Sì alla ripubblicizzazione effettiva dei servizi locali, no alla Multiutility

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C’è un aspetto della vita quotidiana che riguarda quasi tutte le persone che abitano in un determinato territorio: il pagamento delle bollette delle utenze dei servizi (acqua, gas, energia). A meno che non si pensi di attuare forme di disobbedienza civile, persone, famiglie ed imprese sono tenute a pagare con regolarità il costo di tali servizi.

È proprio la natura universale di queste prestazioni che rende questo settore appetibile per gli operatori di mercato in cerca di nuove opportunità di profitto: i flussi di cassa derivanti dalla gestione di questi servizi sono prevedibili ed entro una certa misura anche orientabili, specie quando si parla di monopoli naturali come l’acqua e i rifiuti.

L’operazione Multiutility

Questi appetiti si sono manifestati sul nostro territorio con la costituzione di una nuova Multiutility dei servizi di gestione di acqua, rifiuti ed energia riguardanti i comuni della Toscana centrale. La realizzazione di questa operazione è entrata nel vivo poche settimane dopo l’elezione di Eugenio Giani alla Presidenza della Regione. Proprio alla presenza di Giani, nel dicembre 2020, i sindaci Pd dei comuni di Firenze (Nardella), Prato (Biffoni) ed Empoli (Barnini) resero nota la sottoscrizione di una lettera d’intenti con la quale annunciavano l’avvio di un percorso finalizzato alla creazione di una “grande azienda di gestione dei servizi pubblici locali controllata e guidata dai comuni”.

Per compiere tale operazione si è scelto di fondere in Alia Servizi Ambientali tre società (Acqua Toscana, Consiag e Publiservizi); prima della fusione sono state conferite alla stessa Alia Servizi Ambientali (accrescendone il capitale sociale) le partecipazioni detenute dal Comune di Firenze in Toscana Energia e dal Comune di Pistoia in Publiacqua. Gli azionisti delle società incorporate si sono trasformati in azionisti della nuova società, che prevede di effettuare un aumento di capitale sociale in modo da raggiungere una ripartizione del capitale sociale pari a non meno del 51% per gli azionisti pubblici ed a non più del 49% per gli azionisti privati. Il punto di arrivo dell’intera operazione sarebbe la quotazione in Borsa, da realizzare attraverso la costituzione di una nuova holding.

L’operazione è stata promossa dal Partito Democratico a trazione renziana. La destra l’ha di fatto appoggiata, sia votando a favore nel comune di maggiori dimensioni nel quale essa governa (Pistoia), sia astenendosi benevolmente in molti altri casi nei quali essa è (formalmente?) all’opposizione. Le posizioni contrarie che pure sono emerse in una decina di comuni non hanno impedito il formarsi di una maggioranza favorevole all’operazione. Il 26 gennaio 2023, con la sottoscrizione di fronte al notaio dell’atto di fusione da parte dei rappresentanti delle quattro società coinvolte, si è costituita Alia Servizi Ambientali spa (il termine Multiutility è generico e di origine giornalistica, mentre la denominazione ufficiale della nuova società è Alia Servizi Ambientali spa; nel prosieguo del testo ci riferiremo alla società nata dalla fusione con il termine Alia/Multiutility).

Le ragioni della contrarietà

La nuova società è una società di capitali, che ha per scopo il conseguimento di profitti. L’erogazione di servizi ha in questo caso valore strumentale rispetto al fine primario, che consiste appunto nel conseguire degli utili. Ciò è vero indipendentemente dalla composizione del capitale sociale, ed a maggior ragione lo sarà se e quando entreranno nella compagine azionaria anche azionisti privati. Il vero scopo di Alia/Multiutility è quello di produrre utili per gli azionisti, sia quelli pubblici (tra i quali il Comune di Firenze esercita un ruolo dominante) che quelli (per il momento eventuali) privati. Uno scopo conseguibile con una certa facilità in un settore caratterizzato da attività economiche remunerative e sicure, con basso rischio di impresa e con una gestione in regime di monopolio.

