Vita brevis, La lettera d’amore di Floria Emilia a sant’Agostino.
Di solito segnaliamo testi di recente pubblicazione, ma questa volta vogliamo parlare di un romanzo pubblicato oltre 15 anni fa (riedito comunque nel 2014). Si tratta di “Vita brevis” di Jostein Gaarder, autore del best seller “Il mondo di Sofia” che lo ha reso famoso. L’abbiamo scoperto soltanto l’anno scorso e l’abbiamo regalato e consigliato a tutti gli amici ed in particolare alle amiche. All’origine del racconto c’è il ritrovamento in una piccola libreria antiquaria di Buenos Aires di un manoscritto in latino il cui testo iniziale recitava così: FLORIA EMILIA AURELIO AGOSTINO EPISCOPO HIPPONIENSIS SALUTEM (Floria Emilia saluta Aurelio Agostino vescovo d’Ippona). Si doveva trattare dunque di una lettera, anche se di lunghezza non comune, che una certa Floria aveva indirizzato al teologo e padre della chiesa Agostino d’Ippona (Sant’Agostino). Il nostro autore, dopo aver accertato l’autenticità del manoscritto (ovviamente nella finzione letteraria), ne fornisce una traduzione con adattamento alla lingua moderna. È questo il corpo del romanzo che occupa le pagine dispari (fronte), mentre quelle pari (retro) sono riservate a riportare le note e le citazioni dalle “Confessioni” di Agostino che sono in relazione al testo della pagina a fronte. Ne deriva che le 168 pagine dell’edizione TEA che abbiamo a disposizione si riducono a poco più della metà e, considerando che sono stampate in corpo 14, fanno sì che il libro ci possa restituire un paio d’ore di piacevolissima lettura.
Floria Emilia era la concubina di Agostino che lui stesso dice di aver dovuto allontanare in seguito alle sue scelte di astinenza sessuale. A questo punto potranno essere utili alcune informazioni biografiche su Agostino stesso. Nasce a Tagaste in Numidia (oggi Souk Aharas, Algeria) il 13 novembre 354, di etnia berbera ma di cultura ellenistico-romana, da una famiglia non ricca ma ben radicata nel tessuto sociale locale (il padre è un curiales, una specie cioè di consigliere municipale). La madre Monica, cristiana, porterà alla conversione al cristianesimo del padre di origini pagane e, come si vedrà nello svolgersi del racconto, avrà un’influenza non indifferente sulle scelte di Agostino ed in particolare su quelle che riguarderanno il suo rapporto appunto con Flora, sempre da lei osteggiato. Agostino si dimostrò così brillante negli studi che il padre decise di farglieli proseguire a Cartagine. Qui trovò un ambiente completamente diverso dalla provincia dalla quale proveniva, con una città metà della quale di religione pagana e con un rapporto con gli altri studenti che aprì al giovane Agostino la vista su comportamenti licenziosi tipici di quell’età e di quella condizione. Di natura competitiva, anche in essi egli si misurò con il massimo impegno. Di questi anni l’inizio della relazione con Floria che durò per altri 15 e dalla quale ebbero il figlio Adeodato (dono di dio) (372) che, pari ai genitori, si dimostrò di intelligenza non comune: «La grandezza della sua mente mi riempì di una sorta di terrore» dichiarò una volta Agostino (De beata vita, c. VI). Adeodato morì nel 388 a soli 16 anni, un paio di anni dopo la separazione dei genitori.
Nel racconto di Gaarder la lettera di Floria Emilia corrisponde a una sua reazione alla lettura del testo delle “Confessioni” che il sacerdote del monastero dove ella viveva, le aveva suggerito in quanto lettura edificante. Qui si scontrano le considerazioni e le valutazioni che Floria contrappone alle memorie dei fatti vissuti insieme e raccontati nelle “Confessioni” da Agostino. In esse il padre della chiesa non fa mai il nome della sua passata concubina, anche se confessa il dolore della separazione: «E quando mi fu strappata dal fianco la donna con la quale ero solito andare a letto, dovettero tagliarmi via il pezzo di cuore che le era attaccato: e la ferita sanguinò molto» (Conf. VI, 15.). Successivamente quando Agostino fa riferimento ai fatti inerenti il suo rapporta con la donna con la quale aveva avuto un figlio, parla sempre in termini di peccato, cosa che provoca la reazione di Floria e questa reazione è di un ordine particolare; ricorda il coinvolgimento reciproco, la passione e le energie consumate in quel rapporto, i sogni, i progetti, le azioni condivise. Il piacere, la gioia, i piccoli dolori insiti in una relazione dove lei, come anche il figlio, erano complici e fattivi contributori anche alle riflessioni filosofiche e religiose che Agostino, o meglio i tre, andavano sviluppando. Vita brevis, il titolo del romanzo, vorrebbe forse suggerire una considerazione in uso proverbiale e cioè che la vita è così breve che andrebbe vissuta con la massima intensità e partecipazione contrapponendosi così alla visione agostiniana che vuole sminuirne il senso in rapporto ad una vita extra mondana nella quale poter trovare il pieno appagamento. La stessa visione dell’amore risente di questa posizione. Per Agostino, amore è inclinare verso qualcosa. È la possibilità per l’uomo di entrare in possesso del desiderato. Ma, se così è, sempre per Agostino, a questa forma di appetito consegue un suo rovesciamento in paura della perdita. Essa «ha origine nel voler possedere e voler mantenere propri dell’appetitus. Nel momento del possesso, il desiderio si trasforma in paura [della possibile perdita]. Così come il desiderio desidera il bene, la paura teme il male. Il male, che la paura fugge, minaccia la vita felice consistente nel possesso del bene», dice Hannah Arendt.[1] Unica possibilità che all’amore corrisponda la felicità, è quella della grazia, del poter godere in eterno (senza paure di perdita) dell’amore divino. Ma il conflitto tra Agostino e Floria non si riduce soltanto a questa visione divergente. È l’impossibilità da parte di colei che ha vissuto un’esperienza di amore travolgente ad ascoltarne il racconto tramite la memoria apparentemente labile di colui che non si riconosce più in quegli atti. In conflitto sono la valutazione degli atti con una interprete degli stessi che li ricorda (forse li rivive), nella potenza del loro espletarsi. Se da una parte c’è una sublimazione se non una rimozione, dall’altra ci sono corpi, carne, sapori e odori divenuti indelebili proprio per il valore che riuscivano a esprimere. Da una parte una voce di donna, dall’altra un pensiero della trascendenza che nega l’esistenza dei corpi stessi e delle voci che potrebbero rivelarli. L’immanenza del corpo di una donna e la trascendenza di un cogito tutto maschile.
Una piccola chicca letteraria.
Jostein Gaarder, Vita brevis, Tea, Milano 2000 – 168 pagine – € 8.00.
[1] Hannah Arendt, Il concetto d’amore in Agostino, SE, Milano 2004, p. 24.
Gilberto Pierazzuoli
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