Attac e Rosa Luxemburg Stiftung: per capire la crisi e progettarne l’uscita

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Il 15 e 16 maggio 2015 si è tenuto a Roma un interessate convegno organizzato da Attac Italia e dalla tedesca Rosa Luxemburg Stiftung. La cornice è stata quella accogliente dello spazio autogestito ESC Atelier a Roma nel quartiere di San Lorenzo dove una creatività artistica discreta, ma molto efficace, ha circondato i partecipanti. Il programma, stimolante fin dalla locandina, è stato un viaggio di due giorni nei temi principali che stanno alla base del disastro cui ci stiamo assuefacendo.

Il principale merito di questo incontro è stato quello di dare a tutti strumenti di lettura del modello economico del liberismo: tutte le promesse di radiosi futuri che sarebbero nati dal fantomatico “libero mercato” sono andate smentite crudamente dai fatti, ma l’ideologia che ne è alla base non è in grado di ripensare se stessa, né di proporre alternative; solo ulteriori dosi di veleno liberista sarebbero capaci di rianimare il corpo moribondo e stagnante del sistema.

toobigL’analisi puntuale di Antonio Tricarico ha saputo svelare i meccanismi di un sistema finanziario, ormai slegato dall’economia reale, che si inventa strumenti sempre più raffinati e esoterici per ottenere guadagni a scapito dell’umanità cui dovrebbe essere al servizio.

Un po’ sfumata, secondo chi scrive, la constatazione che la stagnazione italiana ed europea, nonché la crisi globale del capitalismo, non è tanto figlia dell’ipertrofia finanziaria (che certamente vi incide con forza), ma è un problema strutturale del capitalismo contemporaneo. L’enorme accumulazione di ricchezza derivata dalla finanziarizzazione avrebbe bisogno di nuovi mercati per trovare opportune occasioni di investimenti, ma è proprio dai limiti del mercato globale che ha origine questa crisi.

Correttissima è stata l’analisi che non prevede per il futuro alcuna possibilità di redistribuzione della ricchezza (come invece ancora continuano a raccontare sedicenti sinistre moderate che ormai hanno scavalcato Berlusconi a destra), anzi la “trappola del debito” è un ulteriore strumento di concentrazione di risorse a scapito della collettività.

Utilissimi sono stati l’analisi e il dibattito sul fallimento (perché di questo si tratta) delle privatizzazioni a livello europeo e globale; l’analisi di David Hall (PSIRU) è stata impeccabile in questo: ha mostrato come non siano derivati benefici dai processi di privatizzazione per le comunità, come anzi si stia ripensando il modello in molte parti del mondo (purtroppo non in Italia).

Utile è stato l’excursus di Pablo Sànchez (European Public Service Unions) sulle politiche sindacali europee, anche se si è soffermato soprattutto sulle varie resistenze nazionali mostrando l’imbarazzo del mondo sindacale ad elaborare strategie a livello continentale che ormai sarebbero irrinunciabili; questo ha confermato la debolezza e la marginalizzazione del mondo del lavoro in Europa.

Interessante il dibattito sulla concezione dei “beni comuni” tra Paolo Maddalena, Maria Rosaria Marella e Paolo Berdini; al di là delle diverse sfumature che possono esistere tra loro, la riflessione su questi temi si è fatta ormai matura e offre strumenti utili per impostare una nuova convivenza non più basata sul totalitarismo del profitto.

Il panorama delle resistenze al delirio delle privatizzazioni e dello sfruttamento del territorio è stato ovviamente simbolico (in Italia esistono decine di migliaia di gruppi in lotta), ma efficace nel far capire la dinamicità di un corpo sociale che cerca disperatamente di reagire. In particolare, sullo sfondo, è sempre presente questo incredibile modello rappresentato dalla lotta NO TAV in Val di Susa dove, attorno ad una lotta specifica, si è ricostruita una coscienza collettiva capace di essere alternativa sistemica.

Interessantissima l’analisi del decreto “sblocca Italia”, vanto del governo Renzi, che non è altro che una resa incondizionata da parte della politica agli interessi di poche imprese private (quasi sempre multinazionali) per appropriarsi delle risorse del territorio con la stessa feroce avidità che ha distrutto i paesi colonizzati nei secoli passati. Augusto De Santis, della rete “No Sblocca Italia” (comitati prevalentemente delle regioni del sud che si affacciano su Adriatico e Ionio), ha chiarito come la trasformazione in “siti di interesse strategico” dei luoghi di trivellazione per gli idrocarburi e di costruzione degli inceneritori sia un vero atto dittatoriale a scapito delle comunità locali e un sostanziale furto di democrazia.

L’incontro è stato sicuramente un momento molto positivo e va reso merito ad Attac Italia di averlo promosso; occasioni del genere (che speriamo si ripetano) sono indispensabili perché si formino una serie di idee e valori sui quali fondare un serio movimento di opposizione al liberismo dilagante che non sia solo mugugno sociale. Il convegno avrebbe sicuramente meritato numeri di partecipazione più ampi; questo coinvolge non tanto gli organizzatori, quanto i movimenti che devono trovare sempre più momenti di elaborazione e progettazione politica collettiva.

Insomma la sintesi finale, per chi scrive, la si potrebbe riassumere così: l’uscita dal cul de sac liberista può essere solo frutto di un lavoro comune dal basso, dall’alto piovono solo pietre.

*Tiziano Cardosi, attivista No Tunnel Tav Firenze

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Tiziano Cardosi

Obiettore di coscienza negli anni ‘70, attivista contro le guerre, già capostazione delle FS, oggi si occupa soprattutto di mobilità e del fenomeno delle “grandi opere inutili”, tra I fondatori del comitato No Tunnel TAV di Firenze. Attivista di perUnaltracittà.

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