“Nella prospettiva del parco, l’aeroporto, con i suoi circa 120 ettari di superficie e uno sviluppo dell’area recintata che in direzione della pista raggiunge i 1.900 m, rappresenta una cesura territoriale che taglia definitivamente ogni relazione diretta tra Firenze e la “sua” piana. Non è comunque l’unica.
Prima ancora dell’aeroporto, l’intero margine occidentale tra la città e le aree non ancora urbanizzate è infatti definito da una duplice barriera, costituita, come abbiamo visto, dalla ferrovia (che nel tratto compreso fra i bivi Castello e Olmatello ha una larghezza media di ca. 35 m) – e dal Viale XI agosto, l’unico tracciato di tangenziale a sei corsie realizzato intorno a Firenze dal piano Detti (21 m ca., da banchina a banchina); la striscia intermedia – ca. 60 m – è attualmente occupata da un deposito di autobus e da un campo nomadi.
Ai due estremi, dove si trovano gli unici punti di attraversamento, questo corridoio di oltre 110 m si allarga ulteriormente, inglobando a nord il bivio ferroviario “Castello” (al cui interno è stata predisposta la fermata “Perfetti Ricasoli” per il futuro servizio ferroviario metropolitano) e a sud lo svincolo di Peretola; ad esso si appoggiano sui due lati estese aree a destinazione speciale che costituiscono a loro volta delle enclave impenetrabili: dalla parte di Firenze, le aree Mercafir e nuovo Pignone; sul lato esterno, la “cittadella dei Carabinieri” in via di costruzione, primo stralcio, per altro progettato in modo completamente avulso dal contesto, degli interventi di trasformazione urbanistica dell’area compresa tra il Viale XI agosto e l’aeroporto (PUE di Castello – v. Scenario 0) e che interessano l’ultimo lembo di territorio non ancora urbanizzato del comune di Firenze a diretto contatto, attraverso un esiguo passaggio a monte del recinto aeroportuale, con i terreni ancora liberi in comune di Sesto Fiorentino… Di fatto le uniche situazioni in cui le relazioni città-territorio, ancorché indebolite dall’avanzare dell’edificato, non risultano ad oggi compromesse in modo grave sono quelle a sud di Sesto Fiorentino e intorno a Campi Bisenzio (a sud e a ovest)”.
Così l’IRPET in un documento del dicembre 2010 intitolato Effetti territoriali degli scenari di trasformazione della Piana fiorentina. Valutazione integrata degli effetti attesi sulla dimensione territoriale, uno dei documenti allegati alla Variante al PIT votato dal consiglio regionale nel luglio 2014. Per IRPET, l’aeroporto va contro le logiche della città metropolitana, in quanto la separa e la disunisce.
Da quando ENAC ritenne che l’unico orientamento possibile della pista fosse il 12-30, fu chiaro che la nuova pista sarebbe andata ad impattare sul sistema che ha messo in sicurezza idro-geologica la piana. In particolare, la nuova pista andava in impatto diretto con il collettore delle acque alte, il cosiddetto Fosso Reale, e con quello delle acque basse. Per il primo impatto, occorreva costruire un nuovo collettore che circumnavigasse la pista. Per incredibile che possa sembrare, il disegno di questo nuovo collettore non fu realizzato da ingegneri idraulici, ma da ENAC. Il nuovo corso del Fosso Reale prevedeva argini alti almeno 4-5 metri (ma in alcuni punti fino a 8) e cancellava i SIR, ossia quegli ambienti umidi che sono l’ultimo residuo della vecchia pianura alluvionale e in cui si trovano specie vegetali e animali che altrimenti scomparirebbero dal nostro territorio.
