Creare precari e cancellare diritti: il caso degli appalti del Comune di Firenze

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Quanti sono i lavoratori che lavorano per il Comune di Firenze all’interno di appalti?

Difficile fare una stima precisa: ci sono appalti più conosciuti, che hanno rilievo anche sugli organi di stampa cittadini e poi ci sono quelli sommersi, di cui nessuno sa niente, dove è più facile perpetrare ingiustizie e sfruttamento.

Un servizio appaltato crea sempre lavoro precario; il Comune non deve rispondere del trattamento né della precarizzazione dei lavoratori, inoltre se il servizio dovesse essere contratto, lo saranno anche le ore dei lavoratori, se il servizio dovesse essere sospeso, anche i lavoratori sarebbero sospesi senza che l’ente appaltante debba fornire troppe tutele ai lavoratori in appalto.

IMG_3359Il risparmio economico è relativo, in realtà è un risparmio sul costo dei diritti dei lavoratori.

Inoltre, ogni appalto ha bandi diversi a cui partecipano cooperative diverse, in molti casi all’interno dello stesso appalto ci sono ATI (associazioni temporanee di imprese) e subappalti, per cui i lavoratori sono estremamente divisi.

I lavoratori dei diversi appalti difficilmente entrano in contatto tra di loro, questo rende parcellizzati i settori e difficile che i lavoratori si uniscano per chiedere il miglioramento contrattuale e far valere i propri diritti.

Qualche giorno fa hanno protestato gli educatori scolastici.

All’ennesimo cambio appalto, protestano non solo per diminuire la precarizzazione del loro lavoro ma soprattutto per vederIMG_3195 riconosciuta la loro professionalità ed avere un adeguato salario. Infatti il loro è un contratto part time ciclico verticale, questo strano nome vuol dire che per dieci mesi all’anno lavorano e a luglio ed agosto, quando le scuole sono chiuse, non vanno in ferie ma hanno la sospensione salariare, a meno che la cooperativa non trovi loro un inserimento temporaneo in diverso contesto lavorativo. Il che non è dignitoso per un lavoratore, al quale le ferie dovrebbero spettare di diritto ed essere retribuite.

“Il problema non riguarda solo la sospensione estiva” spiega Matteo Conte, lavoratore in appalto e delegato USB, “Il bando di gara è stato incentrato sull’offerta economica più bassa e non sull’offerta tecnica. Dunque ne va della qualità del lavoro. In questo modo il Comune attraverso il ribasso effettuato dalle cooperative nell’offerta economica, effettua un taglio mascherato sul servizio, che ricade sul lavoratore, che si vede tagliati stipendio e formazione professionale”.

IMG_3194Quando si parla di educatori di solito si pensa ai lavoratori che nella struttura scolastica seguono minori a rischio o disabili. In realtà ci sono anche gli operatori domiciliari, che hanno il delicato compito di seguire i minori a rischio o con disabilità a domicilio.

Nonostante molti lavoratori siano sia educatori domiciliari che scolastici, i due appalti sono però distinti.

“L’appalto degli educatori domiciliari è scaduto il 18 febbraio. Il 25 marzo hanno aperto le buste: una offerta per i gruppi e tre offerte per il lotto disabilità e per il lotto situazioni di disagio socio familiare” spiega un lavoratore che preferisce rimanere anonimo, da ciò che dice si deduce che scorporare in lotti risulta essere una pratica proficua.

“Ad oggi non si sa ancora se lavoreremo fino al 15 o al 30 giugno”‘, continua il lavoratore.

Infatti anche gli educatori domiciliari hanno l’interruzione estiva forzata, con conseguente sospensione dello stipendio. In questo caso, però, il problema non è più solo un problema per i lavoratori, ma anche per gli utenti: “Abbiamo la sospensione, ma solo per questioni economiche, non certo per motivazioni pedagogiche o educative” mi spiega il lavoratore “Disagio socio familiare e disabilità non vanno in vacanza e le situazioni spesso d’estate peggiorano perché mancano tutti i punti di riferimento”.

