In Italia il 20% più ricco ha il 61% della ricchezza nazionale, il 20% più povero appena lo 0,4%.

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In Italia l’1% della popolazione detiene il 14,3% della ricchezza nazionale netta. il 5% più ricco della popolazione detiene il 32,1%. Il 20% più ricco detiene il 61,6%. A fronte di questo, il 20% più povero appena lo 0,4%. Il 40% più povero solo il 4,9%.

A dirlo è l’OCSE, che rileva che la ricchezza nel nostro paese è distribuita in modo molto disomogeneo e, aggiunge, dal 2007 al 2011 le cose sono peggiorate: nell’arco di quei 5 anni i più poveri hanno perso reddito per il 10% mentre i più ricchi appena per l’1%.

povertàSono dati che si commentano da soli e ci dicono che la crisi conclamata ha allargato la forbice già esistente tra ricchi e poveri. Per di più analizzando meglio i dati, si vede che il tasso di povertà tra le famiglie italiane di lavoratori autonomi, precari, part time è al 26,6%, contro il 5,4% per quelle di lavoratori stabili; per quelle di disoccupati sale al 38,6% . Il che ci fa capire in che direzione sta andando un paese che ha affidato al Jobs Act la riorganizzazione del mondo del lavoro.

E a proposito di debito, certamente non è la popolazione italiana spendacciona visto che, nonostante tutto, l’Italia è il Paese dell’area con la minor percentuale di famiglie indebitate: il 25,2%, davanti a Slovacchia (26,8%), Austria (35,6%) e Grecia (36,6%), e ben lontana dai livelli delle altre due grandi economie dell’eurozona, Francia (46,8%) e Germania (47,4%), della Gran Bretagna (50,3%) e degli Usa (75,2%). Quel debito che ora tutti siamo chiamati a pagare non lo abbiamo prodotto noi!

Dal 1990 al 2013 la quota salari sul Pil, cioè la parte di reddito che va ai lavoratori rispetto a quella che va ai profitti e alle rendite finanziarie e immobiliari, è diminuita del 7% passando dal 62% al 55% sottraendo ai redditi da lavoro 100 miliardi l’anno (L. Gallino).

Il mantra della competitività ad ogni livello, l’attacco a tutti i diritti dei lavoratori, l’ossessione per la riduzione del costo del lavoro, non sono altro che strumenti per proseguire questa polarizzazione e costruire una società sempre più diseguale.

Al di là delle chiacchiere vuote su qualche zero virgola di “ripresa”, deve essere chiaro che questo è esattamente il prodotto consapevole e perseguito dell’attuale forma di produzione, così come dobbiamo essere coscienti della irriformabilità di questo modello produttivo.

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perUnaltracittà

All'opposizione in Consiglio comunale a Firenze dal 2004 al 2014, la lista di cittadinanza perUnaltracittà è poi diventata laboratorio politico per partecipare alle vertenze sul territorio e dare voce alle realtà di movimento anche attraverso la rivista La Città invisibile.

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