In più, la Regione era ben cosciente (p. 157 del Rapporto Ambientale) dell’inquinamento delle falde a causa dei residui di gomma e dei carburanti rilasciati sulla pista che poi le piogge dilavano nel terreno, e della manutenzione dei mezzi meccanici. Che insomma la nuova pista profilasse un disastro ambientale, come peraltro già mostrava l’esempio di Malpensa, la Regione lo sapeva, come provano i documenti della Variante al PIT. Che fosse anche un disastro trasportistico, invece, lo sospettava mostrandosi consapevole del fatto che la nuova infrastruttura avrebbe avuto un impatto enorme su tutta la viabilità della zona.
Tutte le strade che attraverseranno il nuovo Fosso Reale, infatti, dovranno essere rialzate nella livelletta per tutta l’altezza degli argini. L’intervento è particolarmente oneroso per il ponte su cui l’A11 attraversa l’attuale Fosso Reale, e che andrà completamente rifatto. Quindi la viabilità della zona deve essere rifatta tutta. Però, per incredibile che possa sembrare, la Variante al PIT è stata approvata dalla Regione in mancanza di una stima seria di fattibilità e di spesa su questi interventi. Lo rivelò nell’audizione di fronte alla VI commissione regionale il presidente del consorzio di bonifica, sentito il 2 luglio 2013, il quale rivelò che per tutti i lavori propedeutici allo spostamento del Fosso Reale non esisteva né uno studio di fattibilità né una stima dei costi.
In altri termini, la Regione, che è l’organo pianificatorio, ha approvato un’infrastruttura senza sapere se i lavori che essa comporta siano fattibili o no, e senza preoccuparsi degli effetti su ambiente, popolazione e viabilità. La decisione appare particolarmente grave per quanto riguarda le strade che saranno cancellate, in primo luogo via dell’Osmannoro, che l’unica strada di accesso al Polo scientifico universitario. Ma forse è inutile preoccuparsi di quest’ultimo aspetto, visto che la prevista pista di 2.000 metri va a impattare direttamente verso l’area di laminazione (i cui lavori sono già stati avviati) destinata a mettere in sicurezza il Polo stesso.
Senza tale opera, che si può realizzare solo lì, e non si può ovviamente spostare, il Polo resta sempre a rischio. Questo per dire come è stata realizzata la pianificazione in tema di Variante al PIT; senza tenere conto delle realizzazioni precedenti, che a questo punto sono decisamente a rischio (in particolare il Polo scientifico). Ogni opera viene valutata a sé, e si cerca di realizzarla sulla scorta di vaghi progetti. Di qui la scelta nel titolo della metafora del pachiderma; il nuovo aeroporto può essere paragonato a Godzilla che si fa una passeggiata nella piana, travolgendo oasi ambientali, travolgendo infrastrutture già esistenti, travolgendo operazioni strategiche precedenti come il Polo scientifico, travolgendo tutto.
Tutto deve essere spostato se possibile, rifatto o abbandonato, purché l’aeroporto si faccia, e si faccia in fretta; laddove nel 2010 il consorzio di bonifica stimava che solo le opere propedeutiche avrebbe richiesto almeno 7-10 anni, qui si vorrebbe far partire i cantieri a agosto di quest’anno. E questo travolgimento almeno fosse basato su una pianificazione attenta e non approssimativa. Ma ecco che cosa ebbe a dire l’ordine degli ingegneri di Prato a pagina 8 delle sue osservazioni alla Variante al PIT del 24 luglio 2013: “Il corredo tecnico alla variante aeroportuale appare decisamente carente ed incoerente” con gli obiettivi fissati dalla regione, in quanto “la valutazione dell’impatto di una infrastruttura così ingombrante e condizionante… appare assente dagli elaborati”. L’ordine invocava “analisi serie, progetti, tempi, costi e soggetti attuatori, altrimenti si tradiscono le prescrizioni fondamentali contenute nello strumento di pianificazione regionale”.
