Il riposizionamento su Israele: realtà o propaganda? Dal Regno Unito alla Toscana

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Nell’ultimo periodo abbiamo assistito a prese di posizione inedite da parte di istituzioni media e personaggi famosi che finora, in 19 mesi di genocidio a Gaza, non avevamo visto. Cosa sta succedendo? Si sta finalmente muovendo qualcosa e il sistema di potere occidentale si è deciso ad intervenire, oppure è solo una presa di distanza di facciata, utile per sviare l’opinione pubblica da quella che è una attiva e sostanziale complicità? Il contesto in cui si verificherebbe questa storica svolta è quello dell’estensione delle operazioni militari israeliane a Gaza iniziata il 18 maggio, secondo un piano dal nome “Carri di Gedeone”, e ha come scopo dichiarato la conquista di Gaza, il confinamento dei suoi abitanti nel Sud della Striscia, e da lì l’organizzazione del “trasferimento volontario” verso stati esteri (si parla di un accordo con la Libia per deportare un milione di palestinesi). Questo si realizzerebbe anche grazie ad una carestia causata dal blocco totale ad ogni aiuto umanitario che Israele ha imposto dal 2 marzo.

Lo spiegamento massiccio dell’esercito e gli ordini di evacuazione hanno già permesso a Israele di controllare circa l’80% del territorio, con i palestinesi concentrati ormai in gran parte nella zona costiera, nel centro della Striscia. Due milioni di persone vivono alla giornata cercando disperatamente di sopravvivere. I casi di morte per fame, mancanza di medicine, di acqua potabile, sono centinaia. Per forzare i palestinesi a concentrarsi a Sud, si organizzerà in quell’area la distribuzione di minime quantità di cibo, calcolata come fabbisogno minimo per non morire, e sarà gestita da una fondazione che utilizzerà mercenari americani: la Gaza Humanitarian Foundation. L’accesso a queste aree sarà condizionato al superamento di controlli militari, con tecnologie di riconoscimento facciale, che i politici israeliani auspicano possano essere un’ottima occasione per esecuzioni di massa: N. Vaturi, deputato del partito di governo Likud: “separare donne e bambini, e uccidere tutti gli uomini adulti a Gaza. Siamo troppo comprensivi”.

Image Courtesy: Montecruz Foto via Flickr

Jens Laerke, portavoce dell’OCHA ha chiarito il senso di questo piano: “L’obiettivo non è più quello di soddisfare i bisogni della popolazione, ma di integrare questi centri di distribuzione in una strategia militare per spostare le persone a proprio piacimento”. Anche il segretario generale dell’ONU Guterres ha rilevato come la proposta israeliana di gestione diretta degli aiuti sia contro il diritto internazionale, e possa essere un mezzo per forzare le persone a lasciare la propria terra. Quindi che l’obiettivo di Israele sia l’occupazione definitiva di tutta la Striscia di Gaza è adesso non più soltanto evidente, ma politica ufficiale del governo. Il ministro Smotrich, del partito del sionismo religioso, è tra i più espliciti nel descrivere il progetto: “conquistare, ripulire, restare”. In varie interviste pubbliche ha spiegato come i palestinesi, vedendo come tutta Gaza verrà rasa al suolo e annessa da Israele, disperati e affamati, accetteranno di andarsene. Lo stesso Netanyahu ha dichiarato il 18 maggio che “l’inevitabile risultato” della distruzione di Gaza da parte dell’esercito israeliano sarà l’espulsione forzata dei palestinesi dal territorio, e a proposito delle trattative per un cessate il fuoco ha esplicitamente spiegato che la “guerra” finirà solo con la realizzazione del piano Trump, detto anche Gaza Riviera.

I governi occidentali non hanno scoperto adesso qual è la realtà, cioè genocidio e pulizia etnica, semplicemente adesso è diventata politica ufficiale del loro alleato, e ignorarla può diventare rischioso. L’evidenza degli orrori commessi dall’esercito israeliano è diventata impossibile da ignorare, con gli attacchi aerei su Gaza che causano cento morti al giorno, con bombardamenti regolari su ospedali, tende, scuole che fungono da rifugio per gli sfollati che vengono bruciati vivi. L’obiettivo è di ammazzare più persone possibile, con ogni mezzo, meno ne restano, più sarà facile deportarli altrove. La carestia non “incombe” più, è reale, e le immagini di bambini pelle e ossa sono ormai ovunque. La “pressione” occidentale è stata descritta così da Netanyahu, in occasione della decisione di lasciar entrare qualche camion di cibo, il 21 maggio: “I nostri migliori amici nel mondo, senatori che conosco da molti anni come entusiasti sostenitori di Israele, vengono da me e mi dicono: ‘Vi diamo tutto il sostegno per una vittoria finale: armi, sostegno alle vostre manovre per distruggere Hamas, sostegno al Consiglio di Sicurezza dell’ONU. C’è una cosa che non possiamo sopportare: immagini di carestia di massa. È qualcosa a cui non possiamo assistere. Non saremo in grado di sostenervi.” Da questa prospettiva il quadro si chiarisce: gli alleati di Israele non vogliono vedere foto di mucchi di cadaveri pelle e ossa, altrimenti non sapranno come fare a sostenerlo. Non è che non vogliono un olocausto, non vogliono che se ne vedano le immagini. Quindi non sta venendo a mancare il sostegno, sta semplicemente venendo mascherato, e per capire meglio come stanno le cose è utile capire quali sarebbero i provvedimenti presi per fare pressione su Israele.