Con la costituzione di Alia/Multiutility i sindaci dei comuni azionisti sono privati di ogni potere di controllo e di gestione rispetto all’erogazione dei servizi. Investimenti, costi e tariffe sono decisi dal consiglio di amministrazione della nuova società, e non dagli azionisti pubblici. All’assemblea dei soci sono riservati alcuni poteri, ma gli investimenti e le operazioni di natura finanziaria, acquisizione o cessione di partecipazioni – che costituiscono atti di gestione straordinaria – restano in capo agli amministratori della società. La gestione è di esclusiva competenza del cda. Anche la nomina degli amministratori e dei controllori delle società partecipate (di cui la nuova società detiene quote azionarie proprio in virtù della fusione) è di competenza degli amministratori e non dell’assemblea degli azionisti della capogruppo.

Lo stallo della quotazione in Borsa e l’alternativa realizzabile

La quotazione in Borsa completerebbe la trasformazione strutturale degli obiettivi della nuova società: tutte le sue attività sarebbero orientate a remunerare i capitali degli investitori ed a non contraddire il responso ‘sacrale’ dei ‘mercati’.

Il processo di finanziarizzazione della gestione dei servizi locali non porta né maggiore efficienza né tanto meno – come acriticamente sostenuto dai promotori dell’operazione per renderla più ‘digeribile’ – la riduzione delle tariffe, e ciò è tanto più vero se si considera che a norma di legge la tariffa deve coprire interamente i costi di gestione e di investimento.

Prima e dopo la costituzione formale di Alia/Multiutility si è dibattuto lungamente sulla quotazione in Borsa. Al momento, dopo due anni di crescenti opposizioni emerse dai territori (comitati, associazioni, partiti), con effetti rilevanti anche sul piano politico (come l’affermarsi di nuove amministrazioni contrarie all’operazione in occasione delle consultazioni amministrative del giugno 2024), sulle strategie e sugli indirizzi di Alia/Multiutility è sceso il silenzio. Le lacerazioni interne al Pd hanno spinto il partito di maggioranza relativa a ‘congelare’ la questione, in attesa dell’esito delle elezioni regionali e della ridefinizione degli assetti interni. Ne consegue che Alia/Multiutility resta per ora una società a capitale interamente pubblico.

La fase attuale appare propizia per riconfermare la contrarietà all’operazione e per dare corpo ad un modello alternativo che miri alla reale ripubblicizzazione dei servizi. È significativa la perdurante assenza – ad oggi – di qualsiasi indicazione strategica sul percorso futuro di Alia/Multiutility. La mancanza del piano industriale e del piano economico-finanziario (ripetutamente annunciati e mai presentati) non permette di comprendere le linee essenziali del modello di gestione della società e finisce per rafforzare il potere degli amministratori e dell’unico soggetto (il Comune di Firenze) che al momento ne può decidere la nomina e condizionare politicamente l’operato.

Con la legislazione vigente è possibile affidare i servizi in house – vale a dire senza gara – ad un soggetto a capitale interamente pubblico. Rispetto alle aziende in house le amministrazioni possono esercitare un controllo ‘analogo’ a quello che esercitano nei confronti dei propri uffici, mantenendo il pieno controllo degli indirizzi strategici e rendendo la gestione a totale ed effettiva titolarità pubblica. Qui emerge un’altra fondamentale ragione di contrarietà all’operazione Multiutility, quand’anche essa si arrestasse all’assetto attuale (una società a capitale interamente pubblico, senza apertura del capitale ai privati attraverso la quotazione in Borsa): i Comuni, avendo subito un taglio dei trasferimenti dallo Stato necessari per la copertura delle loro spese, hanno scelto di compensare con i dividendi di Alia/Multiutility la riduzione delle entrate dovuta alle politiche di austerità. Questi dividendi rappresentano l’equivalente di una imposta per la quale vengono fatte pagare ai cittadini e alle aziende somme che niente hanno a che fare con il servizio che ricevono. Tra le pieghe delle bollette legate alla Multiutility si nasconde l’equivalente di una flat tax.