Che la Regione avesse abdicato a una pianificazione razionale, come suggeriva l’ordine pratese degli ingegneri, ce n’è un altro indizio. Uno degli obiettivi primari annunciati dalla Regione nella Variante al Pit era l’integrazione degli aeroporti di Firenze e Pisa. Almeno tale obiettivo era rivendicato nel parere del NURV (determina 2/2014, pp. 5-6), ove si ricorda che “l’obiettivo di qualificazione dell’aeroporto di Firenze risponde all’esigenza di garantire una migliore funzionalità e operatività dello scalo toscano e una sua migliore integrazione con l’offerta aeroportuale toscana e quindi con l’aeroporto di Pisa, che sia compatibile con il tessuto territoriale ed ambientale di riferimento. Risulta evidente che essendo stato definito il parco agricolo elemento ordinatore di tutte le politiche… l’adeguamento dell’infrastruttura aeroportuale deve avvenire in coerenza e nel rispetto di tale assunto”. Come? “Attraverso la specializzazione delle funzioni [di Pisa] come aeroporto di eccellenza internazionale e di Firenze come city airport”. Sul rispetto del tessuto territoriale che la regione cianciava di avere assunto come tale obiettivo, si è già visto; veniamo alla faccenda dell’integrazione.
Per essa, la Variante al PIT conteneva un apposito allegato, l’Allegato a.1.7, che comprende tre documenti dedicati alle opere per il miglioramento della mobilità collettiva. Di questi documenti, uno è rappresentato da uno studio del Comune di Firenze sulla realizzazione della tranvia; il secondo da una carta dei trasporti; il terzo da un documento intitolato Interventi di miglioramento della mobilità collettiva. Il documento comprende 37 pagine, e di queste 1 sola è dedicata ai mezzi di integrazione tra i due aeroporti. Sono citate tre misure:
- realizzazione della tranvia linea 2;
- potenziamento dei servizi ferroviari tra FI e PI;
- realizzazione del people mover a Pisa.
Se però si entra nello specifico del potenziamento ferroviario, nel documento si trova solo quanto segue:
- aumento di 6 coppie di treni veloci sulla tratta FI-PO a partire da dicembre 2010;
- aumento di 2 coppie di tremi sulla tratta FI-AR;
- aumento di una coppia sulla tratta FI-SI.
Non è possibile realizzare maggiori servizi, in quanto la stazione di Santa Maria Novella, secondo il documento, è già satura a causa dell’entrata dei treni AV (quindi anche le coppie FI-PO vanno a Rifredi con cambio). E il potenziamento FI-PI? Non se ne fa cenno. Al contrario, come opere di miglioramento della mobilità collettiva vengono citate la Bretella autostradale Signa-Prato e la riduzione della velocità a 100 km sul tratto autostradale fiorentino; e c’era già un’ipotesi di collegamento tramviario con Campi che però non teneva minimamente conto del cambio di livelletta dovuta alla realizzazione del nuovo Fosso Reale.
Che concludere di fronte a tutto questo? La deduzione di tradimento della funzione pianificatrice da parte della regione operata dall’ordine pratese degli ingegneri sembra corretta e sensata; la Variante al PIT non ha allegato alcuna analisi seria, alcuno studio sensato, alcuna valutazione precisa; e tuttavia è stata approvata. La ratio dell’approvazione non sembra obbedire ad alcuna logica se non puramente politica degli interessi dell’amministrazione. A meno che la regione non si sia spogliata fin dall’inizio della sua funzione di pianificatore pubblico perché già si sapeva che l’integrazione tra FI e PI sarebbe stata compiuta da un privato. Pochi mesi dopo la presentazione delle osservazioni degli ingegneri di Prato, compariva all’orizzonte Corporacion America, a cui la Regione metteva in mano il sistema aeroportuale toscano. A prezzo vile.
Paolo Lombardi è attivo in Mente locale della Piana
[Questo intervento è stato presentato al convegno organizzato il 7 marzo e intitolato “Dalle Grandi Opere Inutili alla mobilità sostenibile nell’area Fiorentina” , Firenze, Auditorium di Sant’ Apollonia].
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