Dunque il Comune di Firenze offre un pregevole servizio di sostegno alle famiglie che hanno bisogno di aiuto, ma lo sospende in estate perché ai lavoratori è imposto il part time ciclico verticale. Creando grandi danni, per gli utenti che per due mesi vengono lasciati soli, e per i lavoratori e le lavoratrici, che in quei due mesi non percepiscono stipendio, e quando tornano dal proprio assistito devono ricominciare di nuovo un lavoro in parte distrutto dalla sospensione estiva.

Un altro servizio in appalto del Comune di Firenze riguarda gli educatori domiciliari, che si occupano di sostegno ad anziani e disabili.

“I continui ribassi di appalto in appalto hanno segnato un impoverimento dei lavoratori negli ultimi anni con problemi a pagare affitti, mutui e bollette, rischiando lo sfrattoIMG_3199 seppur con contratto a tempo indeterminato. Ci sono molti fattori esterni: la crisi, l’aumento dei costi, ma il continuo peggioramento contrattuale di appalto in appalto è evidente”, spiega D. V., un operatore del servizio domiciliare, “Non solo impoverimento economico, ma anche professionale, poiché la parte di servizio che si basava sulla socializzazione con gli utenti è stata in gran parte affidata alle associazioni di volontariato: adesso non possiamo più prevedere momenti in cui fare compagnia o accompagnare l’utente in uscite e così ne risente la progettualità lavorativa, il percorso e il rapporto con l’utente stesso”.

Perché nella storia della precarizzazione del lavoro nella pubblica amministrazione un ruolo sempre maggiore lo sta acquistando il volontariato e lo stravolgimento del concetto di volontariato.

Questo accade soprattutto nel sociale e nel mondo della cultura, dove molto spesso il volontariato è una maschera che nasconde lavoro professionale gratuito.

Hanno da preoccuparsi anche i bibliotecari in appalto del comune di Firenze.

Da settimane nelle commissioni cultura e lavoro del Comune si discute una mozione presentata da due consiglieri della maggioranza per tenere le biblioteche di quartiere aperte la sera e i giorni festivi.

La mozione ha avuto una certa enfasi, poiché in rete è partita una raccolta firme sul sito www.sempreaperte.com.

In un primo momento la mozione parlava chiaramente di volontari a sostegno dell’iniziativa. Dopo le proteste di sindacati e lavoratori, sembra che l’accenno al volontariato sia sparito, ma il volontariato in biblioteca resta un elemento ambiguo.

I volontari dovrebbero essere a sostegno delle iniziative, senza svolgere in nessun modo il lavoro del bibliotecario, ma solo un lavoro di supporto, integrativo.

Tuttavia nell’intervento che la P.O. Delle biblioteche fiorentine Grazia Asta ha fatto in occasione della commissione congiunta lavoro e cultura, ha annunciato che “il Cesvot è pronto ad una convenzione con il Comune di Firenze per attuare un percorso formativo sui volontari per avere dei volontari professionali”. Ma volontari professionali è un ossimoro: se una persona mette a propria disposizione una professione si tratta di lavoro che va retribuito, specie in contesti culturali dove la professionalità da acquisire viene sempre più utilizzata come una scusa per non remunerare un lavoro.

Il volontariato sta diventando un altro strumento per risparmiare. A giorni la Regione Toscana dovrebbe istituzionalizzare la Carta dei diritti del volontariato nei servizi culturali: si spera che sia una regolamentazione valida in un terreno tanto sdrucciolevole e che non dia adito a fraintendimenti e utilizzi strumentali del volontariato al posto del lavoro retribuito.

Cambiando contesto, un appalto che ha fatto molto discutere in quest’ultimo anno è quello di Montedomini, una residenza sanitaria assistita, partecipata del Comune di Firenze e della Curia, che ha appaltato i servizi ad Agorà Toscana. La cooperativa lo scorso anno ha effettuato ben tre licenziamenti disciplinari.

Il caso è stato seguito dai Clash City Workers, un collettivo nazionale che si occupa del sostegno dei lavoratori precari e di fare informazione soprattutto dove gli organi d’informazione non arrivano.

