Il museo di Storia della Scienza: "Un atto di morte, così falliremo"

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2010-05-30 13:18:41

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<p style="margin-bottom: 0cm;">[La Repubblica Firenze, 30/05/2010]</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;">«Sarà un atto di morte», annuncia Paolo Galluzzi, direttore dell´Istituto e Museo di Storia della Scienza. Per poi spiegare: «Dallo Stato riceviamo oltre 1 milione e 700 mila euro all´anno, metà del nostro bilancio. Una somma destinata non ad attività o a progetti specifici, che volendo potremmo anche annullare, ma al funzionamento dell´Istituto: spese di gestione, stipendi del personale, ditte di pulizie. Se la notizia è vera non posso che pensare che il consiglio di amministrazione dovrà riunirsi e avviare le procedure per il fallimento, poiché risulteremmo inadempienti nei confronti di contratti già siglati. Non vedo altre soluzioni, a parte quella di vendere il Cannocchiale di Galileo, certo». «Il 10 giugno – continua Galluzzi – inaugureremo il museo dedicato a Galilei, uno dei più belli al mondo, qualcosa che non si è mai visto altrove, e probabilmente saremo costretti a chiuderlo il giorno dopo. Non so se ridere o piangere».</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;">Mina Gregori, presidente della Fondazione di Studi di Storia dell´arte Roberto Longhi, non rivela l’ammontare preciso dei finanziamenti statali che scomparirebbero con l´approvazione della manovra, ma parla di una «somma importante»: «Siamo al limite, mi domando quanto potremmo andare avanti. Molte conferenze già adesso sono svolte a titolo gratuito, poi ci sono le attività di insegnamento e di formazione, che rappresentano un impegno importante». «Ma soprattutto – sottolinea – mi colpisce il valore simbolico di questo provvedimento, l´idea che lo Stato non voglia più far parte del nostro istituto e tenda a ritirarsi dalla cultura in generale». All´Istituto nazionale di studi sul Rinascimento i contributi statali ammontano «a circa 150 mila euro l´anno», spiega il presidente Michele Ciliberto. Per poi chiarire: «E´ comprensibile l´esigenza di un ridimensionamento della miriade di enti e istituzioni che ricevono finanziamenti pubblici. Una riduzione che fino a questo momento non è stata possibile perché condizionata da spinte clientelari. Ma deve essere fatta seguendo criteri precisi. Il nostro istituto offre corsi di perfezionamento e di dottorato: già questo dovrebbe bastare ad escluderlo dai tagli. Per noi – continua – il contributo statale non è accessorio. Se venisse a mancare finiremmo per arrivare al punto di non poter pagare il personale».</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;">La scure del governo si abbatterà anche su un altro gigante del panorama culturale fiorentino, il Gabinetto Vieusseux: «Riceviamo dallo Stato fra gli 80 e i 90 mila euro all´anno, il 7-8 per cento del nostro bilancio», spiega il presidente Enzo Cheli. «Una somma – chiarisce – di cui non potremmo fare a meno. Anche perché per il 2010 non abbiamo avuto ancora alcuna conferma da parte del nostro principale finanziatore, il Comune di Firenze, che in passato contribuiva con 1 milione e 120 mila euro all´anno. E che, nel 2009, aveva già pensato di ridurre il suo impegno: all’inizio dell´anno abbiamo ricevuto solo 1 milione, la cifra mancante è stata reintegrata soltanto in autunno. Non so come potremo realizzare le iniziative che abbiamo in programma, soprattutto in vista dei 150 anni dell´Unità d´Italia».</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;">Preferisce invece prendere tempo Cosimo Ceccuti, che presiede la Fondazione Spadolini Nuova Antologia: «Il contributo che riceviamo dallo Stato è di 50 mila euro all´anno, il 10 per cento del nostro bilancio. Non sarebbe un taglio da poco. Ma in questo momento la situazione è talmente caotica che pensare alle conseguenze mi pare prematuro». «Il governo sbaglia ad accanirsi sulla cultura, partendo dal Teatro Comunale fino ad istituzioni più piccole ma di prestigio, che rappresentano la principale attrattiva turistica della nostra città», dichiara Eugenio Giani, presidente della Fondazione Casa Buonarroti, alla quale lo Stato contribuisce «in misura minore del 10%, con 30 mila euro ogni anno a fronte di un budget di 450». Non sembra invece preoccuparsi Giancarlo Garfagnini, vicepresidente della Società Dantesca Italiana: «Da anni non siamo più inseriti nelle tabelle ministeriali, lo Stato ci aiuta in modo saltuario ed esiguo. Finanzia però la pubblicazione dell’Edizione nazionale delle Opere di Dante: non so se rientrerà nei tagli annunciati, ma se così fosse sarebbe molto grave».</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;">di Gaia Rau</p>
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