Con lo Sblocca Italia, Matteo Renzi getta la maschera: senza la possibilità di rimettersela. Perché con questa legge, andata in vigore nel novembre scorso, «un altro provvedimento eversivo, dopo i molti emanati dal governo Berlusconi, è venuto a sconvolgere l’ordine giuridico della Repubblica italiana: il decreto legge “sblocca Italia” (convertito con legge dell’11 novembre 2014, n. 164), che, per aiutare la speculazione immobiliare e finanziaria, non esita a violare persino i diritti fondamentali di tutti alla salute ed all’integrità personale» (così Paolo Maddalena, ex vicepresidente della Corte Costituzionale).
La cosa che colpisce di più è che è una legge ‘vecchia’: una legge che poteva scriverla uno nato negli anni Trenta, non alla metà dei Settanta come il nostro ipergiovanilistico premier. Lo ha scritto benissimo Carlin Petrini: « Questo Decreto Sblocca Italia è così surreale e fuori dal tempo e dal luogo in cui ci troviamo a vivere, che è quasi impossibile scacciare il pensiero che a scriverlo non sia stato l’uomo della rottamazione (che però, siamo sicuri, lo ha battezzato), ma un manipolo di lobbisti disperati: quasi il risultato della clonazione del primo Tremonti, che favorì il pullulare dei capannoni oggi miseramente vuoti e abbandonati, ovunque».
Lo Sblocca Italia è stato scritto da qualcuno che crede che il progresso sia sinonimo di sviluppo, e che lo sviluppo sia sinonimo di cemento, che il cemento sia sinonimo di denaro. E che quel denaro debba uscire dalle casse pubbliche per entrare in tasche private, in cambio di Grandi Opere inutili, e anzi devastanti per il territorio.
Come la Orte Mestre: 400 km di asfalto tra parchi nazionali e paesaggi (ancora) intatti, un mostro che servirebbe solo a foraggiare una società presieduta da un compagno di partito del ministro Lupi, che firma la legge. Due miliardi e mezzo sui quattro ‘sbloccati’ dalla legge sono per la Orte Mestre. Mentre per il ‘restauro’ del territorio ci sono 101 milioni. E ti chiedi con che faccia Renzi e i suoi andranno ai funerali delle prossime vittime da dissesto idrogeologico.
E non finisce qua: lo Sblocca Italia sblocca trivellazioni petrolifere a gogo, decreta l’inceneritore libero, mette il turbo alle alienazioni del patrimonio immobiliare pubblico. E, soprattutto, invece che riformare le norme che non funzionano (che sono tante), preferisce aggirarle con una serie di trappoloni giuridici che avranno l’unico scopo di creare corruzione, come ha detto la Banca d’Italia alle audizioni parlamentari che hanno preceduto l’inesorabile approvazione della legge, fatta a colpi di fiducia.
Nello Sblocca Italia il motto del ventennio berlusconiano – ‘padroni in casa propria’ – è stato applicato nel modo più radicale e devastante: fino a distruggere la casa stessa. E infatti il sinonimo perfetto di Sblocca Italia è ‘irresponsabilità’: l’idea bestiale che non importa chi sarà a pagare il conto. Anche se saranno i nostri figli: anzi noi stessi, solo qualche anno – o qualche temporale – dopo. E non siamo usciti da questa storia: basta vedere quante resistenze, e quanto violente, sta incontrando l’ottimo Piano Paesaggistico della Regione Toscana, finalmente vicino al varo.
Vezio De Lucia ha spiegato (Nella Città dolente, 2013) che la storia del cemento cominciò davvero quando la Democrazia Cristiana rinnegò Fiorentino Sullo e la sua ottima legge urbanistica, che ci avrebbe lasciato un’Italia diversa. Era il 1963: cinquant’anni dopo il governo di Matteo Renzi fa lo stesso errore, approvando lo Sblocca Italia di Maurizio Lupi, che è una legge fatta per portare a compimento la negrarizzazione dell’Italia. Una legge che bisognerebbe avere il coraggio di ripensare radicalmente anche se è appena uscita
sulla Gazzetta Ufficiale. Anzi, una legge che bisognerebbe avere il coraggio di rottamare.
*Tomaso Montanari, docente di Storia dell’arte moderna all’Università di Napoli, editorialista e blogger.
Tomaso Montanari
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