Turismo e Coronavirus, qual è la malattia che uccide la città?

La monocoltura turistica cui Firenze e la Toscana si sono affidate sta mostrando tutta la sua fragilità. L’epidemia da Coronavirus sta causando una valanga di disdette delle prenotazioni e degli arrivi negli alberghi, nei B&B, negli appartamenti di Airbnb e dintorni. Non sono solo i cinesi a rinunciare alle vacanze toscane ma anche quelli provenienti da altri stati. La psicosi è globale: “È peggio della guerra e degli attentati terroristici, che localizzano l’allarme in aree ben definite del globo. Qui la paura è globale”. Si contano già i milioni di euro che mancano all’appello, le centinaia di migliaia di turisti rimasti a casa o in viaggio verso altri lidi. Operatori economici, imprenditori e ceto politico sono in allarme, vorrebbero correre ai ripari, ma presi alla sprovvista, non sanno che fare.

Come al solito saranno richiesti interventi pubblici straordinari a sostegno dell’economia turistica, ossia toccherà alla fiscalità generale, cioè a tutti noi, rimediare i danni che l’ottusità di imprenditori e politici ha contribuito a determinare.

Lo abbiamo ripetuto molte volte in questi anni, la saturazione turistica di Firenze e della Toscana, la monocoltura economica del turismo, l’aver concentrato sulla rendita turistica gran parte delle potenzialità di sviluppo delle nostre aree, è stato un grave errore che saremo costretti a pagare caro. Non vogliamo fare le Cassandre, ma i fatti di questi giorni sono lì a dimostrarlo.

L’overtourism ammazza le città e i loro ambienti di vita, impedisce una diversificazione delle prospettive economiche, avvelena ambienti fisici e mentali, rende fragili i sistemi territoriali ed economici che ad esso, stupidamente, si affidano.

L’attuale crisi sanitaria, che sembra essere ben gestita, getta nel panico Firenze e la Toscana, e a farne le spese saranno i soliti poveri, i soliti precari, i soliti lavoratori sfruttati dalle solite imprese, dalle holding del lusso che non hanno nulla da perdere, tanto giocano su di uno scacchiere planetario su cui spostare i loro interessi.

Intanto, lasciano sul territorio le macerie della rendita turistica ed immobiliare senza precedenti.

Non vogliamo essere dei menagramo, ma dobbiamo convincerci che l’equilibrio del pianeta sta cambiando a causa di un sistema economico vorace e distruttivo delle risorse ambientali e umane. Crisi generali di questo tipo è possibile che diverranno più frequenti e inaspettate.

Cosa fare? Dobbiamo stare qui ad aspettare la prossima crisi e la lenta agonia della monocoltura turistica di Firenze e della Toscana?

Intanto sarebbe importante indicare le responsabilità economiche e politiche di questa deriva, neutralizzando politicamente i soggetti che con ostinazione hanno da sempre celebrato i fasti, secondo noi caduchi, dell’industria turistica della città.

Non solo, i vari comitati, associazioni, gruppi di cittadini, lavoratori precari, ossia tutti gli esclusi che in questi anni hanno dimostrato una straordinaria capacità non solo di resistenza ma anche propositiva sulle sorti del proprio ambiente di vita, potrebbero dare vita a comitati di quartiere, almeno uno per ogni quartiere della città, sulla scia dell’esperienza del dopo alluvione del ’66, e provare a bonificare la città dalla saturazione turistica imperante, a riappropriarsi dei propri luoghi e dei propri ambienti di vita. E diffondere una cultura e una politica alternativa al sistema che ci governa, per far rinascere una città che la cattiva politica e la miseria degli operatori economici ha consegnato nelle mani di un’industria turistica soffocante e letale.

*Antonio Fiorentino