Zara come Bekaert: e i lavoratori si uniscono nella lotta

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Ogni delocalizzazione, ogni licenziamento collettivo, ogni chiusura e ogni gesto giustificato solo dall’obiettivo di incrementare il profitto padronale è uno strappo, ogni vertenza il tentativo di metterci una toppa. Un rimedio per il danno fatto da un padrone e da un sistema politico complice. Da una parte un taglio che stralcia ogni legittima certezza e che spezza le prospettive di vita di lavoratori e lavoratrici, delle loro famiglie e persino del tessuto sociale che vive intorno a una fabbrica o un magazzino, dall’altra la determinazione di una collettività che resiste.

Cucire una toppa è necessario, è un gesto immediato, esprime una volontà condivisa di riprendere il controllo sul proprio destino e segue una presa di coscienza della propria condizione e della propria dignità. Ogni lotta contro una chiusura, contro una delocalizzazione o persino contro un singolo licenziamento è un gesto collettivo, che si fa per disperazione, ma che solo di disperazione non vivrebbe, si nutre del senso di appartenenza, del bisogno di umanità e di condivisione e dello spirito di solidarietà, che non è solo “un’utopia necessaria”, ma un fatto concreto, un sentimento vivo dentro ognuno di noi, che aspetta solo di essere risvegliato.

Siamo anche noi ogni singola toppa, siamo i fili che la tengono insieme e siamo il filo che la tiene ferma sullo strappo. Ma vogliamo andare oltre, sappiamo che è necessario. Ogni singola toppa, ogni singola lotta, la guardiamo da dentro e la guardiamo dall’alto, cerchiamo di metterla in un contesto più ampio, e ci accorgiamo che se solo si riuscisse a unire tutte quelle toppe fatte di lavoratori e lavoratrici, che hanno deciso di alzare la testa e rispondere all’attacco padronale aprendo una vertenza perché hanno preso coscienza del loro valore e del valore dell’azione collettiva, non ci limiteremmo più a raccomodare il singolo strappo, ma si cucirebbe insieme un meraviglioso tessuto, enorme e indistruttibile, si darebbe vita a un tessuto sociale in grado di soddisfare le istanze della classe lavoratrice.

Ci insegna anche questo l’incontro tra la grande avventura di resistenza dei lavoratori Bekaert, ancora in corso, e la lotta determinata dei magazzinieri di Zara.

Pochi giorni fa, 39 lavoratori del magazzino #Zara di Reggello, organizzati con il #SI Cobas Firenze, hanno avviato l’occupazione della fabbrica, per opporsi al pretestuoso spostamento del magazzino, altri magazzini e in altri sub-subappalti, penalizzando Reggello fino a prospettarne la chiusura. Decisione presa affrettatamente dalla multinazionale spagnola guidata da Ortega, ovvero uno degli uomini più ricchi al mondo (facile se non si rispettano neanche i contratti collettivi).

E’ evidente che si tratti di una vera e propria ritorsione contro i lavoratori di Reggello. Difatti, una serie di scioperi e mobilitazioni sindacali iniziate ad aprile avevano, da poco, obbligato Zara a restituire ai lavoratori i soldi sottratti negli anni, l’applicazione del CCNL con il riconoscimento dei giusti livelli di inquadramento, degli scatti di anzianità e dei ticket mensa, oltre che turni più “umani”. Nient’altro, insomma, che il riconoscimento dei diritti dei lavoratori.

La vicenda ha analogie evidenti con quella dei lavoratori #Bekaert. Difatti, la storia si ripete: una multinazionale che gode di libertà economica incontrollata decide di chiudere uno stabilimento per sfruttare salari più bassi e sistemi contrattuali a lei più favorevoli. Ma la storia si ripete anche tra i nostri: lavoratori determinati a lottare fino alla fine.

Intorno alla vicenda Bekaert si sollevò un grande movimento di solidarietà: 5.000 persone in corteo a Figline, poi il presidio estivo davanti alla fabbrica, e il fiorire di striscioni sui balconi, che esponevano a chiare lettera la significativa scritta “I lavoratori Bekaert sono io”. Grazie anche a quella solidarietà i lavoratori sono riusciti a costringere la multinazionale belga a scendere a patti (facendole sganciare un po’ di soldini e aprendo una trattativa per la reindustrializzazione) e a ottenere la – seppur temporanea – reintroduzione della cassa integrazione per cessazione di attività.

Ebbene, memori di quanto l’abbraccio del territorio sia stato importante, un gruppo di cassaintegrati Bekaert ha portato la solidarietà ai lavoratori Zara, senza dare peso al settore produttivo in cui operano, alle storie che si portano dietro, al colore della pelle o alla tessera sindacale che quei lavoratori avevano in tasca.

Un episodio significativo di lotte che fioriscono e si coalizzano. Di toppe che si creano e si uniscono a formare un vero e proprio tessuto sociale fatto di nostri.

E visto che il Carnevale si avvicina, ci viene da pensare ad Arlecchino e al sorriso che esplose sulle sue labbra quando gli fu dato il vestito per la festa. Allo stesso modo, un sorriso esploderà sui volti di ognuno di noi, quando avremo intessuto le toppe, le avremo cucite insieme e avremo ridato vita a una società in cui noi, lavoratori e lavoratrici, non saremo risorse produttive, ma uomini e donne con necessità, dignità e diritti.

Intanto, solidarietà ai lavoratori Zara, non vi lasciamo soli!

Sabato 16 febbraio partecipiamo ai volantinaggi in solidarietà con i lavoratori di Zara.

*Potere al Popolo – Firenze

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