FS Sistemi Urbani e Invimit Sgr sono i due gruppi italiani di cui ci occupiamo in questa quarta scheda (qui la terza).
Cosa li accomuna?
Sono due società per azioni controllate dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, sono quindi due società di diritto privato che però, operando con fondi pubblici, ossia con i soldi di tutti noi, svendono proprio il patrimonio di cui la collettività è titolare.
Un paradosso, che alcuni definiscono un vero e proprio “esproprio al contrario” di un patrimonio che viene sottratto ai cittadini e consegnato al mercato e alla speculazione immobiliare.
FS Sistemi Urbani è la società, controllata al 100% dalla capogruppo Ferrovie dello Stato Italiane, holding gestita per intero dal Ministero dell’Economia e delle Finanze. Rappresenta il suo braccio immobiliare con il compito di gestire la “valorizzazione” fondiaria di aree e fabbricati ferroviari dismessi, cioè di trasformare in moneta contante tutto ciò che non è più utile ai servizi ferroviari e che di fatto viene poi sottratto alle collettività.
Non è un caso che l’attuale amministratore delegato della holding, Gianfranco Battisti, provenga dalle fila dell’Alta Velocità e di FS Sistemi Urbani, a sottolineare l’estrema importanza di questi due comparti nella strategia del gruppo, cui si affianca anche l’attenzione verso la logistica del turismo essendo il presidente di Federturismo di Confindustria.
La società gestisce in Italia un enorme patrimonio immobiliare, stimato in circa 4 milioni di metri quadrati di “spazi in vendita o locazione, in ambito residenziale, commerciale, direzionale, industriale e turistico/alberghiero”. Questo comprende ex depositi, ex officine, stazioni, scali merci e spazi ferroviari che non sono più utilizzati e che potrebbero essere recuperati per riqualificare in chiave pubblica, a partire dai bisogni delle popolazioni insediate, le nostre città.
Accade esattamente l’opposto: la società, con capitale pubblico, favorendo la privatizzazione di queste aree, di fatto si rende protagonista di una sorta di “esproprio al contrario” (Emilio Battisti) in quanto un ingente patrimonio collettivo viene confiscato ai cittadini per essere immesso sul mercato con finalità private e speculative.
Emblematico il caso della trasformazione dei sette Scali ferroviari di Milano, per un totale di 1,25 milioni di metri quadrati, concessi “alle Ferrovie dello Stato, ente pubblico, perché potessero offrire ai cittadini il servizio del trasporto. Poi le FS sono diventate una società di diritto privato, la concessione è diventata proprietà e ora Mazzoncini [ex AD di Ferrovie dello Stato] si comporta come un immobiliarista privato: vuole valorizzare le ‘sue’ aree ferroviarie trasformandole in edifici e portando a casa almeno 500 milioni di euro” (Gianni Barbacetto).
Per Milano è un’opportunità mancata per avviare una trasformazione della città che la ponga all’altezza delle maggiori città europee. Si prepara una vera e propria colata di cemento che ha fatto dire all’architetto milanese Sergio Brenna: “il risultato sarà quello di produrre aree assassinate da un progetto ‘orfano di parte pubblica’, frutto solo di sommatoria di interessi parziali e ciò non potrà essere invocato come un’attenuante da parte di coloro che avranno partecipato a commettere quel crimine”.
A Firenze, certamente, le quantità in gioco sono diverse da quelle milanesi, ma altrettanto significative se riferite al contesto fiorentino.
L’area ferroviaria dismessa coincide con quella già occupata dalle Officine Grandi Riparazioni (ex OGR) e dallo Scalo Merci di Porta a Prato. Queste risalgono all’epoca della Strada Ferrata Leopolda che faceva capo alla stazione di Porta al Prato. A partire dal 2005 le attività sono state dismesse e spostate a Firenze Osmannoro.
È un’area di circa 18 ettari, già parzialmente edificata, che si incunea tra il Parco delle Cascine, l’Arno, il Fosso Macinante e il quartiere densamente abitato San Jacopino-Puccini, non lontano dall’ex Manifattura Tabacchi.
