Sanità: la coda di paglia della Lombardia

“Un’alleanza autentica tra strutture sanitarie private accreditate e ospedali pubblici ha permesso di arginare l’emergenza che così violentemente ha colpito la Regione Lombardia. Il modello sanitario lombardo ha mostrato tenuta, coesione, collaborazione e straordinaria reattività, mettendo in campo le migliori competenze cliniche e scientifiche”.

Sembra incredibile, ma davvero con queste parole è contrassegnata la pagina pubblicitaria, comprata sui giornali mainstream, dalla “banda dei quattro” composta da Confindustria Lombardia, Associazione Italiana Ospedalità Privata (AIOP), Associazione Religiosa Istituti Socio-sanitari (ARIS) e Regione Lombardia.

Una pagina-manifesto intitolata ancor più incredibilmente: “228.224 vite salvate in Lombardia” e piena di elogi per il contributo dato dalla sanità privata.

Non una parola per gli oltre 10.000 morti, che hanno dato alla Lombardia il triste primato mondiale del territorio con letalità più alta dallo scoppio della pandemia.

Non una parola sulla sciagurata scelta di trasferire i malati di Covid19 nelle RSA, trasformate in focolai di contagio, determinando vere e proprie stragi localizzate di popolazione anziana, sulle quali la magistratura ha aperto diverse inchieste.

Non una parola sulla piena libertà lasciata alla sanità privata di decidere se, come e quanto collaborare dentro un’emergenza sanitaria che ha devastato la vita della regione.

E, quanto al contributo di Confindustria, è stato senz’altro determinante: è, infatti, dalle sue pressioni, esercitate in tutte le direzioni, per non sospendere alcuna attività produttiva che si devono le tragedie di massa sperimentate dalle province di Bergamo e Brescia, le aree più industrializzate d’Italia, sulle quali si è alzato il muro del profitto per impedire le chiusure necessarie alla tutela della salute di lavoratori e cittadini.

In realtà, quello che l’epidemia di Covid19 ha dimostrato è il fallimento senza appello proprio del modello lombardo di sanità, interamente gestito dagli interessi dell’iniziativa privata, che ha smantellato ogni rete di assistenza e presidio medico territoriale per concentrare tutto nell’attività ospedaliera, torcendo quest’ultima in direzione delle terapie più remunerative: un business, reso evidente dall’inusuale firma di Confindustria su una pagina-manifesto che dovrebbe occuparsi di salute.

Un manifesto che suscita indignazione e rabbia, ma che dimostra l’infinita coda di paglia dei suoi estensori: se fosse evidente di per sé, perché comprare pagine a pagamento per dire che “tutto va bene, madama la marchesa?”

Un’ultima considerazione sembra necessaria e riguarda la firma della Regione Lombardia.

Che i privati decidano di danzare sui morti per tentare di rinverdire le stagioni dei profitti è di per sé indecente; che ad essi si unisca un’istituzione pubblica, che dovrebbe perseguire l’interesse generale e tutelare la vita e la salute dei suoi abitanti, è del tutto inaccettabile.

Per questo tre sono i provvedimenti da prendere senza indugio per invertire la rotta: commissariare la sanità lombarda, stracciare qualsiasi progetto di autonomia differenziata, rilanciare un grande progetto di sanità pubblica regionale, recuperando tutte le risorse da anni regalate ai privati.

Continuiamo a rimanere a casa, perché la solidarietà è la cura.

Ma non dimentichiamo nulla, perché è la memoria l’unico vaccino.