Il partito del cemento e del tondino ha messo a segno un altro colpo!
L’occasione è stata fornita dal creativo/distorto recepimento della Direttiva europea del 2014 sulla Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) necessaria per la realizzazione delle cosiddette grandi opere, che sappiamo essere non solo inutili, ma fortemente dannose per l’ambiente e lucrose per i vari comitati d’affari che attorno ad esse si addensano e che premono per realizzarle.
L’occasione era ghiotta e il governo Gentiloni, ministro dell’Ambiente Carlo Galletti, non se l’è lasciata scappare. Così si è provveduto a modificare e integrare la precedente normativa VIA del 2006 in totale dispregio degli obiettivi dichiarati ai vari livelli di “proteggere la salute umana, contribuire con un migliore ambiente alla qualità della vita, provvedere al mantenimento delle specie e conservare la capacità di riproduzione dell’ecosistema in quanto risorsa essenziale per la vita”.
Le nuove norme, approvate lo scorso giugno, in realtà si muovono in direzione decisamente contraria semplificando le regole del gioco a favore del cosiddetto proponente l’opera stessa, riducendo la partecipazione dei cittadini, intensificando il controllo politico sugli organismi tecnici, consentendo ai progetti già presentati di sottrarsi alle precedenti norme, decisamente più rigorose delle attuali, per affidarsi ai nuovi dispositivi molto più vantaggiosi.
Proprio quest’ultima opzione, come vedremo, avrà delle pesanti ricadute sulla realizzazione del nuovo aeroporto di Firenze, nel senso di offrire una via d’uscita rispetto allo stallo che si era determinato in seguito alle numerose (ben 142) e onerosissime prescrizioni che la Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale VIA era in procinto di inviare all’ENAC, proponente dell’opera.
Di fatto si tratta di una vera e propria “bocciatura mascherata”, di una conferma dell’irrealizzabilità del nuovo aeroporto intercontinentale che l’ENAC vorrebbe incuneare tra numerosi centri abitati (Firenze, Prato, Pistoia, Sesto Fiorentino, Calenzano, Campi Bisenzio, ecc.), al centro di un’area densamente popolata (più di un milione di abitanti), occupando gli spazi che, dopo anni di estenuanti trattative, erano stati riservati al Parco della Piana, ultimo polmone verde di un’area così densamente antropizzata.
A ben vedere sembra quasi di essere di fronte a normative approntate su richiesta dei portatori di interesse, tagliate su misura della volontà di distruggere gli equilibri di un’area, quella fiorentina, già fortemente compromessa e su misura della sola redditività economica dell’impianto (tutta da dimostrare) e delle sue ricadute sulle politiche estrattive di marketing territoriale (speculazione storico-immobiliare) su Firenze e sulla Toscana.
Certo, non sono delle novità, ormai siamo abituati a queste procedure adottate da un ceto politico avariato e servilmente posto alle dipendenze di una catena di comando economico e finanziario del quale vorremmo vedere la dissoluzione e per la quale ci battiamo con sempre più rinnovate energie.
Gli interessi in gioco sono enormi, basti pensare che, secondo le stime del governo, i procedimenti pendenti di competenza statale hanno un valore che si aggira sui 21 miliardi di euro. È un boccone troppo ricco che non può essere messo in discussione.
E infatti la semplificazione delle procedure prevede che il rilascio del provvedimento di VIA possa avvenire su di una documentazione ancor più generica, meno determinata, con una deteriorata qualità e un ridotto livello delle informazioni, tali da compromettere l’efficacia della partecipazione dei cittadini e da consentire a posteriori modifiche del progetto. Infatti dalla presentazione del Progetto definitivo (che individua compiutamente i lavori) si passa ora a un meno stringente Progetto di fattibilità.
Non solo, ma anche la verifica della assoggettabilità alla VIA potrà avvenire sulla base di un etereo Studio preliminare ambientale al posto del precedente Progetto di fattibilità.
I cittadini, le associazioni, i comitati non potranno più presentare le osservazioni alla Verifica di assoggettabilità, al contrario di quanto stabilito dalla precedente normativa e dalle Direttive europee. Non solo, ma è loro preclusa anche la possibilità di presentare le osservazioni nel caso in cui ci siano modifiche sostanziali del progetto e dei relativi impatti ambientali.
Il controllo politico sarà esteso alla nomina dei membri della Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale VIA, la cui funzione, come sappiamo, è decisiva sia nell’istruttoria che nell’adozione dei pareri di compatibilità ambientale. Il ministro potrà nominare direttamente i commissari “senza obbligo di procedura concorsuale”, come avvenuto finora. Saranno indeterminati i riscontri oggettivi delle competenze tecniche e amministrative dei componenti della Commissione, mentre possiamo immaginare che la selezione potrà essere condizionata dal grado di vicinanza e di affinità politica dei candidati alle prospettive del governo. Non che il precedente sistema fosse indenne da procedure poco trasparenti e da conflitti di interesse dei commissari. La Corte dei Conti lo ha notato e lo scorso agosto ha bocciato la nomina alla VIA voluta dal ministro Galletti. Non osiamo immaginare quel che potrà avvenire con le nuove norme!
Al proponente l’opera è riconosciuta anche la facoltà di contrattare con l’autorità pubblica e di definire “la portata delle informazioni e il relativo livello di dettaglio degli elaborati progettuali”. Ma poiché il livello di dettaglio, con riguardo allo Studio di Impatto Ambientale, al Progetto di fattibilità e al Progetto definitivo, sia sufficientemente chiaro e individuato dalle norme in vigore, il proponente cosa vorrebbe ancora contrattare?
L’esenzione dalla procedura VIA è estesa, oltre ai casi di evidente urgenza relativi ad opere per la Protezione Civile, a generici casi eccezionali di cui non è ben chiara la portata.
