L’insipienza delle amministrazioni comunali che si sono succedute in questi anni, assecondata dalla Regione e dall’ASL, ha trasformato le potenzialità culturali e paesaggistiche del complesso storico-architettonico delle Ville Sbertoli in un tormento per la città, soprattutto per coloro che vivono nei suoi dintorni e che lamentano il grave e pericoloso stato di abbandono.
Sarebbe interessante ricostruire tutte le tappe di questa deriva, delineandone i passaggi e le responsabilità.
Preferiamo partire dal fondo, l’Accordo di Programma dello scorso novembre con il quale Comune di Pistoia, Regione e ASL, decretando la propria incapacità di gestire i beni pubblici, dichiarano la messa in vendita dell’intero complesso, prevedendo anche la costruzione di una cinquantina di residenze che non hanno alcun carattere sociale e la chiusura al pubblico dei giardini storici di pertinenza delle Ville.
Di fatto alla città viene sottratto un bene collettivo proprio ad opera di coloro, gli amministratori pubblici, che non ne sono i proprietari, ma appunto, solo gli amministratori e il cui compito dovrebbe essere quello di gestire con la cosiddetta “diligenza del buon padre di famiglia”, un patrimonio la cui titolarità è dei cittadini e che questi vorrebbero vedere ben diretto proprio nell’interesse della collettività.
Con questo accordo è violentato anche il carattere storico e simbolico delle Ville Sbertoli, intorno al quale si riconosce la comunità locale. È una parte importante della storia della città, dell’evoluzione dell’assistenza neuropsichiatrica significativa a livello nazionale che viene irrimediabilmente depauperata proprio da coloro che i cittadini hanno delegato a esserne i custodi.
Anni fa il comune ha speso più di 100.000 euro per realizzare una consultazione in cui chiedeva ai cittadini a cosa volessero destinare le Ville Sbertoli. Fu raccomandato di mantenere la proprietà pubblica di tutto il complesso e furono individuate funzioni socio – sanitarie possibilmente gestite da associazioni del Terzo Settore, strutture e servizi culturali (centro di documentazione sul disagio mentale, centro di produzione multimediale, teatro, spazi per la creatività e l’espressività, art brut), centro di formazione (alta formazione e formazione degli adulti, educazione informale e del “fare”), luogo per lo svago e per il tempo libero (parco, ristoranti, bar e proposte che favoriscano l’integrazione e l’intergenerazionalità, no a sale giochi e a parco divertimenti), funzione turistico-ricettiva: esclusa l’idea di un grande albergo, sì a un centro congressi anche con foresteria e ostelli, terzo settore: affidare spazi e funzioni a soggetti del terzo settore che abbiano competenze specifiche per svolgerle.
Tra il 2011 e il 2012 le Ville Sbertoli sono al centro di un percorso di riappropriazione degli spazi pubblici abbandonati e di progettazione dal basso che vede tanti protagonisti all’opera, tra i quali il Gruppo Informale Lo Sbertoliano, il Collettivo dello Slebest, gli Abitanti a Piede Libero, l’UltimoTeatro & LabAct Incursioni Urbane insieme con gruppi musicali e di letture poetiche, interventi di psichiatri e tanti altri.
“Folle merenda contro l’abbandono”, “Una meraviglia dimenticata”, “Riapriteci il manicomio” sono denominati gli incontri con i quali si propone di destinare le Ville Sbertoli a “progetti di interesse comune per diventare un luogo di lavoro, di salute e di educazione per i cittadini”. Si va dagli orti comuni biologici al parco della biodiversità, alla “Casa delle arti”, al Museo della Follia e della Memoria, foresteria, polo per il recupero delle fragilità sociali, e tanto altro. Da sottolineare che si trattava, e tuttora si tratta di proposte che non richiedono ingenti investimenti economici.
E l’amministrazione comunale cosa fa? Il successivo Regolamento Urbanistico tradisce lo spirito di questa straordinaria mobilitazione, inserendo tra le previsioni “una struttura ricettiva di tipo alberghiero”, espressamente esclusa dalla progettazione condivisa con i cittadini.
Oggi siamo alla svendita e a quell’accordo che è anche in contrasto con il Piano Strutturale della città che inserisce le Ville Sbertoli nel “sub-sistema dei capisaldi delle attrezzature di interesse generale”. In particolare viene precisato che “il riuso del complesso dovrà tendere alla valorizzazione del bene destinandolo a funzioni che privilegino l’interesse generale e compatibili con la tutela dei valori prescritti”.
A questo punto ci chiediamo se la previsione dell’albergo, dei 50 alloggi, della vendita dell’intero complesso rispecchino l’interesse generale e se siano compatibili con la tutela dei valori ambientali e storici di questi beni.
Riteniamo che oggi sia urgente bloccare al più presto la vendita e lo smembramento dell’ex ospedale psichiatrico e definire, anche mediante un concorso per giovani progettisti, un recupero compatibile con gli interessi generali della collettività.
Le funzioni, in maniera partecipata, possono e debbono essere aggiornate e arricchite. Una volta stabilito il quadro complessivo dell’intervento, queste potrebbero essere gestite anche da privati, con finalità economicamente significative ma di certo non speculative.
*Antonio Fiorentin
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