Unioni civili: molto rumore per nulla

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L’approvazione in Senato del ddl Cirinnà riscritto sotto la dettatura del ministro dell’Interno costringe a una serie di riflessioni.

Le politiche che i vari Stati nel corso del tempo adottano in relazione al rapporto con l’orientamento sessuale sono raggruppabili in tre distinte fasi:

download1) comportamenti sessuali come reato. Senza andare troppo indietro con il tempo si potrebbe citare il caso della condanna di Oscar Wilde (per gross indecency) ma potremmo citare le leggi statunitensi sulla sodomia dichiarate anticostituzionali nel vicino 2003. Per tacere della Turchia che ha abrogato la rilevanza penale soltanto tre anni fa;

2) parziale riconoscimento dei diritti in relazione a quanto il sentire della maggioranza politica intende accordare;

3) pieno riconoscimento “egualitario” dell’orientamento sessuale e la cessazione di tutte le discriminazioni.

L’Italia è nella prima fase e non ancora nella seconda: esattamente come la Turchia, anche se il “travestitismo”, che fino agli anni Settanta  poteva essere punito come reato in quanto “atto contrario alla pubblica decenza”, è stato recentemente depenalizzato.

Con il DDL Cirinnà l’Italia voleva entrare nella seconda fase di riconoscimento parziale di diritti con un impianto normativo che avrebbe posto fine a una parte delle discriminazioni. Il ddl Cirinnà ci era stato presentato come un punto di equilibrio tra le varie anime della politica e della sensibilità comune sul tema e le “esigenze” manifestate dal mondo LGBT. Era, di per sé, già un accordo al ribasso in quanto arrivando ben ultimi in Europa ci volevamo (e ci vogliamo) posizionare sul gradino intermedio con un parziale riconoscimento di diritti, mantenendo in vita un certo numero di discriminazioni.

Stiamo parlando del ddl Cirinnà originario che prevedeva, all’articolo 5, il riconoscimento dell’istituto della stepchild adoption. Con una decisione tutta targata Pd si è deciso lo “stralcio” dell’istituto più qualificante dell’impianto normativo: l’adozione del figlio del convivente appunto.

L’Italia dunque avrà una legge sulle Unioni civili, nuovo istituto del diritto civile, che nasce volutamente a diritti limitati e che non incide – quanto meno nel diritto positivo – sull’evoluzione del concetto di famiglia, che rimane al singolare. Le (altre) famiglie possono attendere.

Gli istituti intermedi tra la convivenza e il matrimonio, se guardiamo da un punto di vista comparatistico, esistono. Nei paesi più evoluti sono stati dei passaggi intermedi, variamente denominati (Civili Union, Registered partnership ecc.) che sono venuti meno con l’approvazione del matrimonio egualitario: il same-sexmarriage. E’ la storia del Canada, dell’Olanda, del Belgio, di tutti i paesi scandinavi, ma anche dell’Argentina, del Messico e potremo continuare a lungo. Diversi sono i casi della Francia e della Germania che riconoscono una sorta di Unioni civili ma con leggi in vigore da circa venti anni.

Ora l’Italia si posiziona con la Francia dei Pacs del 1999, con qualche diritto in meno. Ricordiamo infatti che i pacsées francesi non hanno rapporti genitoriali comuni, non possono procedere all’adozione come coppia, ma in virtù della legge francese sulle adozioni possono accedere come singoli.

Gli argomenti culturali addotti per l’opposizione del matrimonio egualitario sono gli stessi vecchi argomenti che iniziarono con i teocon statunitensi e dei lori epigoni italiani con l’aggiunta delle ulteriori posizioni espresse dai cattodem e, perfino, dai cattocinquestelle seppure in modo minoritario: il matrimonio come funzioni riproduttiva. Le diverse scelte della funzione riproduttiva e del matrimonio sono sotto gli occhi di tutti: il cinquanta per cento dei bambini in Europa nasce fuori dal matrimonio, ci sono numerosi matrimoni senza figli, ci sono coloro che si sposano in tarda età e così via.

Abbiamo assistito a una discussione parlamentare di bassissimo livello: si sono confusi atti sanitari come le tecniche di procreazione medicalmente assistita e l’istituto dell’adozione, si sono agitati spettri come quello della surrogazione di gravidanza che nulla c’entrano con le Unioni civili, si sono prospettati scenari da incubo per l’adozione generalizzata (non prevista dal ddl Cirinnà) a favore delle coppie dello stesso sesso.

Il fallimento è da ascriversi – perché di tale si tratta, a meno che non si voglia affermare che fosse il reale obiettivo politico – al Partito Democratico. Il suo segretario-presidente del Consiglio Matteo Renzi prima ha tentato, non è nuovo a questo, di fare strame delle regole parlamentari democratiche cercando di imporre “canguri” e “minicanguri”, dichiarati inammissibili dallo stesso presidente del Senato e poi ha mutilato il già pallido ddl Cirinnà con il suo strumento parlamentare preferito: il maxiemendamento con fiducia.

Il risultato è una legge di un solo articolo, con 69 commi in luogo di 23 articoli, simile a una legge di Stabilità (solo simile perché in quantità la legge di Stabilità 2016 ha stabilito il record di follia di redazione normativa: un articolo solo e novecentonovantanove commi. Non male per chi aveva predicato la semplificazione!) di non sempre facile interpretazione visti i continui rimandi ma con il dichiarato profilo politico basso.

Non si trattava di riconoscere “nuovi” diritti, si trattava di porre fine alle discriminazioni. Introdurre il matrimonio egualitario, da un punto di vista legislativo, era semplicissimo: bastava sostituire le parole “marito” e “moglie” con “coniuge” espressione che viene oggi considerata la più gender neutral. Abbiamo invece un pasticcio giuridico, che non tutela i minori delle famiglie arcobaleno che rischiano di essere espulsi, in caso di morte del padre biologico, dal nucleo familiare del padre o della madre “sociale”. Solo le interpretazioni intelligenti della giurisprudenza potranno limitare i gravi danni della scelta grave del parlamento italiano.

In questi casi, inoltre, risulta difficile anche la scappatoia tipica dei abitanti di questo paese: cercare all’estero la risposta ai propri bisogni. Siamo sempre stati, sin dai lontani anni settanta, dei “migranti di diritti”: l’aborto in Inghilterra, la procreazione assistita eterologa in Spagna, le scelte sulla terminalità di vita in Svizzera. La Corte di cassazione ha negato infatti la trascrivibilità dei matrimoni delle persone dello stesso sesso contratti all’estero.

Il fu ddl Cirinnà si è trasformato geneticamente in un diverso ddl Alfano-Renzi-Verdini perpetuando una discriminazione che viene da lontano e che non viene superata. I cittadini che esprimono l’orientamento sessuale LGBT erano e rimangono di serie B e, peggio ancora, i loro figli, il cui limbo giuridico a cui ancora li condanna la legge italiana, ricorda le vecchie distinzioni del codice civile del 1942 (firmato da Benito Mussolini e da Vittorio Emanuele III e tuttora vigente seppur emendato) tra figli legittimi e figli illegittimi.

Le dichiarazioni entusiastiche e omofobe del ministro dell’Interno che si ascrive il merito di avere evitato rapporti contronatura chiariscono bene l’aria che ci circonda. Irrespirabile.

*Luca Benci, giurista esperto di diritto sanitario e biodiritto

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Luca Benci

Luca Benci è un giurista esperto di diritto sanitario e biodiritto

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