La Piana: Parco agricolo o contenitore di progetti sbagliati e confliggenti

parco_pianaLa Piana fiorentino-pratese, come è noto, è stata oggetto di numerosi tentativi di pianificazione, il penultimo – lo “Schema strutturale” – elaborato nella seconda metà degli anni ’80 con la direzione di Giovanni Astengo. L’ultimo, teoricamente ancora in corso, è il Parco agricolo della Piana che, più che un programma dettato da una politica lungimirante (come era nelle intenzioni dell’Assessore all’Urbanistica), sembra nei fatti essere uno strumento di “compensazione” (alcuni potrebbero dire “uno specchietto per le allodole”) per realizzare due infrastrutture altamente critiche: la nuova pista aeroportuale di 2400 o 2800 m (complessivi) e l’inceneritore a case Passerini, portato a quasi 200.000 tn/anno di materiale da smaltire.

Non occorre spendere molte parole su aeroporto e inceneritore, le relazioni che seguiranno lo faranno in maniera approfondita. Basta qui dire che entrambi sono incompatibili con il Parco della Piana. L’inceneritore per ragioni (soprattutto) sanitarie, la pista aeroportuale perché occupa tutto il territorio a ovest di Firenze a sud di Sesto, lasciando qualche brandello di terreno verde fino all’Autostrada del Sole; oltre, ovviamente molte altre controindicazioni.

Chiunque legga gli allegati alla delibera di adozione (cioè i contenuti del Piano) noterà una schizofrenia tra prescrizioni e direttive che riguardano l’aeroporto e indirizzi e direttive che riguardano il Parco. A parole il Parco agricolo della Piana Fiorentina, è l’elemento ordinatore di tutte le politiche territoriali e infrastrutturale dell’ambito interessato; ma in realtà, nel migliore dei casi, è l’elemento “subordinato”. Non vi è niente nella variante al Pit e nei documenti allegati che tenti di integrare o rendere compatibili le previsioni concernenti Parco e aeroporto. Ci si limita dire che quello che non sarà occupato dall’aeroporto sarà utilizzato come Parco (ridestinazione al Parco agricolo della Piana delle aree non necessarie alla qualificazione aeroportuale).

Il Parco è un progetto reale o è semplicemente un escamotage per rendere “digeribili” agli oppositori le due infrastrutture, inutili, ma gradite a Confindustria, lobby dei costruttori, Hera ecc.? Penso che in realtà l’idea del Parco sia stata rilanciata nel 2012 (o nel 2011) dall’Assessore all’Urbanistica, per salvaguardare il territorio della Piana ancora inedificato ed evitare un ulteriore “avanzata” dell’urbanizzazione comunale: porre cioè dei confini oltre a i quali non si può ulteriormente consumare suolo agricolo. Da questo punto qualche successo è stato ottenuto, mentre, mi sembra evidente che il PAgr non può, né vuole contrastare aeroporto e inceneritore. Ma, allora, vale la pena di battersi per il Parco agricolo? Personalmente credo di sì, anche se questa è solo una parte della “battaglia”. Credo di sì, non fosse altro per sottolineare le inadempienze, le superficialità (e la malafede?) di una politica che promette e non mantiene. Vi sono infatti seri dubbi sulla volontà di andare avanti, come è rilevato anche dal Garante della comunicazione nel Rapporto aggiornato al giugno 2014: “Rimane infatti diffusa la preoccupazione che il Progetto del Parco permanga una mera esercitazione pianificatoria, […] destinata a chiudersi nel buio di qualche cassetto regionale […]. Il Parco domanda alla politica regionale un enorme impegno di coerenza, di capacità di coordinamento e una particolare attitudine alla sperimentazione pragmatica e alla creatività amministrativa e promozionale verso una pluralità di attori sociali e istituzionali (Rapporto, p. 71).

Ma cosa è il Parco della Piana, al di là di tutte le buone intenzioni e gli apprezzabili documenti metodologici predisposti dall’Assessorato all’Urbanistica? Un Parco non è un territorio, ma è un ente di gestione del territorio finalizzato a scopi di protezione della natura e delle testimonianze antropiche. È noto che quando si vuole fare un’operazione speculativa questa viene immediatamente ribattezzata come “Parco” alludendo a immagini di verde, di aria pulita, ecc. Definire, come fanno molto spesso gli strumenti di pianificazione territoriale un’area come “Parco” non ha alcun significato, senza un preordinamento dei relativi poteri istituzionali. Allora cosa è, da questo punto di vista il Parco della Piana? Il Parco della Piana è un “Progetto di territorio di interesse regionale” che dovrebbe essere realizzato dai Comuni, mediante “accordi di pianificazione”, cioè varianti agli strumenti urbanistici concordate e promosse dalla Regione mediante “Conferenze di servizi”. Inizialmente un’unica conferenza di servizi tra Regione, Provincia e Comuni interessati, in seguito si è ripiegato su conferenze di servizi e accordi di pianificazione separati (cioè comune per comune). Non mi risulta che sia stato stipulato alcun accordo d pianificazione.