Lunedì 19 maggio i leader di Gran Bretagna, Canada e Francia hanno minacciato “azioni concrete” contro Israele se non fermerà la rinnovata offensiva militare a Gaza e non rimuoverà le restrizioni sugli aiuti. Netanyahu ha replicato immediatamente che non si fermerà fino alla vittoria totale. A distanza di una settimana, nessuna “azione concreta” è stata presa. Il 20 maggio la responsabile della diplomazia europea Kaja Kallas ha annunciato che l’Unione europea avvierà una revisione del suo accordo di associazione con Israele alla luce degli ultimi sviluppi nella Striscia di Gaza. Una maggioranza dei paesi membri (17 su 27) chiede infatti di verificare se Israele abbia violato l’articolo 2 dell’accordo, che prevede il rispetto dei diritti umani. Per una sospensione, anche parziale, di questo accordo, è però necessaria l’unanimità di tutti e 27 i membri, si tratta quindi di mettere in moto un procedimento lungo e tortuoso, che già sappiamo non porterà a niente. Quindi anche in questo caso, nessuna azione concreta. Sempre il 20 maggio il ministro degli esteri inglese Lammy ha annunciato che i negoziati per un futuro accordo di libero scambio tra UK e Israele sono sospesi. Anche questo è un provvedimento piuttosto delicato che non ha alcun effetto nell’immediato.

Altri esempi di questi giorni meriterebbero maggiore spazio, ad esempio l’iniziativa del governo irlandese, che ha presentato il 27 maggio una proposta di legge che, se approvata, renderebbe reato l’acquisto di

Palestine 2009. Israel’s Wall in Bethlehem, West Bank.

prodotti israeliani provenienti dalla Cisgiordania e da Gerusalemme Est, aree illegalmente occupate dallo Stato ebraico secondo il diritto internazionale. Il governo irlandese fa quello che tutti i governi europei potrebbero fare, ispirandosi al parere consultivo emesso dalla Corte Internazionale di Giustizia il 19 luglio 2024, secondo cui gli Stati devono “adottare misure per impedire relazioni commerciali o d’investimento che contribuiscano al mantenimento della situazione illegale nei territori palestinesi occupati”. L’Irlanda potrebbe così diventare il primo Stato membro dell’Ue a vietare l’importazione di beni prodotti negli insediamenti israeliani nei territori palestinesi occupati. Anche la Spagna sta iniziando a fare piccoli passi concreti, dopo aver rescisso un contratto per l’acquisto di munizioni, con una proposta per attuare un embargo al commercio delle armi israeliane, che potrebbe comprendere anche il rifiuto di fare attraccare le navi in transito.

Regno Unito, stati europei e Stati Uniti potrebbero fermare il genocidio in un giorno, essendo i maggiori partner commerciali, alleati e sostenitori di Israele, bloccando la fornitura incessante di armi che vengono prodotte e fatte transitare sul territorio europeo, o il commercio con lo stato ebraico, eppure di fronte ad una violenza sfrenata e brutale, di fronte ad una situazione che Israele ha già annunciato che si espanderà alla Cisgiordania, si muovono in modo quasi esclusivamente simbolico. Le prese di posizione diplomatiche, le esortazioni, il mostrare preoccupazione e tristezza, senza dei reali e concreti provvedimenti, serviranno solo a confondere e a tenere buona l’opinione pubblica, che globalmente sta aumentando la pressione. Distrarre, sviare, illudere, sono elementi della strategia che abbiamo visto fin dall’inizio da parte di molti governi, a partire da Biden, che per mesi ha rassicurato il mondo che un accordo era dietro l’angolo. La devastazione di Gaza va ad una velocità enormemente maggiore rispetto agli smottamenti della diplomazia.

