Fa male, commentare la sentenza di appello del processo per la morte di Stefano Cucchi.
Fa male rivedere le lacrime e lo sgomento di una famiglia a cui è stato ucciso un figlio, un fratello, mentre era nelle mani dello Stato, quando quello Stato dice loro che non è successo niente, o che qualcosa sarà successo ma non si sa né chi né come, e allora nessuno paga. Solo Stefano, che ha pagato con la vita il solo fatto di essere stato considerato, da chi indossava – e tuttora indossa – una divisa, marginale: una piccola storia di droga e la tua vita è uno sbaglio, un rifiuto. Che si può pestare e buttare via.
Fa male per l’ennesima volta vedere lo Stato che prima uccide, e poi si assolve, e assolve tutti quelli che in suo nome pestano, soffocano, sparano. E che regolarmente restano per le strade con la stessa divisa e le stesse armi.
Ma se la farsa andata in scena al tribunale di Roma ci indica uno sconfitto, questo non è la famiglia Cucchi, con la sua battaglia di dignità per la verità e la giustizia, la solidarietà che sta crescendo, e la consapevolezza sempre più diffusa di quanto siano “normali” certi comportamenti delle forze dell’ordine.
Certo, l’imputato che l’altro giorno alla lettura della sentenza ha mostrato il dito medio alla famiglia Cucchi, nella sua pochezza umana penserà di aver vinto. Ma non è così. Ha perso uno Stato che addestra, tollera e protegge assassini e torturatori con indosso le sue divise. Che manda quelle divise a bastonare lavoratori licenziati dalla voracità del capitale, studenti che chiedono una scuola e un futuro degni, uomini e donne che hanno avuto la ventura di nascere in un altrove che il ricco occidente quotidianamente saccheggia.
Ha perso uno Stato che dimostra sempre più duramente che gli unici interessi che difende sono quelli del grande capitale e delle cricche politiche ai loro servigi, e lo fa attraverso la sistematica affermazione di impunità e di autoassoluzione preventiva, nello scontro quotidiano con chi non si adegua all’unico modello valido: quello dell’obbediente a testa china che in silenzio si danna per far crescere il profitto di pochi.
Noi sappiamo chi è stato, Stefano vive, i morti siete voi.
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Maurizio De Zordo
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