2010-02-06 08:50:44
>[L’Unità, 6 febbraio 2010] Si fa presto ad accusare, tanto poi chi si ricorda. Si fa presto ad aggredire, tanto poi si passa ad altro. Si fa presto persino a parlare di omicidio. Lo fece Gaetano Quagliariello quando giunse in Senato la notizia della morte di Eluana Englaro. Era il 9 febbraio dello scorso anno. Ricordate? Scoppiò quella che con giornalistica disinvoltura chiamiamo «bagarre», come se la camera alta del Parlamento possa essere il luogo più adatto per una zuffa da osteria. Il vicecapogruppo del Pdl si alzò in piedi e, urlando, disse: «Eluana non è morta: è stata ammazzata». È bene ricordarla quella frase, perché la dice lunga su cosa vuol dire, in Italia, battersi per affermare un diritto, per chiedere giustizia. Lo sa bene Beppino Englaro che abbiamo intervistato e che ci racconta i veleni di quei giorni. La sorpresa più triste, dice, fu scoprire il volto violento della politica. Vedere che chi ti rappresenta in Parlamento invece di ascoltarti ti insulta, invece di aiutarti ti ostacola. Come Formigoni, come Sacconi. E come Berlusconi, che arrivò persino a dire che Eluana era di bell’aspetto e poteva, tecnicamente, avere un figlio (6 febbraio 2009, in agenzia). “Frasi dal sen fuggite”, si dirà. Peccato che a pronunciarle siano stati ministri, presidenti di regione, sottosegretari, monsignori e cardinali tra cui il segretario della Cei. Ecco perché, a un anno di distanza, è bene ricordare quelle parole. E andarle a verificare una per una. Lo abbiamo fatto nell’inserto che trovate al centro del giornale, da conservare a futura memoria. Andiamo per ordine. Omicidio: l’inchiesta aperta nei confronti di Beppino e di altre 13 persone è stata archiviata l’11 gennaio scorso. Eutanasia: il gip di Udine ha appurato che è stato rispettato il protocollo indicato dalla Corte di Appello nel 2008 la quale, a sua volta, diceva che il distacco del sondino nasogastrico (cioé l’interruzione dell’alimentazione e dell’idratazione forzata) non era eutanasia, ma il rispetto del diritto di un paziente a rifiutare le cure. «Lo stato di Eluana potrebbe variare come diverse volte si è visto» (ancora Berlusconi): l’autopsia del cervello ha dimostrato che il neurologo della donna, Carlo Alberto Defanti, aveva ragione e che i danni subiti erano tali che Eluana non avrebbe mai potuto riprendersi. Questisono i fatti.Edèdaquesti chevale la pena ripartire se davvero vogliamo definirci un paese civile. In Italia ci sono 2800 famiglie che si trovano nella condizione in cui era la famiglia Englaro un anno fa. Una legge sul testamento biologico non c’è ancora, eppure molte città hanno iniziato a tenere un registro in cui i cittadini, non si mai, depositano le loro volontà a proposito di trattamenti sanitari. Pochi giorni fa sul Giornale (sì, il Giornale) Melania Rizzoli ha scritto in prima pagina una lettera aperta al ministro della Salute, Ferruccio Fazio, per chiedergli di interrompere le terapie di rianimazione ai ragazzi in stato vegetativo permanente. Melania Rizzoli è un medico ma è anche una parlamentare del Pdl, segno che i temi sollevati da Beppino Englaro cominciano a entrare, lentamente, tra le cellule vitali del Paese. E se ricominciassimo a parlarne? <br />Di Concita de Gregorio

Redazione

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