Nuovo aeroporto di Firenze, bocciato anche dal pilota: ecco i motivi tecnici ed economici

Non c’è alcun dubbio sull’assoluta improponibilità del progetto aeroportuale, così come presentato, alla luce delle condizioni poste, nonché della particolare situazione orografica intorno alla città che limita lo spazio aereo utilizzabile. Le ragioni, analizzate nelle righe che seguono, considerano la materia esclusivamente dal punto di vista del pilota e, a questo scopo, è necessario formulare due premesse.

pilota1) Quando si parla di impiego operativo di un aeroporto, con specifico riferimento al traffico degli aeromobili e conseguenti ripercussioni acustiche, è d’obbligo considerare non solo i tracciati e le quote delle procedure strumentali di uscita e di avvicinamento, ma soprattutto le loro possibili varianti in presenza di condizioni meteorologiche avverse, atteso che risiede sempre nel potere decisionale del Comandante qualunque variazione di percorso debba essere adottata nell’interesse della sicurezza dei passeggeri.

2) Parlare di impiego “prevalente” di una pista, o addirittura “unidirezionale” di un aeroporto, quando si faccia riferimento alla sua efficienza, non ha alcun senso. Affermare che i decolli avverranno tutti per “pista 30” (orientamento 297°) e gli atterraggi tutti per “pista 12” (orientamento 117°) significa introdurre limiti tali all’utilizzo della struttura da renderne assurdo anche solo il progetto. Se però a quel tutti viene aggiunto un quasi (cioè il famoso “prevalente”), è facile capire che sussiste un ventaglio di possibilità aperto a tutte le soluzioni, anche a quelle che non ci piacciono. Vediamo perché.

Ascolta l’intervento del Comandante Gianluca Salvadori all’incontro Il cielo sopra Firenze. Trafficato e fuori legge organizzato da perUnaltracittà lo scorso 20 novembre


 

Analizziamo tre situazioni caratteristiche dell’attività di un aeroporto per quanto attiene al traffico degli aeromobili: decollo, atterraggio e riattaccata.

Le manovre di decollo e atterraggio devono essere eseguite sempre contro vento, pena un decadimento esponenziale delle prestazioni aerodinamiche del velivolo. Ne consegue che, in presenza di venti significativi con provenienza nord-est, l’aeroporto è da considerarsi non utilizzabile per i decolli. Al contrario, con venti oltre i dieci nodi (19 kmh) da sud-ovest, l’aeroporto è chiuso agli atterraggi. Se è vero, da un lato, che le statistiche dei venti prevalenti nella zona di Peretola riportano intensità moderate e per lo più ortogonali rispetto all’orientamento della nuova pista, è anche vero che chiudere un aeroporto per un vento intorno ai dodici-quindici nodi, farebbe sorridere qualunque operatore. E nessuno può negare che tali condizioni si verifichino almeno venti/trenta volte l’anno. Ne deriverà che le deroghe diverranno regola (quindi addio alla unidirezionalità) o gli operatori si terranno alla larga dallo scalo.

A prescindere poi dal vento, in presenza di formazioni di nubi temporalesche (cumulinembi, caratteristici della stagione estiva) sul prolungamento della pista 30 (decolli), s’imporrà una sospensione dell’attività, con conseguente dirottamento su altro scalo del traffico in arrivo e attesa indefinita di quello in partenza. Da notare che, data la presenza di ostacoli orografici a nord dell’aeroporto (fino a quasi 1000 m), le eventuali vie di fuga, per evitare cioè il temporale, si presentano solo a sud, sud-est, vale a dire sopra centri abitati. E sappiamo bene che la Piana (area compresa tra Firenze, Prato e Pistoia) vanta una densità tra le più alte in Italia.

Si potrà obiettare che anche l’aeroporto di Milano-Malpensa ha caratteristiche di prevalente unidirezionalità (decolli e atterraggi per pista 35R o 35L), ma ciò non accade per evitare il sorvolo di una città, ma solo per semplificare la gestione del traffico. Infatti, a differenza di quanto prospettato per il Vespucci, decolli e atterraggi avvengono sempre nello stesso senso, verso nord, e ciò evita conflitti tra i velivoli in partenza e quelli in arrivo (provenienti dagli altri quadranti). Inoltre, a differenza di quella di Peretola, l’area di Malpensa gode di una quasi totale calma eolica e di un’assenza di ostacoli orografici per oltre 270° (il Vespucci, considerando l’auspicato divieto di sorvolo dell’area cittadina, meno di 100°).

