“Il Maggio trattato come un’azienda”

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2010-05-04 08:42:51

>[La Repubblica Firenze, 04/05/2010]<br />Se il sipario del Comunale si tirerà su domani su «Die Frau ohne Schatten» di Strauss lo sapremo oggi dopo l’assemblea dei lavoratori del Maggio che decideranno se continuare o no a scioperare contro il decreto di riforma delle Fondazioni liriche. Di sicuro per ora ci sono solo le ragioni di rivolta al decreto, almeno come le vedono in teatro. A cominciare dai principi che circolano nelle sette pagine del decreto e che dovranno anche ispirare i regolamenti di riordino del settore demandati al governo tra un anno. «Tutti parametri economici — dice il sovrintendente Giambrone — Le Fondazioni devono essere sane ma la cultura non può essere trattata con un approccio esclusivamente aziendalistico». Poi, l’ambiguità: «Si usano criteri del privatistico e si sottopone tutto ai vincoli dello Stato», continua il sovrintendente. Per esempio il contratto nazionale di lavoro sarà di tipo privatistico ma dovrà essere firmato con l’Aram (l’associazione del pubbliche amministrazioni). Giambrone è allarmato anche dal taglio dato alla questione dell’autonomia da concedere ad alcune Fondazioni che così potranno contare su finanziamenti triennali. Dovranno avere un «significativo e continuativo apporto finanziario» di soggetti privati. «Mettiamo che si decida che i contributi devono arrivare a una somma pari al 50% di quella del Fus — obietta Giambrone — Il Maggio partirebbe già svantaggiato rispetto alla Scala o Santa Cecilia che sono in città, come Milano o Roma, di milioni di abitanti e di un altro tessuto imprenditoriale ». Nonostante il Maggio non sia secondo per qualità: prova ne sia la «Donna senz’ombra» che lo ha trionfalmente inaugurato. Giambrone confuta le accuse sui conti: «Il sottosegretario Bonaiuti non è informato. Grazie anche ai lavoratori, solo tra il 2008 e il 2009 abbiamo risparmiato 2.600.000 euro sul costo del personale ». Fin qui, tutto demandato ai regolamenti. Andrà invece in vigore subito la parte del decreto riservata ai lavoratori. Il soprintendente è convinto che la precarizzazione in aumento prevista, «in linea con tutto ciò che fa questo governo», uccida i teatri: «Orchestra, coro, balletto, ma anche tecnici che in due minuti devono spostare quintali di scene devono essere un amalgama». Non lo sono se il posto di lavoro non è fisso e devono cambiare teatro ogni sei mesi. Ma il decreto proibisce qualsiasi assunzione a tempo indeterminato fino al 2013. E anche allora, in sostituzione dei posti persi solo l’ultimo anno. In più c’è il ricatto, protestano i sindacati: se il contratto, scaduto da più di tre anni, non sarà firmato entro un anno, ai lavoratori verrà dimezzata la parte salariale legata agli integrativi. Infine, i balleri- ni: pensione a 45 invece che a 52 anni, con 900 euro e arrivederci. «Il decreto è un suicidio, ammazza tutti», commenta Carla Fracci, assessore alla cultura in Provincia. Unico spiraglio nel blocco delle assunzioni e «per via delle nostre proteste», spiega Giambrone, la deroga, tramite autorizzazione ministeriale, per le prime parti che hanno vinto il concorso (concorsi che invece nessuno richiede per chi nei teatri deve gestire l’intera macchina). «Chiederò subito, dopo averne parlato con il cda, l’autorizzazione per assumere i due primi flauti e per nuovi concorsi per altre prime parti scoperte», annuncia il sovrintendente. Quanto a eventuali diversi meccanismi nella formazione del cda e nella nomina del sovrintendente, se ne occuperanno, semmai, i regolamenti. Per il prossimo rinnovo funziona il vecchio statuto: il sovrintendente viene proposto dal sindaco e eletto dal cda. <br />Ilaria Ciuti

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