Alla base della “debolezza” del Parco agricolo della Piana, vi è perciò una debolezza istituzionale che, a sua volta, dipende da un’incertezza o una “non volontà” politica. Di fatto, da un punto di vista normativo, il Parco agricolo è poco più che niente, è un mero annuncio di un’intenzione di una Regione che, anche nel migliore dei casi, si trova compressa tra il governo centrale (il decreto Sblocca Italia) e i Comuni, poco interessati all’operazione che penalizza le loro “possibilità espansive”. Non solo debolezza istituzionale, ma anche mancanza di risorse finanziarie. In un documento (un power point destinato al pubblico, senza data ma presumibilmente del 2012) si parla di 500 milioni destinati al Parco. Ma di questi 480 sono destinati alle costruende linee tramviarie, altri 7 alla viabilità; per il Parco vero e proprio rimangono briciole, in ogni caso promesse e non stanziate.

Ben diversamente, nel 1990 lo Schema strutturale affrontava di petto il problema, avvalendosi della LR 74/84 e predisponeva delle precise norme di attuazione per un nuovo strumento urbanistico (lo Schema strutturale, appunto) che aveva l’efficacia di un Piano particolareggiato. In base alla legge si stabilivano direttive, vincoli e prescrizioni immediatamente efficaci e prevalenti sugli strumenti urbanistici comunali. Prescrizioni e vincoli che non interessavano solo gli strumenti urbanistici, ma anche i programmi di settore della Regione e il Piano di sviluppo regionale per le necessarie misure finanziarie.

Interessanti, nello Schema strutturale, sono le considerazioni relative all’aeroporto che meriterebbero di essere riportate integralmente, ma che così concludono a proposito dell’ipotesi di una nuova pista parallela all’autostrada: “In definitiva, per ottenere una pista un po’ più lunga di quella attuale, con uno scalo all’ingresso di sistemi urbani complessi e, probabilmente, già fuori mercato nel giro di un quinquennio per le rigidità d’uso, non solo si distruggerebbe un intero quadrilatero ancora libero. Ma soprattutto, si vanificherebbe un grande progetto di unificazione territoriale: il Parco metropolitano”.

Ma lo schema strutturale aveva come promotore Gianfranco Bartolini, un comunista doc Presidente della Regione. Nella breve legislazione successiva di Marco Marcucci (successivamente per 2 volte sindaco di Viareggio) cessa la volontà politica di dar corso al progetto, con ogni probabilità per la fortissima opposizione dei Comuni, ancora in fase espansiva, che mal tolleravano la guida e la tutela regionale; il limite dello Schema strutturale era di essere un piano calato dall’alto senza alcuna partecipazione né degli enti locali, né dei cittadini.

Cosa fare oltre battersi contro aeroporto e inceneritore? Può essere il Parco agricolo della Piana un’arma in questa battaglia? Credo che sarebbe un errore rassegnarsi e prendere atto come se fossero comportamenti normali le inadempienze della Regione. Vi immaginate il presidente di un Land tedesco (p.e. Berlino che ha una popolazione paragonabile a quella Toscana) che annuncia urbi et orbi un grande Parco metropolitano, spende dei soldi e poi lascia tutto cadere nel dimenticatoio; come minimo sarebbe messo in croce dalla stampa e dagli elettori. Qui si confida invece nella virtù (se si tratta di virtù) degli italiani di dimenticare e di rassegnarsi; o comunque di prendere atto di una inadempienza, come una conferma dei dubbi e della sfiducia iniziale. In vigilia di elezioni, non vedo la ragione di fare sconti a politici vecchi e nuovi. Dobbiamo reclamare con forza che la Regione mantenga le sue promesse, porti avanti e finanzi il progetto del Parco, nonostante (e forse per questo) tutte le contraddizioni con inceneritore e aeroporto.

Un’ultima nota conclusiva a proposito dell’aeroporto. Visto che la variante del Pit in proposito dice chiaramente tutte le opere necessarie per la realizzazione della nuova pista (Fosso Reale, reticolo idraulico, viabilità maggiore e minore, spostamento di infrastrutture, riorganizzazione delle proprietà fondiarie, ecc.), un’amministrazione seria chiederebbe all’Adf un approfondito e dettagliato piano industriale, con costi e benefici (ma soprattutto i costi che potrebbero superare di gran lunga i benefici, anche quelli economici strettamente a vantaggio dell’Aeroporto di Firenze). È prassi comune sottovalutare i costi per dare il via all’opera e, in seguito scaricarli sul pubblico. Sentire parlare di eventuale G8 per realizzare le trasformazioni del contesto territoriale fa venire i brividi: la programmazione viene sempre sostituita da improvvisazione ed eccezionalità.

Non possiamo accettare questo balletto non innocente di incertezze che va a tutto vantaggio di una politica fatta di sostanziale subordinazione agli interessi economici dei privati.

Paolo Baldeschi, docente di Urbanistica, opinionista di Eddyburg

Intervento presentato al convegno organizzato il 31 gennaio dalla Rete dei comitati per la difesa del territorio su ‘Il futuro della Piana: criticità e prospettive’