La lettera di Santoro "La Chiesa accolga tutti"

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2010-04-24 08:23:29

>[La Repubblica Firenze, 24/04/2010]<br /> Come interpretare il ritorno di don Santoro alle Piagge, dato fino a poco tempo fa, causa l´intransigenza delle parti, per impossibile? Domani don Alessandro sarà già a casa sua, fra la sua gente, cui intende spiegare ‘in diretta´ i dettagli di un´operazione al momento spiegata solo dalla Curia e ovviamente dal punto di vista della Curia, cioè secondo la logica di quella progressiva «normalizzazione» della vita ecclesiale fiorentina che sembra ormai segnare il magistero di Giuseppe Betori. <br />Il ritorno del «ribelle», secondo il comunicato con cui piazza San Giovanni ne ha dato notizia mercoledì sera, dopo un incontro con il prete, sarebbe nient´altro che il risultato del suo «pentimento», esattamente quello «auspicato» al momento in cui, nel novembre scorso, «fu sollevato dal suo incarico di cappellano delle Piagge». Santoro, insomma, sembrerebbe di capire, sarebbe sceso a più miti consigli perché provato, psicologicamente e fisicamente, dalla lontananza, e magari anche perché fatto «rinsavire» dalle meditazioni e dalle preghiere comminategli dal suo Pastore.<br /> E pur di mettere fine al supplizio avrebbe accettato di rinnegare tutto quanto è andato sostenendo in questi cinque mesi di dibattiti, incontri in tv, tavole rotonde e comizi, fonte continua, in Curia, di irritazione e preoccupazione: e cioè che unire in matrimonio Sandra Alvino, donna nata uomo, con Fortunato Talotta, da lei già sposato civilmente 25 anni fa, era stato giusto e sacrosanto, perché fatto «nel nome del Vangelo». Possibile, era la domanda che circolava anche ieri alle Piagge, che uno come «Ale» si sia rimangiato tutto? No, non è possibile. E infatti non è così. Santoro, stando alla lettera inviata all´arcivescovo e rivelata, per stralci, dallo stesso comunicato ufficiale, precisa anche che «non era mia intenzione» minare la comunione ecclesiale, e che l´essere andato «più in là» delle prescrizioni canoniche, cioè di aver «osato» il matrimonio, è stato dettato esclusivamente dall´«obbedienza» a due persone unite da «amore cristiano e sincero». <br />E´ chiaro, quello che si vuol dire: Santoro ammette di aver sbagliato a non tener conto dell´effetto del suo gesto, ma non se ne pente. Dice di aver capito che una comunità ha i suoi tempi di reazione, ma chiede alla Chiesa di rinunciare a soffocare chi, per ardore, si slancia in avanti. Ammette di non aver tenuto abbastanza «conto dell´insieme del corpo ecclesiale», e di essere di questo «molto dispiaciuto». Ma chiarisce di sentirsi «prete» e di voler «continuare ad esserlo». Il che, si intende, non può avvenire se non «in comunione» con tutta la Chiesa, e – attenzione – «nel rispetto» di tutte le «sensibilità» presenti al suo interno. Un messaggio chiaro: il prete delle Piagge, se questa era la preoccupazione della Curia, non ha in mente nessuna secessione come quella della comunità di base dell´Isolotto. E però, nel dir questo Santoro pone una questione, dal suo punto di vista, cruciale: chiede, cioè, di veder accolta nella Chiesa fiorentina, accanto a tutte le altre, anche la sua specificità pastorale, il suo «carisma», secondo il vocabolario della Chiesa. Che è, ed è sempre stato, quello di dar voce agli ultimi ‘senza se e senza ma´, riducendo via via «il campo dell´esclusione»: non solo attraverso l´accoglienza materiale, ma anche attraverso l´«inclusione» di ogni forma in cui l´umano si esprime, oltre gli schematismi dogmatici. <br />Certo, Santoro ha anche promesso che in futuro, se dovessero ripresentarglisi situazioni «particolari e ‘al limite´», si intende al limite della comprensibilità da parte dell´intero corpo ecclesiale e presbiteriale, li «sottoporrà alla riflessione del vescovo». Cosa del resto che lo impegna a fare la stessa «professione di fede» impostagli da Betori (e che lui ha già firmato), sempre dovuta da ogni parroco. Ma intanto, dopo che il 25 ottobre 2009, nella baracca delle Piagge, il famoso ‘limite´ è stato superato, nulla può essere più come prima. Neppure per le gerarchie, che adesso, proprio in virtù della riabilitazione del prete ‘sconfinante´, non potranno più nascondere la vita vera sotto il tappeto del diritto canonico. Bello, folto, ma polveroso, e tutto pieno di buchi.<br />di Maria Cristina Carratù

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