L’economia della felicità

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Lo scorso 29 e 30 settembre, si è tenuta, a Prato, la XVIII Conferenza Internazionale L’ Economia della Felicità. Due giorni a scuola di Economia della felicità, fondata sulla a-crescita, sul diventare ateisti dell’economia, per dirla con Latouche, uno dei relatori, sul locale cioè sull’autodeterminazione dei territori in contrapposizione  al globale, sulla cooperazione e non sulla competizione, sulla economia dei bisogni reali delle persone, sul demercificare il lavoro, la terra, la vita, in contrapposizione alla economia neoliberista, che mercifica tutto. Per ritrovare l’umano.

Il sabato è stato dedicato ai workshop, la domenica alla plenaria. Sono intervenuti molti relatori italiani e stranieri, dall’ex ministro dell’agricoltura del Giappone Yamada, a Patrizia Gentilini, da Vandana Shiva a Rossano Ercolini, a Piero Bevilacqua, a Giulietto Chiesa a Serge Latouche  e tanti altri.

L’economia della felicità si contrappone totalmente al neoliberismo capitalista, un sistema tecno-economico globalizzante, che non ha nulla da offrire, tranne continue crisi finanziarie, devastazioni ecologiche, sociali, guerre, massacri, migrazioni, che ha sfruttato ed impoverito per secoli ogni parte del pianeta e che si è infiltrato anche dentro le persone.

Helena Norberg-Hodge, scrittrice, regista, attivista, linguista allieva di Noam Chomsky, da anni, instancabile animatrice mondiale dell’economia della felicità, (vedi il suo bellissimo film l’Economia della felicità, e l’omonimo libro), è stata testimone in Ladakh del passaggio dall’economia locale a quella globale e di come la monocultura del consumismo possa devastare non solo la società e l’ambiente, ma anche l’equilibrio psicologico delle persone: depressione, suicidi, conflitti interpersonali, erano sconosciuti alla popolazione del cosiddetto ‘Piccolo Tibet’.

Dal Ladakh alla Toscana

L’ epidemia di depressione che attraversa tutto l’occidente, trova il suo culmine, in Europa in Lussemburgo mentre in Italia, la regione più depressa è la Toscana. Secondo i dati di Truenumbers,  https://www.truenumbers.it/ riferiti al 2016, in Toscana circa 60 persone su mille hanno assunto la dose giornaliera ‘di pillole della felicità’ nel 2016, mentre 10 anni prima erano circa 40 su mille. Consideriamo che la media italiana è stata 30 su mille, nel 2016, il 32% in più rispetto al 2006.

La bistecca rende tristi?

Come mai tutta questa depressione in Toscana? Che sia colpa della bistecca, che il Sindaco di Firenze vorrebbe santificare? Decifrare le cause di tutto questo consumo di psicofarmaci, è tutt’altro che semplice. Crediamo però che la depressione non sia scritta nei geni dei toscani, ma piuttosto sia causata da un insieme di cause epigenetiche, cioè determinate dall’ambiente di vita, quindi per fortuna reversibili. Il ripiegarsi su se stessi, l’indebolimento della coscienza sociale, causata dalla deriva neoliberale della sinistra nella Toscana rossa, potrebbe essere uno dei perché delle toscane passioni tristi. Le relazioni sociali egualitarie sono la vera ricchezza.

E’ indispensabile che la gente si svegli

I mali del mondo sono drammatici, bisogna trovare da subito, delle vie di fuga da questo neoliberismo, che fa il bene solo di una piccola èlite di persone, è stato il tema portante di questa due giorni pratese. Per non finire come  ‘topi bruciati’, la terza guerra, non è lontana. Non è solo Giulietto Chiesa a parlarne.

C’è da riformulare il modo di vivere e di lavorare. C’è da far ripartire l’ economia, partendo dalla dignità e dai bisogni reali delle persone, mettendo al centro, l’economia locale, la difesa dell’ambiente dalle grandi opere inutili e dalle multinazionali. Puntare su sistemi produttivi localizzati, sostenibili, dal cibo biologico a km zero, all’agroecologia senza pesticidi, agli istituti bancari etici, dai fornitori di energia elettrica condivisa, dalla tecnologia al servizio dell’uomo e non viceversa, ai media di comunità ( per non farsi formattare la mente dalla monocultura consumista dei social media), da un’altra istruzione, che non punti  solo a far diventare manager, alle medicine non convenzionali, all’abitare partecipativo.

Per fortuna stanno crescendo tanti movimenti dal basso.

*Gian Luca Garetti

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Gian Luca Garetti

Gian Luca Garetti, è nato a Firenze, medico di medicina generale e psicoterapeuta, vive a Strada in Chianti. Si è occupato di salute mentale a livello istituzionale, ora promuove corsi di educazione interiore ispirati alla meditazione. Si occupa attivamente di ambiente, è membro di Medicina Democratica e di ISDE (International Society of Doctors for the Environment).

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1 commento su “L’economia della felicità”

  1. Come disse il cardinale Martini ” La città prima di essere ammministritativa e politica , deve prima di tutto essere antropologica ” non una città fatta per l’uomo,ma ua città fatta dall’uomo

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