Quei ladri in camicia nera si arricchivano deportando

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2010-02-12 08:48:27

>[La Repubblica Firenze, 12/02/2010] Il teatro più vero oggi è memoria, testimonianza, orazione civile. Basta pensare agli spettacoli di Marco Paolini, Ascanio Celestini o Ugo Chiti che ha dedicato spettacoli alla lotta partigiana. Adesso i Teatri d´Imbarco con Gli Impuniti. Requisitoria per un processo senza colpevoli a cura del regista-drammaturgo fiorentino Nicola Zavagli dedicano una pièce per far conoscere una delle pagine più buie del Novecento e raccontare, come afferma lo stesso Zavagli, «la burocratica partecipazione dei fiorentini al massimo crimine della storia dell´umanità» (Teatro delle Spiagge, via del Pesciolino, traversa di via Pistoiese, domani ore 21 e domenica ore 16.30, euro 10, info 055/310230). Mercoledì prossimo 17 febbraio alle ore 18, ancora al Teatro delle Spiagge, verrà presentato il libro Requisitoria per un processo senza colpevoli curato da Zavagli e la mostra fotografica Ebrei fiorentini. Ieri e oggi. Lo spettacolo – che vede in scena Beatrice Visibelli, Giovanni Esposito, Vania Rotondi, Giulia Attucci e altri sei attori – vuol essere un primo studio sugli atti del processo al fascista Giovanni Martelloni, capo dell´Ufficio affari ebraici di Firenze, responsabile dell´arresto di centinaia di ebrei fiorentini, nonché della spoliazione sistematica dei loro beni. Come racconta Zavagli, «il nostro lavoro metterà in luce un crimine ai più sconosciuto. Il processo si tenne alla Corte d´Assise di Firenze e durò dal 1945 al ´50 con ben 67 imputati. Si concluse con una dichiarazione generalizzata di non perseguibilità per amnistia sia per Martelloni che per tutti i suoi principali collaboratori. Martelloni fu dunque assolto e condonati tutti gli altri imputati. L´episodio ha rappresentato un marchio di vergogna indelebile che nessun decreto potrà mai cancellare. Il nostro lavoro si basa sugli studi del professor Luigi Lotti, grande esperto di storia moderna e contemporanea, che è stato preside di Scienze politiche dal 1974 al 1992». Abbiamo rintracciato Lotti per chiedergli tutti i segreti del caso Martelloni: «Conosco la vicenda – spiega il professore – perché ho fatto parte della Commissione nazionale parlamentare spoliazione beni ebraici. Questo mi ha permesso di consultare gli atti del processo conservato presso l´Archivio di Stato. Il processo si svolse dai primi di luglio del 1945 al 4 agosto 1950. Si concluse con la non perseguibilità per amnistia. Restavano però i reati non politici: furti ed estorsioni. Ma Martelloni fu ugualmente assolto per inesistenza del fatto. Furono invece condannati per quei reati otto imputati minori, con pene da sette mesi a quattro anni, ma tutte le condanne furono immediatamente condonate». Lotti, pur nell´assenza di documentazione specifica sugli ordini di sequestro, e avendo Martelloni distrutto le carte più compromettenti, riesce tuttavia a quantificare l´entità delle razzie. È certo che riguardarono 284 immobili, 114 esercizi commerciali, 303 abitazioni private. Paradossalmente si salvarono preziosi ed opere d´arte, perché depositati, dopo il sequestro, alla Banca d´Italia, mentre il trasferimento dei mobili e degli oggetti ai magazzini comunali, seguito dalla loro ri-assegnazione casuale ai nuovi occupanti delle abitazioni – ufficiali della Rsi, famiglie che avevano avuto la casa distrutta o sfollati – portò alla loro dispersione pressoché totale. <br />Una sentenza sconcertante. «Anzi, iniqua – commenta Lotti – Si chiudeva sul piano giudiziario l´attuazione fiorentina della persecuzione agli ebrei. Analoga alle altre dell´Italia di Salò negli arresti e nelle deportazioni; di gran lunga peggiore e più dura nella spoliazione dei beni». A distanza di tanti anni, il caso Martelloni resta una pagina amara per Firenze, «divisa – conclude lo storico – fra una esasperazione e una violenza settaria e per contro, una pronta, spontanea e diffusa solidarietà umana. Sono adesso trascorsi diversi decenni, più generazioni si sono susseguite, e la memoria si allontana, ma quella pagina amara è giusto ricordarla perché deve richiamare l´auspicio ad un mondo libero e tollerante, assieme alla consapevolezza che esso non è frutto del destino, ma è solo una conquista della forza e della volontà delle coscienze».<br />Di Roberto Incerti

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