Presidio al Tribunale di Aversa: speranza vs. paura!

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Nel maggio dell’anno scorso l’azienda per cui lavoravo da quasi 6 anni, la Klevers Italiana, mi ha licenziato. “Notevole calo di fatturato” – hanno scritto. “Via uno scomodo” – ho pensato.

C’è una frase che continua a risuonarmi nel cervello: “la Costituzione non può fermarsi ai cancelli di una fabbrica”. Perché è di questo che parla la mia storia: della libertà di espressione, sancita dall’art. 21 della carta costituzionale; della libertà di associazione (art. 18 della Costituzione); della libertà di organizzarsi nel sindacato che vogliamo (art. 39 della Costituzione).
Questi diritti e queste libertà esistono nelle nostre vite? Sono inchiostro su carta o si fanno realtà quotidiana? La mia storia dice che nel nostro Paese esistono dei buchi neri. Insopportabili. Inaccettabili. Anche perché sono tutt’altro che piccoli e marginali.

Esiste cioè uno spazio che non è solo quello delle urla sui social o nei comizi, ma quello concreto, quello che si può toccare con mano di molti posti di lavoro, che è lo spazio della paura. Paura di iscriversi a un sindacato, paura di far notare un “errore” in una busta paga, paura di chiedere un contratto regolare, paura di parlare. Una paura che nasce da un fatto concreto, dalla relazione asimmetrica che esiste tra l’imprenditore e il lavoratore. L’imprenditore è quello forte, quello che ha i mezzi, le risorse, gli agganci; il lavoratore è quello debole e ricattabile, perché con quello stipendio – più o meno misero che sia – ci deve campare e magari far campare gli affetti più cari.

La politica dovrebbe servire a far diventare realtà l’articolo 3 della Costituzione, dovrebbe farsi promotrice di riforme che aiutino a costruire l’eguaglianza, ad annullare queste differenze. Ma ciò cui assistiamo ogni giorno, non importa che al governo ci sia Berlusconi, Renzi, Conte 1 o Conte 2, è un’azione in senso opposto. Un’azione legislativa, ad esempio, che dà maggior forza e libertà alla parte forte, agli imprenditori, e costruisce ulteriore paura nel nostro campo, quello dei lavoratori.

Perché, per prendere ad esempio solo l’ultimo provvedimento in tema di lavoro, quando il Jobs Act elimina la possibilità di essere reintegrati sul posto di lavoro in caso di licenziamento ingiusto o illegittimo, nella quotidianità concreta della vita in un’azienda per il lavoratore si traduce in infausti ammonimenti: “stai attento a come parli”, “non alzare la testa”, “capo chino e obbedire”.

Domani, martedì 28 gennaio, si terrà la seconda udienza del processo contro il mio licenziamento (Presidio: Siamo Tutti Con Giuliano! Nessun Licenziamento!). Non si tratta di me vs. Klevers Italiana. Si tratta, invece, di chi non perde la speranza, di chi crede e lotta per un’esistenza migliore, a partire dal qui e ora delle nostre vite, senza posticipare sempre al domani; e di chi, dall’altra parte, pensa che la paura sia il miglior modo di governare un gruppo umano, che siano i lavoratori di una fabbrica o i cittadini di un intero Paese.

Speranza vs. Paura, ecco di cosa stiamo parlando.
A domani!

*Giuliano Granato

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Giuliano Granato

Giuliano Granato, nato a Napoli nel 1985, laureato in Relazioni internazionali con tesi in Storia Contemporanea dell'America Latina. Ha lavorato come facchino, cameriere, ha dato lezioni private e poi, prima a Londra e poi in provincia di Napoli, come impiegato. Prima di essere licenziato per motivi di carattere politico-sindacale. Membro del coordinamento nazionale di Potere al Popolo!

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