Anche qui, come a Milano, siamo di fronte a un’opportunità sprecata di riqualificazione della città che avrebbe potuto consentire, mediante l’espansione del Parco delle Cascine, l’apertura dell’intero sistema urbano alla rete ecologica territoriale, un intervento pilota in cui città e paesaggio sarebbero potuti tornare a convivere intrecciando relazioni inedite, coinvolgendo i corsi d’acqua presenti e contaminando il resto del territorio urbanizzato.
Comune e Ferrovie scelgono invece di cucire intorno a questa area un futuro immobiliare a base del solito e usurato ricettario speculativo: residenze, alberghi, infrastrutture ingombranti. Come sostiene l’architetto Roberto Budini Gattai, è “un furto di assetti urbani alternativi di straordinario interesse estetico, funzionale e sociale per la città intera, di grande respiro pubblico e democratico”.
Certo, il Nuovo Teatro dell’Opera di Firenze ha trovato in quest’area la propria sede, ma vogliamo ricordare a quale prezzo? Lo storico Teatro Comunale di Corso Italia, poco distante, sarà di fatto distrutto e trasformato, anche qui, in lussuose residenze, mentre il vincolo della Soprintendenza, un tempo esteso a tutto l’immobile, oggi, ipocritamente riguarda le sole facciate. Cassa Depositi e Prestiti è l’abituale agente immobiliare che sta curando la vendita ad una holding americana.
Come non ricordare la pesante lottizzazione Leopolda – Paisiello sui sei ettari dell’ex Scalo merci delle Ferrovie, dove tra il 2005 e il 2008 sono stati costruiti 385 alloggi, un albergo da 116 stanze e dove sarà realizzato un grande parcheggio sotterraneo, interventi che tante polemiche e opposizioni hanno trovato da parte di associazioni ambientaliste e comitati di cittadini.
Che dire poi della prevista strada di grande scorrimento (a quattro corsie) lungo l’argine del Fosso Macinante, importante corridoio ecologico violentato da questa pesante infrastruttura stradale, l’asse di collegamento Pistoiese-Rosselli, naturalmente a servizio della densificazione parossistica di quest’area.
I restanti otto ettari delle ex OGR saranno occupati da una nuova colata di cemento a base di edifici residenziali (32.400 mq.), commerciali (4.860 mq.), direzionali (8.640 mq.) e alberghi (8.100 mq.), per una superficie edificabile di ben 54.000 metri quadrati. Questa è stata ottenuta sommando la superficie utile dell’ex OGR, pari a 39 mila metri quadrati, ai 15 mila metri quadri delle superfici degli immobili da abbattere lungo la linea ferroviaria e nella zona di Campo di Marte e, non si sa per quale motivo, trasferiti proprio nell’ex OGR. Anche qui il Comune gioca di rimessa, avrebbe potuto contrattare ed evitare di riconoscere, proprio sulla base della propria autorità urbanistica, queste ulteriori superfici edificabili, per limitare il già pesante carico demografico del quartiere. Niente di tutto ciò. FS Sistemi urbani incassa e ringrazia.
In realtà l’intero affare su questa terza area non si è ancora concluso perché manca il salvifico investitore che completi e chiuda il ciclo della valorizzazione immobiliare, iniziato con la dismissione delle attività, l’apposizione delle destinazioni d’uso e il riconoscimento dei volumi da costruire. Nonostante l’invito a manifestare l’interesse all’acquisto, pubblicato sui vari siti istituzionali e promosso nelle fiere immobiliari internazionali, sembra che non ci siano trattative in corso. Comune e FS Sistemi Urbani, fiduciosi, restano in attesa a braccia aperte.
Intanto la redazione del Masterplan è stata affidata ad Arup, colosso inglese dell’ingegneria edile. Siamo in buone mani: “Shaping a better world”, è il loro slogan, stanno preparando per noi il migliore dei mondi e infatti a Firenze hanno già provveduto a progettare sia il Nuovo stadio della Cittadella Viola, a Novoli, che la tanto discussa Stazione Foster dell’Alta Velocità di Via Circondaria.
