Per un PNRR dei diritti, a difesa dell’acqua e dei beni comuni. No alla privatizzazione del Sud Italia!

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è ispirato ad una logica di “apertura” al mercato di diversi settori, compreso quello dei servizi pubblici locali. Infatti, si prevedono forti investimenti pubblici finalizzati quasi unicamente a sostenere il mercato e la massimizzazione del profitto da parte dei soggetti privati.

L’obiettivo della conversione ecologica di cui si ammanta il PNRR e nello specifico anche la missione “Tutela del territorio e della risorsa idrica” assume come elementi fondamentali da sostenere, a maggior ragione in un periodo di crisi pesante come quella attuale, la competitività, la concorrenza, l’idea della centralità dell’impresa e del mercato come regolatore fondamentale.

Foto di Ineke Huizing

Abbiamo già avuto modo di denunciare come il PNRR punti a realizzare una vera e propria “riforma” nel settore idrico fondata sull’allargamento del territorio di competenza di alcune grandi aziende multiservizio quotate in Borsa che gestiscono i fondamentali servizi pubblici a rete (acqua, rifiuti, luce e gas) la quale si sostanzierebbe in una vera e propria strategia di rilancio dei processi di privatizzazione e il cui effetto si risolverà, quindi, nell’ennesima esplicita violazione della volontà popolare espressa con i referendum del 2011.

Nello specifico, il Sud Italia viene individuato come la nuova frontiera per l’espansione di questa tipologia di aziende che di norma vengono identificate come gestori “efficienti” ma che in realtà risultano tali solo nel garantire la massimizzazione dei profitti mediante processi finanziari.

A sostegno di questo progetto si è andata diffondendo come un mantra la tesi del “water service divide” (alimentato in primis dallo stesso PNRR e poi da diversi think tank, da Utilitalia e da ARERA) secondo cui al Nord e al Centro la fruizione dei servizi, la realizzazione degli investimenti, l’attività legislativa regionale, i meccanismi decisori degli enti di governo dell’ambito e le capacità gestionali e di carattere industriale dei gestori sarebbero di buon livello se non ottimo, mentre nel Meridione persisterebbero situazioni di forte criticità e arretramento.

E’ evidente come sussistano situazioni di criticità nel Sud Italia, ma risulta strumentale non riconoscere alcune eccellenze, a partire da ABC Napoli, o le pessime gestioni del Centro-Nord garantite da quel modello societario, le multiutility, che si vorrebbe espandere a tutta Italia.

Intendiamo porre in risalto il fatto che proprio dal Meridione può costruirsi una prospettiva diversa che parta dalle gestioni pubbliche come ABC Napoli e l’Azienda idrica dei Comuni Agrigentini – AICA, l’azienda speciale consortile dei Comuni della provincia di Agrigento di nuova costituzione.

Ulteriore prospettiva che risulta assai preoccupante per il sud Italia è quella dell’unificazione della gestione della grande adduzione. A riguardo abbiamo già avuto modo di denunciare come la privatizzazione dell’EIPLI, azienda il cui compito è la gestione delle reti e opere di a valenza interregionale tra Puglia, Irpinia e Lucania, possa giocare un ruolo determinante nel costituire un colosso sul modello delle grandi multiutility quotate in Borsa, magari con la partecipazione di aziende partecipate dallo stato come SNAM, TERNA e con la partecipazione diretta di Cassa Depositi e Prestiti.

Inoltre, denunciamo con forza i contenuti della nota del Ministero alla Transizione Ecologica “PNRR – Proposte di interventi da ammettere a finanziamento” tramite cui si evidenziano e riportano le condizioni necessarie ai fini dell’allocazione delle risorse.
Nello specifico ci sono due passaggi che risultano preoccupanti e gravi:

  • il PNRR prevede che il 70% delle risorse riguardanti l’investimento in parola siano assegnate ai singoli progetti per i quali l’affidamento del servizio idrico integrato interviene o sia intervenuto entro settembre 2021 mentre il restante 30% ai singoli progetti per i quali l’affidamento interviene entro giugno 2022 (scadenza quest’ultima inderogabile e indifferibile).
  • Preme altresì evidenziare che nell’ambito del negoziato e del definitivo PNRR sono state introdotte ulteriori condizioni ritenute necessarie ai fini dell’allocazione delle risorse. Per gli interventi riguardanti il servizio idrico integrato è necessario che vi sia l’avvenuta costituzione degli Enti di Governo di Ambito e l’avvenuto affidamento del Servizio Idrico Integrato a soggetti industriali adeguatamente strutturati, efficienti e affidabili aventi adeguata capacità gestionale e in grado di conseguire le previsioni di spesa e di realizzazione degli interventi nei tempi e nei modi imposti dal PNRR.

Sì tratta di un documento di dubbia legittimità rispetto al fatto che una nota ministeriale possa determinare i criteri per l’assegnazione delle risorse.
Certamente risulta un ricatto inaccettabile.

Inoltre ARERA, l’autorità di regolazione del servizio idrico, non è rimasta a guardare e intende partecipare a pieno titolo alla definizione del disegno privatizzatore.
In una segnalazione al Parlamento e Governo del 27 luglio scorso propone alcune pesanti modifiche da apportare alla normativa vigente tra cui la definizione di un termine perentorio entro cui siano perfezionati i processi di affidamento ma soprattutto la consegna della gestione del servizio idrico integrato per quattro anni (eventualmente rinnovabile) ad un soggetto societario a controllo pubblico, che possa far ricorso a soggetti dotati di adeguate capacità industriali e finanziarie per la fornitura del servizio.

Di fatto una proposta coercitiva per rilanciare la privatizzazione dell’acqua.

Al fine di contrastare l’attuazione del PNRR, il quale si pone come obiettivo prioritario la privatizzazione del servizio idrico del Mezzogiorno, intendiamo mettere in campo un rinnovato percorso di mobilitazione: una “carovana dell’acqua” che attraversi vari territori nei mesi di ottobre e novembre con una serie di iniziative collegate per concludersi il 20 Novembre a Napoli con un’iniziativa pubblica a carattere nazionale.
Una mobilitazione a partire dai comitati del sud Italia e che provi a definire una cornice generale rispetto al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

Con il referendum di 10 anni fa 27 milioni di persone hanno detto no alla privatizzazione dell’acqua.
In questi ultimi anni l’emergenza climatica ha reso ancora più urgente la necessità di una gestione della risorsa idrica finalizzata all’interesse comune, mentre il mercato e la finanza guardano con interesse sempre più predatorio a questo bene.

A nostro avviso si tratta di mettere in campo un intervento a tutto campo sulla risorsa idrica, che, nell’arco dei prossimi 5 anni costruisca investimenti pubblici, tramite il PNRR, nella seguente misura:

  • 2 mld di € per la ripubblicizzazione del servizio idrico, da utilizzare nel primo anno di intervento;
  • 7,5 mld. di € (cui aggiungere risorse provenienti dai soggetti gestori per circa ulteriori 2,5 mld) per la ristrutturazione delle reti idriche;
  • 26 mld. di € (di cui 50% provenienti dal Recovery Plan e il restante 50% da ulteriori fonti di entrata) per il riassetto idrogeologico e la messa in sicurezza del territorio.

 
Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua