Rifiuti: note critiche su schema di decreto applicativo art. 35 c.d. “Sblocca-Italia”

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Lo schema di Decreto è costruito in modo da valutare le “necessità di ulteriore capacità di incenerimento” nelle diverse aree. Il documento presenta diversi errori, sia concettuali che fattuali.

A) sul piano generale (errore di impostazione concettuale): lo Schema di Decreto presuppone di volere rispondere alle criticità presenti sul territorio nazionale, onde evitare procedure di infrazione per mancato rispetto delle Direttive. Ci si riferisce, con ogni evidenza, alla Direttiva 99/31 sulle discariche, ed in particolare al mancato rispetto (in alcune parti del territorio nazionale) dell’obbligo di pretrattamento, sancito dall’art. 6, punto a) (“solo il rifiuto trattato viene collocato in discarica”, obbligo poi ripreso dal Dlgs. 36/03 di recepimento della Direttiva).

images (1)Il problema è che lo Schema di Decreto assume che tale obbligo vada rispettato mediante sistemi di trattamento termico, e che il rifiuto urbano residuo (RUR) debba dunque passare attraverso sistemi di incenerimento (o co-incenerimento): questo non è condivisibile, né corretto, in quanto non c’è nulla che attesti un tale obbligo nelle Direttive UE, ed esistono invece altri sistemi di pretrattamento

B) nel merito tecnico (errori e distorsioni fattuali) tanti passaggi di calcolo sono errati, artificiosamente errati, ed al solo scopo strumentale di massimizzare il calcolo delle necessità di ulteriore incenerimento. Tra le distorsioni di calcolo ed assunti erronei fondamentali elenchiamo:

  • si assume il conseguimento del 65% di RD (e non un decimo di percentuale di più, come se tale livello fosse il livello massimo e non minimo di RD previsto dalle disposizioni nazionali; sappiamo invece che ulteriori scenari virtuosi e livelli incrementali di RD si aprono sempre, quando si consolidano schemi basati su RD porta a porta e tariffazione puntuale)
  • non si tiene conto di quei Piani Regionali che già da tempo prevedono comunque obiettivi di RD superiori, ed in certi casi (es. Veneto) marcatamente superiori al 65%: le Regioni verranno costrette a rivederli al ribasso?
  • non vengono minimamente considerati gli effetti quantitativi di programmi di prevenzione/riduzione del rifiuto (si assume solo una “invarianza del quantitativo di RU”), che sono però resi obbligatori dalla Direttiva 2008/98, art. 29 (la citazione delle Direttive da parte del documento è dunque decisamente sbilanciata, e l’impianto del documento stesso ci mette a rischio infrazione quando invece dichiara di volerle evitare), dallo stesso Programma Nazionale di Prevenzione dei Rifiuti, incluse le indicazioni fornite dal Comitato Tecnico Scientifico per l’attuazione del Programma Nazionale di Prevenzione
  • viene impropriamente computata una necessità di incenerimento del 10% dei materiali da raccolta differenziata, quando le percentuali di scarti, nei modelli domiciliari (quelli di riferimento per il conseguimento degli obiettivi nazionali di RD e soprattutto per quelli incrementali ora in discussione nell’ambito del dibattito su Economia Circolare a livello UE) sono inferiori, a volte marcatamente inferiori, non tutti gli scarti da attività di riciclaggio sono inceneribili (es. scarti da vetrerie), gran parte degli scarti inceneribili sono anche, in modo più coerente con le gerarchie UE, e con migliore profitto economico, riciclabili (es. plastiche eterogenee)
  • si assume una produzione del 65% di CSS dagli impianti di pretrattamento (dato artificiosamente al rialzo, rispetto alla realtà degli stessi impianti di preparazione CSS, che pure non rientrano nelle strategie che noi condividiamo)
  • pur non condividendo noi la strategia del co-incenerimento, occorre rilevare che gli stessi quantitativi avviati a co-incenerimento, che vanno dunque in detrazione al computo delle necessità complessive di incenerimento, sono largamente sottostimati, essendo basati sui dati 2013 che non tengono conto degli effetti incrementali determinati dal “Decreto Clini” nell’ultimo biennio
  • soprattutto, non si prevedono assolutamente scenari operativi alternativi, come gli impianti a freddo con recupero di materia (cosiddette “Fabbriche dei Materiali”) che non solo sono praticabili e praticati, anche per la riconversione di vecchi impianti di TMB (per i quali lo Schema di Decreto assume invece la continuazione della produzione di CSS), ma si stanno diffondendo nelle programmazioni locali in molte parti d’Italia in modo da rispondere da subito all’obbligo di pretrattamento, farlo secondo declinazioni virtuose e rispettose della primazia del recupero materia, farlo con minore impegno di risorse finanziarie per unità di capacità operativa installata (i costi di investimento specifici di tali impianti sono di 300-500 Euro/t.anno, contro 1000-1500 Euro/t.anno necessari per gli impianti di incenerimento) il che consente di riservare maggiori risorse alla attivazione dei sistemi di RD ed all’impiantistica dedicata al riciclo ed al compostaggio, mantenere flessibilità nel medio-lungo termine, grazie alla convertibilità di tali impianti a trattare materiali da RD, il che consente di accompagnare la crescita delle raccolte differenziate e la minimizzazione progressiva del RUR C).