La manovra di riattaccata viene eseguita ogni qualvolta, per motivi tecnici o atmosferici, non è possibile portare a termine la procedura di avvicinamento finale ad un aeroporto. Consiste nel dare la massima potenza ai motori, livellare il velivolo, riconfigurarlo (retrarre il carrello ed i flaps) e seguire una rotta pubblicata rispettandone tracciato, quote e velocità. Nella quasi totalità dei casi ciò avviene allorché il pilota non acquisisce il contatto visivo con la pista una volta raggiunta la quota minima consentita dalla procedura in uso. Considerando che qualunque procedura di atterraggio è concepita in modo da condurre il velivolo al contatto col terreno in coincidenza di un terzo della lunghezza pista, nel caso del Vespucci il velivolo, proveniente da Prato, sorvolerà la stessa a circa 75 metri di altezza alla massima potenza e comincerà a salire virando a destra praticamente come se fosse decollato per pista 12 (esattamente ciò che dovrebbe essere evitato), innaffiando di decibel la città di Firenze, centro storico compreso.

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DOSSIER AEROPORTO

Considerando un’illustrazione contenuta nel progetto, si può notare l’assenza di una taxi way, cioè di un raccordo parallelo alla pista, che consenta ai velivoli in partenza di effettuare il rullaggio verso la testata (nel caso pista in uso 12) ed a quelli in arrivo il rullaggio verso l’area di parcheggio (nel caso di atterraggio per pista 30). Tutto il traffico a terra, quindi, occuperà la pista, ciascuno per circa 8/10 minuti, impedendo il regolare svolgersi dell’attività. L’Ing. Roberto Naldi (vicepresidente esecutivo di Toscana Aeroporti) ha recentemente dichiarato di prevedere, a regime, il raggiungimento di 26.000 movimenti all’anno, vale a dire (pausa notturna compresa) circa 70 movimenti al giorno. Se ne deduce che ogni 12/13 minuti dovrebbe verificarsi un decollo o un atterraggio, con incrementi di frequenza nelle ore di picco. L’assenza della taxi way comporterà ritardi notevoli in partenza e attese ai velivoli in arrivo. Attese dove? Il progetto non indica la posizione delle “holding”, cioè delle aree dove le attese dovrebbero aver luogo.

Inoltre è bene sapere che, nel caso in cui il vento impedisca l’uso della pista 12, in mancanza di una procedura strumentale per pista 30, i velivoli in arrivo dovranno effettuare l’avvicinamento per pista 12 e, raggiunta la quota minima consentita, portarsi “a vista” verso la pista 30 dove atterreranno. Questa manovra, chiamata “circle to land”, implicherà necessariamente il sorvolo della città ad una quota non superiore, ma talvolta inferiore per motivi di visibilità, a 500 metri.

Consideriamo la lunghezza della pista, inizialmente fissata a 2000 metri e successivamente portata a 2400. Con temperature estive (intorno a 33°c) e una bava di vento in coda nessun velivolo a lungo raggio potrà mai decollare a pieno carico. Il Boeing 777, ad esempio, dovrà rinunciare al 25% del massimo peso trasportabile, l’Airbus 330 al 20%. Questo significa rinunciare ad un certo numero di passeggeri o diminuire la quantità di carburante da rifornire per il volo riducendo così la propria autonomia a poco più di 8 ore (insufficienti perfino per New York). Gli operatori, che sanno fare i conti, si terranno alla larga dallo scalo fiorentino preferendogli senz’altro Bologna (pista di 2803 metri) oppure Pisa (pista di 2993 metri).

Non si capisce poi come si possa parlare di voli intercontinentali mostrando le tabelle relative al rumore prodotto dai soli velivoli a corto-medio raggio (Boeing 737-800, Airbus 320) e soltanto per pista 30 al decollo e 12 all’atterraggio.

Si è evitato, per ragioni di spazio, l’analisi di eventuali situazioni di emergenza dovute ad una grave avaria dopo il decollo. Va detto però che tali frangenti, per quanto assai rari, comportano sempre lo scarico, in aree predefinite, di una certa quantità di carburante (tra le dieci e le trenta tonnellate) allo scopo di alleggerire il velivolo in modo da consentirgli un atterraggio immediato. Ci piacerebbe fosse reso noto dove sono state individuate queste aree.

Come si è visto, la confusione regna sovrana. In mezzo a tanta ambiguità è certo che il potenziamento della linea ferroviaria Firenze-Pisa Aeroporto (con check in in treno) rimane l’unica soluzione da attuare. Se raggiungere Heathrow da Londra, JFK da New York o Charles De Gaulle da Parigi richiede 30/40 minuti, non si capisce perché non dovrebbe essere accettabile lo stesso tempo per raggiungere Pisa o Bologna, risparmiando a Firenze e limitrofi il caos dei sorvoli.

*Gianluca Salvadori, Comandante pilota

Guarda l’intervento del Comandante Gianluca Salvadori all’incontro Il cielo sopra Firenze. Trafficato e fuori legge organizzato da perUnaltracittà lo scorso 20 novembre