Sessanta Hiroshima

Qualche giorno fa, in piazza Santa Maria Novella, a Firenze, ho sentito Francesco Cappello raccontare la storia dei rigassificatori. Credendo che le sparasse un po’ troppo grosse, sono andato a controllare. No, le cose stanno proprio come dice lui.

Una premessa. Nell’essenziale, gli europei sono ricchi, perché sono i migliori aggeggioni del mondo. Ma non hanno risorse: quelle le devono prendere con le buone o le cattive, al resto del mondo, altrimenti collassano. L’impero olandese, quello britannico, quello francese, il fascismo, il nazismo e l’Unione Europea, a diversi gradi di gentilezza e diplomazia, hanno tutti funzionato così. Fino a pochi mesi fa, l’Europa alimentava la sua fiorente economia con il gas russo. Poi ha deciso di sanzionare la Russia, con l’obiettivo di chiudere del tutto i rubinetti, azione in cui i russi stanno anticipando l’Europa, pare.

La principale alternativa al gas russo è il gas liquefatto e rigassificato. Negli Stati Uniti ti raffreddano 600 metri cubi di gas fino a trasformarli in un metro cubo di liquido, li caricano su una nave gigantesca che attraversa l’oceano, e vicino alle coste del paese compratore, li riscaldano in appositi rigassificatori, per trasformarli in gas che poi viene inserito nei normali tubi dell’acquirente. Il gas liquido, per essere tale, deve trovarsi a -161 gradi, che è più freddo dei campi da sci di Dubai.

C’è già un rigassificatore galleggiante (tecnicamente una Offshore FSRU, Floating Storage Regassification Unit) da noi, una nave lunga 300 metri (come tre campi di calcio) e alta 50. Si trova ancorato a 22 chilometri al largo del porto di Livorno, e con un’area di interdizione totale, del raggio di 3,7 chilometri, attorno alla nave stessa. Precauzioni dovute: se dovesse succedere la minima cosa all’impianto di raffreddamento, l’acqua del mare – immensamente più calda – farebbe esplodere la nave. Francesco Cappello, che credo insegni fisica, ha fatto “qualche conticino”: il contenuto energetico a pieno carico del rigassificatore di Livorno è “pari a più di 50 bombe di Hiroshima“. Tranquilli, senza radioattività, solo il botto.

Adesso il ministro e impiegato di fabbricanti d’armi, Roberto Cingolani, ha deciso, d’accordo con il presidente della Regione Toscana Eugenio Giani, di piazzare un rigassificatore ancora più grosso direttamente dentro il porto di Piombino. Cappello calcola che la nuova nave avrà un valore di sessanta Hiroshima.

Siccome i piombinesi sono chiamati a salvare le libertà dell’Occidente, è interessante riflettere su cosa la vicenda ci dice a proposito. La nave si chiama Golar Tundra, e apparteneva alla Golar LNG, che ha sede a Bermuda, però ci viene detto vagamente essere una ditta “norvegese“. Staubo ha venduto la Golar Tundra per 350 milioni di euro allo Snam. E scopriamo che lo Snam è una fusione tra la Cassa Depositi e Prestiti (cioè lo Stato italiano) e una ditta il cui proprietario è… lo Stato cinese. La Golar Tundra “naviga attualmente sotto bandiera della Marshall Island”, per cui quando non ci sarà più Piombino, l’Italia almeno saprà che paese bombardare per vendicarsi.

Piombino, va ricordato, è uno dei comuni operai storicamente più “rosso” d’Italia: alle ultime elezioni, i due terzi dei piombinesi ha votato per un sindaco di Destra, per merito esclusivo della Sinistra e delle speculazioni e alleanze economiche dei suoi politici. Adesso Cingolani ordina il sacrificio supremo a Piombino: “Piombino può dire di aver fatto un’operazione per l’Italia che non ha fatto nessun altro e per questo dovrà avere compensazioni adeguate […]. Senza questa soluzione dovevo staccare la luce e chiudere le fabbriche all’Italia”.

Per fortuna, in Italia – forse specie nel sud della Toscana – quelli che chiedono a te di sacrificarti per loro in cambio di una medaglia non risultano molto credibili. E infatti la popolazione è scesa compatta in piazza (e con le barche anche in mare), a prescindere da orientamenti partitici, per respingere l’elezione a Città Kamikaze d’Italia.

Miguel Martinez da Comune-info