C) infine, e questo è il maggiore difetto di analisi dello Schema di Decreto (errore di prospettiva), non si prendono neanche in minima considerazione gli scenari incrementali di recupero materia attualmente in discussione a livello UE, nel corso del dibattito sulla “Economia Circolare”; scenari che con ogni probabilità porteranno ad un aumento degli obiettivi di recupero materia (70% rispetto all’attuale 50%, assunto dallo Schema di Decreto). Evidentemente, la cosa non potrà coesistere con una situazione di infrastrutturazione “pesante”, come previsto dallo Schema di Decreto, mediante impianti che richiedono alimentazione con flussi di RUR garantiti per 20-30 anni. Questo sarebbe lo stesso errore fatto negli anni ’90 dai Danesi, che tuttavia se ne sono accorti e non a caso hanno adottato una strategia nazionale di gestione delle risorse che prevede ora una “exit strategy” dall’incenerimento al grido di “ricicliamo di più, inceneriamo di meno”.

Nota di Rilascio – 03/09/2015

Come esperti e ricercatori che agiscono in supporto alle campagne per una evoluzione virtuosa dei sistemi di gestione dei materiali post-consumo, secondo le direttrici di una strategia Rifiuti Zero ed in coerenza con la visione di una Economia Circolare, ci è stato chiesto di predisporre alcune note di valutazione critica dello Schema di Decreto applicativo dell’art.35 del cosiddetto “Sblocca-Italia”, fornendo al contempo evidenze e valutazioni sugli errori fattuali e concettuali dello stesso.

Questa nota è il prodotto delle riflessioni da noi condivise, e viene messa a disposizione di chi, decisore, attivista, amministratore, cittadino che ha a cuore il tema, intende informare in modo corretto il dibattito locale, e stimolare la formazione di posizioni istituzionali (a partire dalle Regioni, destinatarie della proposta di Decreto) avverse allo schema di Decreto, e concordi con i principi di sostenibilità e beneficio economico e sociale alle comunità locali.

Gli estensori della nota mettono a disposizione la stessa per tutte le azioni e valutazioni di conseguenza, e sono disponibili per gli eventuali approfondimenti.

Natale Belosi Coordinatore Scientifico Ecoistituto di Faenza
Agostino Di Ciaula Medico, Coordinatore Comitato Scientifico ISDE – Medici per l’Ambiente
Enzo Favoino Scuola Agraria del Parco di Monza, Coordinatore Scientifico ZWE – Zero Waste Europe
Beniamino Ginatempo Professore Ordinario di Fisica, Università di Messina
Andrea Masullo Ingegnere Ambientale, Direttore Scientifico Greenaccord
Piergiorgio Rosso Ingegnere Esperto Sistemi Industriali
Federico Valerio Chimico Ambientale.

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2 commenti su “Rifiuti: note critiche su schema di decreto applicativo art. 35 c.d. “Sblocca-Italia””

  1. Roberto Renzoni

    Articolo aridamente tecnico che non lascia intendere un gran che se non applicandosi e con sforzo. Che vogliono dire RD, CSS, RU, TMB, RUR C?

    1. Ornella De Zordo

      Buongiorno Roberto, grazie per leggerci e commentarci.
      In effetti l’articolo è pieno di tecnicismi e di difficile interpretazione, se non si è dentro il controverso tema dei rifiuti, poi come aggravante è stato scritto da più mani, cioè dai maggiori tecnici del settore e si contrappone ad un decreto legge, tutt’altro che lineare e chiaro, oltre che sbagliato. L’abbiamo riportato in quanto si sta parlando di un decreto dello ‘Sblocca Italia’, che potrebbe compromettere ancora di più l’ambiente e la salute, se approvato.
      Riguardo agli acronimi TMB, significa trattamento meccanico biologico, cioè un trattamento a freddo dei rifiuti quindi senza emissioni.
      Però fino ad ora questi impianti erano dedicati a sfornare CDR (cioè combustibile derivato dai rifiuti), poi successivamente denominato CSS (cioè combustibile solido secondario).
      Quindi alla fine il trattamento meccanico biologico che a prima vista potrebbe sembrare una pratica alternativa all’incenerimento, invece produce ‘cibo’ per inceneritori. Quello a cui si allude in questo articolo, però è un trattamento meccanico biologico modificato, che non produrrà più combustibile derivato da rifiuti o combustibile solido secondario, ma diventerà ‘fabbrica di materiali’, cioè servirà ad estrarre dal RUR (o rifiuto urbano residuo, cioè quel che che resta dopo le RD, o raccolte differenziate, puntuali) ancora altra materia da riciclare, e questo porterà sempre più vicino a quell’obiettivo zero, della Strategia Rifiuti Zero.
      Nello Sblocca Italia, invece, quel rifiuto urbano residuo lo si vorrebbe bruciare negli inceneritori, perchè ove le raccolte differenziate sono ben fatte e raggiungono oltre l’80% non rimane che attaccarsi a quel 20%. Ma in realtà da quel 20% si possono estrarre ancora materie (cosiddette materie prime seconde) preziose, col trattamento meccanico biologico, ‘fabbrica di materiali’.
      Speriamo di aver chiarito un po’ i concetti e i tecnicismi di un testo scritto da supertecnici.

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