Un tema ‘silenziato’

Riportare l’attenzione su un tema al momento ‘silenziato’ è necessario anche perché l’assenza di dibattito pubblico ha segnato dall’inizio il percorso che ha portato alla fusione ed alla costituzione di Alia/Multiutility. L’accelerazione dell’operazione compiuta a partire dalla seconda metà del 2022 non è stata accompagnata da un livello di discussione pubblica adeguato rispetto alle enormi implicazioni legate alla costituzione della nuova società.

La totale mancanza di attenzione nei confronti del coinvolgimento dei cittadini e dell’informazione loro trasmessa – considerato anche che gran parte dei mezzi di comunicazione ha contribuito a veicolare informazioni non approfondite, che in genere riflettevano esclusivamente il punto di vista dei promotori – risalta ancora di più se si considera quanto si è detto all’inizio, vale a dire che l’operazione Multiutility è destinata a produrre effetti su tutte le persone che abitano nei territori interessati.

Il dossier, la Rete toscana per la tutela dei beni comuni e il convegno: una mobilitazione necessaria

Su questi temi il Coordinamento No Multiutility ha prodotto un dossier, che dettaglia le ragioni dell’opposizione alla costituzione di Alia/Multiutility e propone una strategia alternativa finalizzata alla piena ed effettiva ripubblicizzazione dei servizi. La presentazione del dossier e del nuovo nome assunto dal Coordinamento (che da ora in poi si chiamerà Rete toscana per la tutela dei beni comuni) avverrà nel corso di un convegno che si svolgerà a Firenze, all’Sms di Rifredi, sabato 10 maggio dalle 9.30 alle 13.30 (chi volesse leggere o consultare il dossier può richiederne copia all’indirizzo info@retetoscanabenicomuni).

La mobilitazione di comitati, associazioni e partiti è oggi più che mai necessaria. Occorre chiudere definitivamente con la stagione della finanziarizzazione dei servizi per dare vita a gestioni realmente pubbliche, in grado di operare nell’interesse della comunità e dei suoi cittadini e cittadine e delle aziende che vi operano, senza delegare funzioni a cda che si muovono secondo logiche e princìpi privatistici finalizzati a perseguire utili e dividendi. Occorre contrastare un processo fondato sulla esaltazione ideologica della superiorità dei mercati finanziari. Occorre restituire ai territori ed alle comunità voce e capacità decisionale.

La mobilitazione su Alia/Multiutility chiama in gioco questioni ambientali, economiche, sociali ed allo stesso tempo democratiche. Se negli ultimi quindici anni la partecipazione al voto è diminuita in modo impressionante (sia a livello locale che a livello nazionale), è anche, se non soprattutto, perché gli elettori sentono che il loro voto conta sempre di meno o – persino – non conta più nulla.

L’operazione Multiutility non risponde ai principi di equità, sostenibilità e controllo democratico necessari per garantire una gestione davvero pubblica e orientata al benessere collettivo. Solo una gestione realmente pubblica, costruita su basi solide e trasparenti, può preservare i beni comuni garantendo il benessere e la prosperità dei cittadini e delle imprese del territorio rispettando la volontà popolare espressa nei referendum del 2011.

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Fabio Bracci

Fabio Bracci lavora presso un istituto di ricerca che si occupa prevalentemente di valutazione delle politiche pubbliche. Autore e co-autore di monografie e rapporti di ricerca in tema di politiche migratorie, politiche sociali e del lavoro, da tre anni fa parte del Coordinamento No Multiutility (in via di trasformazione nella Rete toscana per la tutela dei beni comuni). Ama le api, lo sport e molto altro.

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