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