Sebbene la valutazione sulle iniziative diplomatiche sia che al momento non avranno alcun impatto concreto sulla devastante offensiva israeliana a Gaza, dobbiamo sottolineare l’importanza che queste possono avere indirettamente nelle società e di conseguenza sulla politica, che dovrà essere messa nelle condizioni di non poter più esprimere “sconcerto” o “preoccupazione” o “tristezza”, ma impegnarsi sul serio. Sentire il ministro degli esteri inglese definire “ripugnante e mostruoso”, “moralmente sbagliato e intollerabile” il piano israeliano senza dubbio darà coraggio a moltissime persone di sentirsi libere di esprimersi, protestare e organizzarsi. Addirittura Nanni Moretti ha infine twittato contro Netanyahu.

Questo nuovo clima in cui le condanne ad Israele sono sempre più frequenti dunque può rafforzare il cambiamento del senso comune che è in corso da molti mesi, e deve accelerare l’isolamento di Israele dal resto del mondo. Il cambiamento che migliaia di piazze e iniziative ultimamente stanno portando è enorme, e deve intensificarsi sempre di più, chiedendo con sempre maggior forza atti concreti. Sindaci e amministratori che hanno esposto lenzuola/sudari alle finestre ad esempio, come Funaro e Giani, devono essere chiamati ad agire di conseguenza. Se condannano Israele devono fare il possibile a livello istituzionale e politico per fare reale pressione, oppure il loro gesto non è altro che marketing. Chi ha il potere non può essere messo sullo stesso piano di migliaia di cittadini che compiono un gesto simbolico di dolore e lutto, loro possono e devono fare molto di più.

Alla manifestazione che si è tenuta a Sesto Fiorentino il 24 maggio, ad esempio, il sindaco di Calenzano Carovani ha annunciato: “Occorre un boicottaggio alle merci da Israele ed il Comune di Calenzano aderirà a questa proposta al prossimo Consiglio comunale di martedì. Doveva essere la comunità internazionale a proporla, ma purtroppo sono emersi i doppi standard che considerano meno importante la vita di un palestinese rispetto a quella di una persona di un altro paese.” Rendere il genocidio svantaggioso facendo di Israele uno stato pariah è necessario, perché il governo israeliano non ha solo il sostegno di Europa e Stati Uniti, ma per quanto riguarda lo sterminio dei palestinesi ha anche il consenso del suo popolo. Nonostante molti media infatti riportino una crescente opposizione verso il governo, un sondaggio recente condotto dalla università della Pennsyilvania rivela un dato allarmante: l’82% degli ebrei israeliani è favorevole alla deportazione dei palestinesi di Gaza. Il 47% degli intervistati ha risposto affermativamente anche alla domanda se l’esercito israeliano, nel conquistare una città nemica, debba agire come gli Israeliti nella conquista biblica di Gerico, “uccidendo tutti i suoi abitanti”.

Il 65% degli ebrei israeliani inoltre ritiene che esista un equivalente moderno all’Amalek biblico (archetipo del nemico assoluto di Israele), che la tradizione ebraica comanda di “sterminare senza lasciare memoria”. Il 93% di questi crede che tale comandamento sia ancora valido oggi, e non è difficile capire a chi si riferiscano.

https://una-oic.org/it/palestinese/2025/05/19/Gran-Bretagna–Francia-e-Canada-prenderanno-provvedimenti/

https://www.middleeasteye.net/news/netanyahu-says-forced-expulsion-palestinians-gaza-inevitable

https://www.cbsnews.com/news/israel-gaza-war-netanyahu-faces-sanctions-threat-palestinians-starvation/

https://www.aljazeera.com/news/2025/5/20/uk-government-suspends-free-trade-talks-with-israel-over-gaza-war

https://www.eunews.it/2025/05/26/irlanda-vieta-prodotti-israele-palestina/

https://thecradle.co/articles-id/30957

https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/mediooriente/2025/02/25/uccidere-tutti-gli-uomini-della-striscia-di-gaza-frase-shock-del_175dc848-03fe-4608-87dd-6b0a5371aa32.html

https://www.theguardian.com/world/2025/may/20/uk-suspends-trade-talks-with-israel-repellant-extremism

https://www.youtube.com/watch?v=cuKZVnigH2U Daniel Levy intervistato da Aljazeera

https://www.middleeasteye.net/live-blog/live-blog-update/netanyahu-says-trumps-forced-displacement-plan-condition-ending-war-gaza

https://www.aa.com.tr/en/europe/spanish-parliament-passes-non-binding-motion-urging-arms-embargo-on-israel/3574435#

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Simone Sorani

Simone Sorani, nato a Firenze nel 1981, laureato in Filosofia, lavoro come cuoco. Attivo nel collettivo di Firenze per la Palestina.

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