La Investimenti Immobiliari Italiani Sgr S.p.A. (Invimit Sgr) è una società del Ministero dell’Economia e delle Finanze nata nel 2013 per dismettere e valorizzare il “mattone di Stato” con l’obiettivo distorto di contribuire al taglio del debito pubblico. È uno dei tanti carrozzoni al centro del sottogoverno della politica romana, recentemente passato dall’orbita renziana a quella giallo verde con la nomina dei nuovi vertici e del nuovo presidente, Trifone Altieri, trombato alle recenti elezioni politiche e prontamente riciclato al comando della Spa immobiliare.
Per finanziare le sue bislacche scelte, l’attuale governo ha bisogno di fondi che spera di recuperare forzando la mano proprio sulle privatizzazioni immobiliari. Nel 2019 sono stimate pari a 640 milioni di euro, nel 2020 a circa 600 milioni. Obiettivo suicida, sottolineato dallo storico dell’arte Tomaso Montanari: “Vendere lo spazio pubblico, significa rinunciare ad avere un progetto di inclusione, riscatto sociale, ricostruzione della cittadinanza. Non solo: significa anche legare le mani alle prossime generazioni, che non potranno scegliere”.
La Invimit Sgr opera attraverso la gestione di fondi di terzi e di fondi diretti, tra cui il Fondo immobiliare i3 Sviluppo Italia, i3 Regione Lazio, i3 INAIL, i3 Università, i3 INPS, i3 Patrimonio Italia, finalizzati alla dismissione del patrimonio degli enti territoriali. Gli immobili pubblici apportati a questi fondi hanno un valore di circa 1,08 miliardi di euro.
Siamo quindi di fronte alla spoliazione dei beni patrimoniali comuni ad opera di una società di diritto privato ma che opera con soldi pubblici. Situazione emblematica di come in assenza di un innovativo processo di riconversione economica, la politica sappia solo pilotare il suicidio del patrimonio collettivo ad opera di boiardi di Stato avidi di potere.
Non è un caso che la Invimit operi in sintonia con le altre due società di razzia del patrimonio pubblico, la CDP Investimenti Sgr e l’Agenzia del Demanio, da più parti definite la “troika del mattone” italiano.
A Firenze la società è nota per avere acquisito dal Comune ben 61 alloggi da dismettere o valorizzare. Prontamente in città si è costituito un movimento di opposizione alla svendita di un così importante patrimonio immobiliare pubblico, anche in considerazione del fatto che di questi, 14 sono alloggi Erp (Edilizia Residenziale Pubblica). Si tratta di un intero isolato di case popolari posto nel cuore del centro storico fiorentino, nel quartiere di Santa Croce, uno degli ultimi presidi contro la degenerazione turistico speculativa della città. Il Comune ha pensato bene di sbarazzarsene, ma ha dovuto fare i conti con la sentenza del TAR che nel gennaio del 2018 ha annullato la vendita, risultata irregolare, su ricorso di assegnatari degli alloggi pubblici.
Gli altri 47 alloggi sono stati conferiti al Fondo della Invimit ma, secondo alcuni consiglieri di opposizione, a condizioni sfavorevoli per l’amministrazione. Come afferma la Consigliera Miriam Amato, si è trattato di un doppio furto, non solo perché gli alloggi di edilizia residenziale pubblica sono stati svenduti a un fondo di investimento, ma “anche perché di questa vendita non ha affatto beneficiato la collettività. Il comune ha incassato infatti solo 3 milioni di euro, tutti riversati nella riduzione del debito delle casse comunali”.
Infatti, il prezzo di vendita degli immobili è stato inspiegabilmente scontato del 13% rispetto al loro valore reale, mentre, dei 13,5 milioni che il Comune prevedeva di incassare, è disponibile solo il 30% (3,4 milioni). I restanti 10 milioni saranno conferiti per i prossimi venti anni al Fondo Sviluppo Italia che ovviamente li investirà nelle ulteriori operazioni speculative del Fondo stesso.
Utilizzando l’Invimit, quindi, l’amministrazione comunale liquida il patrimonio pubblico, espelle dal centro abitato le fasce della popolazione che andrebbero tutelate, abdica al proprio ruolo di garante degli interessi della collettività e asseconda le mire speculative degli investitori immobiliari che, paradossalmente, operano con i soldi della stessa collettività.
*Antonio Fiorentino
Antonio Fiorentino
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