Anche in questo caso il Comune e la Curia hanno appaltato un servizio ad una cooperativa, senza preoccuparsi o controllare in quale stato versino i lavoratori: “Il clima è sempre molto teso: ferie forzate, provvedimenti disciplinari sono all’ordine del giorno” mi spiega un’attivista dei Clash, “Dei tre licenziati lo scorso anno, una è stata subito reintegrata grazie all’intervento sindacale. Ma altri due, Cristian e Olivia, invece si sono visti dare torto dal giudice, che si è espresso in seguito al rito abbreviato previsto dalla legge Fornero. Sono stati anche condannati a pagare le spese legali. Adesso aspettano la sentenza del rito ordinario, cui hanno diritto perché avendo un contratto a tempo indeterminato, prima del Job Act, possono ancora avvalersi dell’articolo 18”.

Uno degli appalti più conosciuti a livello cittadino e che ha fatto più discutere nell’ultimo anno è quello della scuola dell’infanzia comunale: partito in “via sperimentale” per l’anno 2015-2016, sarà ampliato per il prossimo anno alla quasi totalità delle scuole comunali fiorentine.

Nelle scuole appaltate il pomeriggio è affidato alla gestione delle cooperative, questa decisione ha incontrato la dura opposizione di diversi genitori, riunitisi nel Comitato L’Infanzia non si appalta e dei sindacati.

È stato un anno di scontri molto duri con la vicesindaca Giachi che, pur di difendere la scelta dell’appalto, ha duramente attaccato i genitori del Comitato, cittadini che usufruiscono di un servizio, e ultimamente ha addirittura affermato nel corso di un’intervista, che il calo di iscrizioni registrato nelle scuole comunali, soprattutto in quelle appaltate, è stato causato non dalla scelta di appaltare un servizio, ma dai riottosi genitori e dalle maestre comunali, che si sono rifiutate di collaborare con le maestre del pomeriggio. Queste gravissime affermazioni, peraltro non supportate da nessun fondamento oggettivo, hanno sollevato un coro di proteste e i sindacati, anche quelli più sonnacchiosi, hanno risposto con comunicati che accusano l’amministrazione di aver svenduto un servizio eccellente a cooperative che sfruttano i lavoratori.

A questo punto è intervenuta Legacoop, con un comunicato al vetriolo che rimanda le accuse sindacali al mittente: “Un attacco immotivato e strumentale che penalizza i lavoratori, le famiglie e tutto il settore della cooperazione sociale. […] Dispiace constatare che abbiano questa percezione della cooperazione e intendiamo ribadire che per le nostre cooperative il rispetto dei lavoratori e delle regole è al primo posto”.

Nel comunicato di Legacoop seguono una serie di notizie parziali secondo cui le lavoratrici dell’appalto sarebbero assunte con la qualifica di docente per la scuola dell’infanzia (in realtà hanno un contratto part time di educatori professionali con qualifica docente, che è altra cosa dal contratto full time dei docenti), che hanno tredici mensilità (in realtà anche loro avrebbero il part time ciclico verticale, ma viene loro concesso uno stipendio sensibilmente contratto nei mesi di luglio e agosto), che hanno quasi tutte un contratto a tempo indeterminato (ma il contratto a tempo indeterminato in una cooperativa è sempre vincolato all’appalto. Se la cooperativa perde l’appalto può licenziare il lavoratore. Senza considerare che le lavoratrici in causa sono state assunte dopo il Job act, che di fatto annulla il contratto a tempo indeterminato, annullando l’impossibilità del licenziamento senza giusta causa).

Legacoop interviene certamente perché è un appalto importante, sotto la luce dei riflettori, in odore di diventare una questione nazionale oltre che cittadina (basti pensare che lo slogan L’infanzia non si appalta è sbarcato anche a Roma, città in cui l’appalto delle scuole dell’infanzia e dei nidi è simile a Firenze, con l’aggravante che migliaia di precarie della scuola rischiano il posto).

Ma per Legacoop è anche facile intervenire in un appalto fresco, dove le lavoratrici non sono ancora sindacalizzate e dove se c’è un errore commesso da chi contesta è quello di non essere riusciti ad inglobare nella protesta anche le lavoratrici che quindi vengono strumentalizzate da Legacoop e, peggio ancora, dal Comune, che finge di difenderle mentre in realtà è il principale colpevole della creazione di nuovo lavoro precario.

