Quest’anno, neanche le stagioni passano da Gaza

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In autunno, a Gaza, si cucina la rummaniya.
Quando si colgono le prime melagrane e si raccolgono le ultime melanzane.
Quest’anno, neanche le stagioni passano da Gaza.
La popolazione di Gaza è fatta di profughi palestinesi del ’48, anno in cui fu creato lo stato d’Israele.
La striscia di Gaza è un campo profughi, abitato da persone che, se guardano al di là del muro, possono ancora vedere dove era la propria casa, o quella dei loro nonni.
Ma non è un campo profughi, è un campo di concentramento, dove si vive da ostaggi.
Israele decide quanta corrente, quanta acqua potabile, quante e quali merci possono entrare nella Striscia.
Non si esce e non si entra dalla Striscia; intorno il muro e nel mare un altro muro fatto di navi militari israeliane.
Il valico al confine con l’Egitto è a controllo congiunto egiziano-israeliano e così, rimane chiuso”.
La ricetta della rummaniya me l’ha data Majd, nata a Jabalia, uno dei campi profughi più densamente popolati della Striscia. Così aveva descritto Majd la sua terra e la sua cucina:
“Nella Striscia di Gaza si cucinano i prodotti della nostra terra e del nostro mare, anche se l’assedio e le restrizioni ai valichi ci rendono sempre meno autosufficienti e sempre più dipendenti dai prodotti israeliani che riempiono i nostri mercati. Viste le nostre precarie condizioni può sembrare quasi ironico da dire, ma la terra di Gaza è fertile, il clima è adatto all’agricoltura e il mare è generoso di pesce. Quello che manca è il diritto e la libertà di sfruttare tutte queste risorse. L’embargo, i confini spesso inibiti al passaggio di merci e persone e le incursioni militari israeliane per mare e per terra non permettono alcuno sviluppo. Nonostante questo assedio soffocante e le sue conseguenze, il nostro popolo cerca sempre di condurre una vita normale.
La zona intorno a Beit-Lahia è molto conosciuta per la coltivazione delle fragole. Un frutto che qui cresce bene, ha un sapore delizioso ed è apprezzato nei Paesi arabi vicini e, apertura dei valichi permettendo, gli agricoltori riescono anche a fare delle piccole esportazioni. Il 45% dei terreni coltivabili è coperto da oliveti: l’olivo è il re della nostra terra. A fine ottobre, quando comincia la stagione della raccolta delle olive, la maggior parte delle famiglie si dedica a questa attività. Quasi tutti i palestinesi hanno almeno un albero di ulivo piantato intorno alla loro casa.
Molti terreni agricoli, anche nella buffer zone, la zona cuscinetto in prossimità del confine, sono coltivati a grano, che è fondamentale, non solo per la farina, ma anche per friekeh, burgul e duqqa, alimenti importanti nella nostra gastronomia. Anche la frutta cresce bene a Gaza: di guava, uva e datteri ce ne sono in quantità.
La rummaniya è un piatto che segna l’inizio dell’autunno, quando arrivano le prime melagrane e si raccolgono le ultime melanzane.
Per questa ricetta andrebbe usato un tipo di melagrana piccola, aspra e acidula, tipica di Gaza.
5 melanzane
1 tazza di lenticchie verdi
3 bicchieri di succo di melagrana
½ bicchiere di succo di limone fresco
1 cucchiaio di cumino
1 cucchiaino di peperoncino
2 cucchiai di farina
2 cucchiai di semi di aneto 2 cucchiai di tahine
5 spicchi d’aglio olio d’oliva
sale
qualche fogliolina di prezzemolo, chicchi di melagrana o cipolla caramellata per guarnire
Mescolare con una frusta il succo di melagrana con il succo di limone e 2 cucchiai di farina. In un mortaio pestare sale, aneto, cumino, peperoncino e aglio. Aggiungere infine dell’olio d’oliva per ottenere una pasta densa. Cuocere le lenticchie in 5 tazze d’acqua per una ventina di minuti a fuoco lento, dopodiché aggiungere le melanzane sbucciate e tagliate a quadratini e mezzo bicchiere d’olio. Far andare ancora per altri venti minuti. Unire pian piano la pastella di limone e melagrana, l’impasto di spezie e far andare ancora per altri 8/10 minuti finché non si ottiene un amalgama denso. Alla fine aggiungere la tahine e mescolare. Guarnire il piatto con cipolla caramellata oppure prezzemolo tritato e semi di melagrana.
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Silvia Chiarantini

Cuciniera curiosa, mangiatrice un po’ smodata, vivandiera affettuosa. Nel 2022 scrive Parkour. La mia cucina, sconfinata e in movimento, un diario intimo di racconti, aneddoti di viaggi e ricetti che oltrepassano confini per ricostruire una propria identità culinaria. Nel 2016 scrive Pop Palestine. Viaggio nella cucina popolare palestinese, il racconto di un popolo visto dall’interno delle sue cucine. Realizza anche un documentario dal titolo Pop Palestine. Salam Cuisine da Hebron a Jenin, proiettato in festival italiani e internazionali sul cibo e selezionato all’Al Jazeera International Documentary Festival di Doha e al Boston Palestine Film Festival. Tiene corsi di cucina mediorientale e pubblica le sue ricette sul blog www.popcuisine.it e sui social Instagram e Facebook @popcusine.it

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