In caso di inadempienza il sistema sanzionatorio delle irregolarità è davvero ridicolo. Per chi realizza un progetto o una sua parte in assenza di VIA è prevista una sanzione amministrativa, udite udite!, da 35.000 a 100.000 euro, cifre risibili se commisurate all’importo milionario delle grandi opere. Questi valori sono ridotti a 20.000 e 80.000 euro se il proponente, in possesso di VIA, non ne osserva le condizioni ambientali. Importi da far tremare di paura e che, in realtà, costituiranno un considerevole incentivo a delinquere.
Non è finita, ma se il proponente viene colto sul fatto, ossia se sta realizzando l’opera in assenza di VIA o se questa è stata annullata dal TAR o dal Consiglio di Stato, l’autorità molto educatamente assegna un termine all’interessato entro il quale avviare un nuovo procedimento consentendo la prosecuzione dei lavori, ossia l’iterazione dell’irregolarità purché – questa è davvero grossa! – essi avvengano “in termini di sicurezza con riguardo agli eventuali rischi sanitari, ambientali o per il patrimonio culturale”. Ma come è possibile rispettare questi termini se manca l’autorizzazione che dovrebbe individuarli? Il ministro Galletti, per favore, ci spieghi questa torsione logica che ci lascia esterrefatti.
A noi sembra, molto più concretamente, che si stiano aprendo le porte ai comportamenti e alle scelte più dissennate delle quali pagheremo i costi in termini di salute pubblica e di ulteriore compromissione dei già risicati equilibri ambientali.
Infine, ma non per ordine d’importanza, la nuova VIA consente, come già detto, ai progetti in corso di poter fare riferimento alla recente normativa, molto generosa nei confronti dei proponenti e decisamente avara e dispotica nei confronti di noi tutti. Per non farci mancare nulla, offre loro anche un fantomatico Provvedimento unico in materia ambientale, “comprensivo di ogni autorizzazione, intesa, parere, concerto, nulla osta, o atto di assenso in materia ambientale, richiesto dalla normativa vigente per la realizzazione e l’esercizio del progetto”.
Il tema sarà da approfondire, ma a noi ricorda molto da vicino i pastrocchi approvati con gli Accordi di programma o le Conferenze dei servizi, responsabili, in molti casi, di procedure e verifiche superficiali, poco attendibili, contingentate nel tempo, alla base di tanti progetti e piani poco raccomandabili.
Quest’ultimo punto offre la possibilità di prevedere cosa potrà accadere con l’aeroporto di Firenze. Quasi sicuramente l’ENAC, tirando un grande sospiro di sollievo ed entro 60 giorni dalla entrata in vigore del decreto (21 luglio 2017), si avvarrà delle nuove norme e in particolare formulerà la richiesta di Provvedimento unico in materia ambientale per azzerare e mettere a tacere le numerose e fondate perplessità su questa opera.
Negli ambienti coinvolti l’euforia impazza, la speranza di tutti è che con la prossima estate si possano cominciare i lavori.
Le contraddizioni delle procedure non mancano, anzi sono delle travi poste sul percorso della realizzabilità dell’opera, dalla portata delle Direttive europee, al triplice conflitto di interessi di ENAC, ai piani di rischio presentati e non convincenti.
Insomma, pensiamo che questa euforia sia mal riposta perché il livello di guardia delle popolazioni residenti, ma anche del mondo della cultura e dell’ambientalismo, del mondo accademico, è cresciuto enormemente. Nuove e più stringenti alleanze si stanno costituendo per rendere impraticabili i piani di distruzione della nostra Piana, dei nostri territori, del nostro ambiente di vita.
Ne vedremo delle belle!
*Antonio Fiorentino
Il confronto puntuale delle nuove norme con le precedenti è contenuto in questa SCHEDA
Sul terreno giuridico non pensi che al momento l’unica via sia il ricorso alle istanze dell’Unione europea? Che tempi ci sono? E’ chiaro che il Governo italiano agisce in una situazione di congelamento di qualsiasi dialettica democratica.
Nel testo vi è il seguente passaggio: “I cittadini, le associazioni, i comitati non potranno più presentare le osservazioni alla Verifica di assoggettabilità, al contrario di quanto stabilito dalla precedente normativa e dalle Direttive europee.
Quindi finora le osservazioni presentate sono in linea con le direttive europee. Tranne che in apertura dell’articolo si cita la Direttiva europea del 2014 che ha dato l’occasione al governo di questo stravolgimento delle procedure.
Ci sono contraddizioni palesi nelle direttive europee? Chiarimento grazie.
Okkio, il governo ha colto l’occasione per forzare la mano e recepire la Direttiva restringendo gli spazi di intervento del pubblico. Secondo me, questo potrebbe essere un motivo di ricorso alla Corte europea. Vediamoci stasera all’assemblea NOINC – NOAERO sui terreni del Presidio a Sesto.
Prepariamo il ricorso straordinario al presidente della repubblica . Deve essere proposto entro 120 gg dalla pienaconoscenza del provvedimento o dalla sua notifica. Bisogna essere pronti preparandolo bene
Alessandro, vediamoci stasera all’assemblea del Presidio NOINC – NO AERO alle ore 20,00 ne potremo parlare con maggiore dettaglio anche per decidere una strategia di intervento.
Ciò non esclude anche un ricorso alle istanze preposte dell’Unione europea? Visto che Fiorentino nel suo articolo dice che il governo italiano fa un un uso distorto e creativo della Direttiva del 2014 cosa è possibile fare a livello Europeo per fermare il decreto del governo Gentiloni. Sarebbe un ‘occasione in più .
ennesima schifezza targata…i nomi li sapete…