Questa carrellata di storie che sono state raccontate, sono solo la punta di un iceberg: il mondo sommerso è fatto di altre storie e appalti sconosciuti.

Ricette pronte per intervenire in maniera efficace non ce ne sono, ma sicuramente c’è qualcosa che si potrebbe fare per migliorare la situazione.

Prima di tutto bisogna ricucire le fila del tessuto sociale che si è logorato. La precarizzazione del lavoro ha portato ad un eccessivo individualismo, i lavoratori che hanno conosciuto solo un tipo di lavoro, quello precario, sono sempre più convinti di dover salvaguardare se stessi e il proprio orticello. I movimenti dei precari fiorentini soffrono di un’estrema frammentazione: dove i lavoratori sono organizzati, non riescono a guardare più in là del proprio appalto.

Questo determina che qualsiasi vittoria non potrà che essere parziale.

Ci si dimentica che chi non paga le ferie degli educatori domiciliari e scolastici è lo stesso soggetto che appalta i servizi per l’infanzia, che precarizza chi lavora nella cultura, che non si preoccupa delle condizioni dei lavoratori in appalto a Montedomini.

Continuare a presentarsi divisi di fronte all’amministrazione, senza un programma comune, senza l’unica forza possibile, che è il sostegno vicendevole, sarà sempre fallimentare.

Con l’appalto l’amministrazione ha capito che poteva sbarazzarsi dei diritti dei lavoratori, non solo cedendoli alle cooperative, ma anche dividendoli in lotti.

Senza ricompattare questa crepa, i movimenti precari parcellizzati non vinceranno mai.

Ma c’è di più: è grave che dopo circa vent’anni dal processo di precarizzazione del lavoro nell’amministrazione pubblica, i sindacati non si siano mossi prima per creare una voce unica dei lavoratori in uno stesso luogo di lavoro. Di fronte alla trasformazione dei luoghi di lavoro, sono rimasti rigidamente divisi in funzione pubblica e privata, contribuendo ad alimentare il distacco tra lavoratori. Avrebbero invece avuto l’obbligo morale di portare avanti le battaglie di tutti i lavoratori. Le rappresentanze sindacali unite (RSU) dei luoghi di lavoro dove gli appalti hanno creato ibridi non possono rappresentare solo gli interessi dei lavoratori comunali: questo non è in linea con i principi sindacali ed è discriminante. Bisogna lavorare per saldare anche questa crepa che il sistema degli appalti ha creato.

Solo guardando più in là della propria siepe di confine si può sperare di migliorare e riacquistare i diritti persi. La battaglia per i diritti non dovrebbe mai abbassare la guardia: la storia dimostra come un diritto non è un diamante, non è mai per sempre. Ad abbassare la guardia c’è sempre chi i diritti li chiama privilegi e poi li butta nel primo cassonetto utile.

E chi pensa che più in basso di così non si possa scendere, dovrebbe guardare con preoccupazione ai voucher del Ministro Poletti e a quanti parlano di volontariato professionale.

*Erica Massa, delegata USB Firenze

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2 commenti su “Creare precari e cancellare diritti: il caso degli appalti del Comune di Firenze”

  1. Giovanni Falaschi

    Mi piacerebbe sapere quale preparazione specifica hanno gli educatori alle materne e agli asili nido dipendenti da cooperative. Grazie

  2. Ciao Giovanni, la preparazione specifica è quella che viene richiesta dal comune nel bando d’appalto, e che chi vince è tenuto a rispettare (e il comune sarebbe tenuto a controllare). Nel caso della scuola dell’infanzia è richiesto il diploma abilitante o la laurea in scienze dell’educazione e esperienza lavorativa nella scuola dell’infanzia (ma dovrei rivedere il bando, forse 0-6) negli ultimi tre anni. Si sono presentati, nel caso della scuola dell’infanzia, in questo anno, diversi problemi, tuttavia. Ad esempio qualche maestra in corso d’anno è andata via perché chiamata nelle scuole statali o altro. Trovare personale per sostituzioni per le Cooperative è stato molto difficile. In ogni caso, parliamo di personale che ha funzione docente, che lavora come un docente, ma ha lo stipendio dimezzato e, avendo un lavoro precario, se può, alla prima occasione utile, se ne va… E giustamente, anche.

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