La mercificazione e privatizzazione delle nostre vite è un fatto certo. Solo chi si nutre di informazioni del mainstream può non esserne consapevole e si convince che viviamo – seppur nella crisi – nel migliore dei mondi possibili dove è necessario sostenere il dominante di turno solo perché “non ci sono alternative” e quindi va bene il partito o il politico “meno peggio”, capace di illudere un popolo ormai privo di strumenti culturali per una più o meno breve stagione politica. A contrastare questa tendenza da ormai una ventina di anni ci sono movimenti, gruppi, comunità che analizzano un sistema liberista che affianca alla ricerca del profitto a tutti i costi l’erosione dei diritti della persona e della democrazia. Nasce in questo contesto, in particolare dall’esperienza decennale del Forum italiano dei movimenti per l’acqua, l’Osservatorio popolare sull’acqua e i beni comuni.
I movimenti per l’acqua in questi anni hanno prodotto saperi, competenze e forme di partecipazione – culminate con il referendum del 2011 – che costituiscono uno straordinario patrimonio culturale, sociale e politico, capace di contrastare il pensiero unico del mercato e di prospettare un’alternativa ai processi in corso di privatizzazione e finanziarizzazione dell’economia e della vita stessa su scala globale. E l’acqua è uno dei nodi strategici dell’attuale crisi del modello liberista, una vertenza che nel dibattito pubblico ha saputo innescare prima, e animare poi, il tema più vasto dei beni comuni: dalla sanità all’istruzione, dall’energia alla cultura, passando dal diritto alla casa e dal diritto ad un lavoro dignitoso.
Tra le realtà che promuovono l’Osservatorio alcune da sempre in difesa dei beni comuni come Acqua Bene Comune, A Sud, Attac Italia, la Federazione della Chiese Evangeliche e la Fondazione Basso Tutte le organizzazioni che condividono i principi dell’Osservatorio possono comunque diventarne socie.
Di seguito un estratto dallo Statuto fondativo:
“Il tema dell’acqua rappresenta uno dei nodi strategici dell’attuale crisi del modello neoliberale: quello del controllo delle risorse in una fase di crisi strutturale insieme economico-finanziaria, sociale e ambientale.
Ma l’acqua non è solo un bene in sé: è anche un paradigma culturale e sociale. Non a caso, la battaglia contro la sua privatizzazione ha fatto irrompere nella società il nuovo tema dei beni comuni, ovvero di quei beni naturali necessari alla vita e di quei beni sociali necessari alla sua qualità e dignità, il cui accesso e universalità costituiscono la garanzia di diritti inalienabili e non sottoponibili alle leggi del mercato.
Il conflitto in atto si pone dunque di fronte a questo bivio: da una parte vi è il modello neoliberale che, per potersi perpetuare, ha la necessità di consegnare al mercato l’intera vita delle persone, mercificando e privatizzando tutti i beni e i servizi; dall’altra vi sono le mobilitazioni sociali che, attraverso la costruzione collettiva del nuovo paradigma dei beni comuni, praticano la sottrazione di questi beni e servizi al terreno della finanziarizzazione, rivendicandone la riappropriazione sociale.
In questo senso, la nostra proposta di costituire un osservatorio, pur avendo il suo baricentro sul tema dell’acqua, contempla la progressiva estensione della propria attività all’intera tematica dei beni comuni, come strumento di analisi, documentazione e riflessione su questo nuovo paradigma e sulle potenzialità di trasformazione sociale che il suo dispiegamento implica.
Le battaglie a difesa dei beni comuni rappresentano infatti, ad oggi, sia un argine sul binario delle privatizzazione e della finanziarizzazione, sia un laboratorio di saperi e pratiche in grado di delineare nuovi assetti economici e politico-istituzionali.
La riflessione sui processi di privatizzazione dell’acqua, di finanziarizzazione dei beni comuni, è quindi strettamente connessa a quella sulle forme e la qualità della democrazia. Emerge qui uno dei nodi sostanziali alla base del patto sociale novecentesco: chi decide su che cosa. Il processo degenerativo che ha visto il principio della rappresentanza declinarsi in delega e infine in sospensione della democrazia è uno dei punti focali delle battaglie per i beni comuni e un ulteriore ambito di analisi e ricerca dell’osservatorio.”
*Cristiano Lucchi, giornalista e mediattivista, è attivo in perUnaltracittà
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