Giorgia Meloni ha un problema con le droghe

  • Tempo di lettura:4minuti

Il Libro Bianco sulle droghe 2023, intitolato “La traversata del deserto”, ed edito da Fuori Luogo, analizza, dati alla mano, gli effetti dell’attuale legislazione sugli stupefacenti e mette in luce il suo ruolo nel sovraffollamento delle carceri italiane.

Mentre il dossier della società civile, pubblicato con il motto “Aiutiamo. Non puniamo” veniva presentato alla Camera, Giorgia Meloni, in perfetta sincronia, il 26 giugno nel corso di un dibattito parlamentare, si è lanciata in un acceso quanto imbarazzante comizio sulle droghe, contraddicendo i fatti e distorcendo gli effetti reali delle politiche proibizioniste e repressive vigenti nel nostro paese. La visione di Meloni e della destra, secondo cui “tutte le droghe sono uguali”, corrisponde a un approccio repressivo che ha avuto un unico risultato: negli ultimi vent’anni circa un terzo dei detenuti è finito in carcere per violazione dell’articolo 73 del Dpr 309/1990, il Testo Unico sulla droga. Si tratta del 34% dei detenuti presenti nelle carceri italiane – dove il sovraffollamento è tra i più alti d’Europa – un dato quasi doppio rispetto alla media europea, che è del 18%. Sono gli effetti della legge Jervolino-Vassalli e in seguito della Fini-Giovanardi, solo parzialmente corretta dalla sentenza della Consulta 32/2014, la quale ha dichiarato incostituzionale proprio la parte della legge che – al contrario di quanto ha ribadito in Aula Meloni – non distingueva tra droghe leggere e droghe pesanti.

Nello specifico la cannabis è oggetto di singolare accanimento, malgrado l’ONU ne abbia riconosciuto le proprietà curative e l’abbia definita “non un rischio”, e l’OMS abbia presentato una ‘raccomandazione’ in cui si chiedeva di toglierla dalla Tabella IV della Convenzione del 1961, dove era elencata insieme a sostanze come eroina e cocaina. Oggi, lo studio recente condotto dal Centro di Ricerca sulla Cannabis dimostra che il suo uso è rimasto costante nonostante il proibizionismo vigente, mentre i reati collegati continuano ad aumentare. E’ invece la regolamentazione che offre un approccio efficace, riducendo l’accesso al mercato nero. Un solo esempio: l’Uruguay è diventato il primo paese al mondo a legalizzare completamente la cannabis nel 2013. I dati più recenti mostrano che, a seguito di questo, il tasso di utilizzo problematico di cannabis è diminuito, mentre il mercato nero è stato notevolmente ridotto. Inoltre, le entrate fiscali provenienti dalla tassazione della cannabis hanno contribuito a finanziare programmi di prevenzione e riabilitazione.

E in Italia? Secondo il Libro Bianco la legislazione sulle droghe è motore di politiche repressive e carcerarie. Dall’analisi si evince anche che più del 40% delle persone che entrano in carcere fa uso di droghe, un record per gli ultimi 17 anni. Inoltre il rapporto mostra che le segnalazioni di minorenni per consumo di droghe sono aumentate del 33%, spingendo i giovani in un percorso di stigmatizzazione e isolamento sociale, ma, si fa notare che ciò non significa che consumano di più, ma che sono più oggetto di repressione.

Questo approccio, fortemente orientato alla repressione, ha ostacolato la prevenzione e l’accesso ai servizi sanitari per i consumatori. Questo ha reso più difficile l’avvio di programmi di riduzione del danno, come il trattamento della dipendenza e la fornitura di terapie sostitutive, fondamentali per la salute e il benessere delle persone dipendenti.

Dunque siamo a questo: i dati ci dicono che un approccio meramente repressivo non riesce e non riuscirà mai a debellare né il lucroso mercato criminale delle droghe, né le dipendenze stesse. Non solo perché la repressione in sé non può essere lo strumento per affrontare i problemi complessi legati alle dipendenze, ma anche perché il mercato delle droghe in Italia è un settore con un giro d’affari che per l’Istat, supera abbondantemente i 12,7 miliardi di euro, di cui circa la metà attribuibili al consumo di cocaina. E le attività criminali connesse alle droghe rappresentano il 60% delle attività illegali complessive.

Così, mentre da più parti si chiedono riforme che favoriscano politiche rispettose dei diritti umani, che si esplorino le opzioni di legalizzazione, prendendo in considerazione l’esperienza di altri paesi e gli aspetti legati alla salute pubblica, all’economia e alla riduzione del danno, il governo Meloni va in direzione esattamente contraria, rafforzando la matrice proibizionista e non incidendo sul traffico delle droghe né sui loro consumi. Si ignorano le evidenze scientifiche perché non si vuole risolvere a monte un problema (narcotraffico) e ci si scaglia contro l’ultimo anello della catena (consumatori e piccoli spacciatori) da punire pensando di accaparrarsi consenso a buon mercato.

O dobbiamo pensare che, come accaduto in passato (leggi anni ‘70), l’uso e l’abuso di sostanze risulta in fondo funzionale all’ indebolimento del pensiero critico e al depotenziamento dell’antagonismo sociale?

The following two tabs change content below.

Ornella De Zordo

Ornella De Zordo, già docente di letteratura inglese all'Università di Firenze, e attiva per anni nei movimenti, è stata eletta due volte in Consiglio comunale - dal 2004 al 2014 - per la lista di cittadinanza 'perUnaltracittà', portando dentro il palazzo le istanze delle realtà insorgenti e delle vertenze antiliberiste attive sul territorio. Finito il secondo mandato di consigliera di opposizione ai sindaci Domenici e Renzi, prosegue con l'attività di perUnaltracittà trasformato in Laboratorio politico, della cui rivista on line La Città invisibile è direttrice editoriale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Captcha *