Il primo agosto 2015 una tromba d’aria danneggia gravemente il parco dell’Anconella, costringendo alla sua chiusura per un lungo periodo per la messa in sicurezza. Due terzi delle alberature risultano perdute, rendendosi necessaria la ricostruzione radicale del parco, uno dei maggiori di Firenze.
L’Ordine degli Architetti di Firenze, insieme alla Fondazione Architetti Firenze, lancia una “Colletta di idee per Albereta e Anconella”, contributo professionale da regalare al Comune, in collaborazione con l’Ordine dei Dottori Agronomi e Forestali.
Il Quartiere 3 avvia un percorso di ascolto delle richieste e dei suggerimenti dei cittadini con un questionario intitolato “Come vorresti l’Albereta e Anconella del futuro?”.
Ecco dunque di seguito il mio contributo a entrambe le iniziative.
La perdita di due terzi dei soggetti arborei a seguito della tromba d’aria del primo agosto scorso costituisce paradossalmente un’occasione rara di ripensamento complessivo del parco, nell’ottica indicata dal Piano paesaggistico regionale.
Si potrebbero dunque abbandonare la pretesa ornamentale, l’ambizione collezionistica botanica e l’estetica astratta che caratterizzavano il verde pubblico degli anni ’70, per introdurre criteri di significazione naturalistica, anche in riferimento al dirimpettaio parco del Mensola.
Il Piano paesaggistico regionale -integrazione al PIT- nella “Carta dei caratteri del paesaggio” individua tracce della trama dei seminativi di pianura e nella “Carta della rete ecologica” include il parco e l’albereta dell’ Anconella in un corridoio ecologico fluviale da riqualificare nel più ampio contesto di un’area critica per processi di artificializzazione, posta alla periferia est di Firenze, estesa su entrambe le sponde dell’Arno, per la quale si rappresenta l’esigenza di ricostruire una direttrice di connettività ecologica trasversale.
La valorizzazione del luogo non può che partire dal riconoscimento del gradiente ambientale dal fiume alla città, in accordo col quale le nuove piantagioni potrebbero mutuare la propria composizione specifica dagli habitat naturali.
Con riferimento al “Manuale Italiano di interpretazione degli habitat della Direttiva 92/43/CEE”, nella striscia più prossima al fiume si confermerà l’albereta a gattice, arricchita con qualche pioppo nero e salice bianco; a maggiore distanza dal fiume risultano appropriate specie legnose tipiche dell’habitat comunitario “91F0 Foreste miste riparie di grandi fiumi”, come farnia, frassino ossifillo e ontano nero, accompagnati da olmi di cloni resistenti alla grafiosi e arbusti quali sanguinella, pallon di maggio e sambuco. In prossimità del laghetto le attuali alte erbe esotiche vanno sostituite con canne nostrali.
Nelle aree a maggior quota si possono piantare specie dei boschi asciutti, come il leccio, l’acero campestre e l’orniello.
Un parco così composto, oltre alla diretta funzione di ricostituzione della biodiversità locale, svolgerebbe anche funzioni didattico-educative, con l’inserimento di cartelli per percorsi autoguidati e con l’organizzazione di visite guidate, il tutto finalizzato a proporre una visione biocentrica degli spazi verdi, anche urbani.
Le singole piante di pino domestico superstiti serviranno per ancora qualche decennio come memoria storica del diffuso impiego di questa specie in Toscana tra il XVIII e il XX secolo.
Da anticipazioni a mezzo stampa (La Nazione 30/10/15) si apprende come in realtà gli aspetti vegetazionali siano stati già decisi; l’assessore Bettini dichiara: “Saranno piantati alberi di almeno tre o quattro metri, perché così è più facile che attecchiscano. Per quanto riguarda la ripiantumazione stiamo lavorando con gli uffici e l’ordine degli agronomi, e ringraziamo Legacoop per l’impegno di adottare nuove alberature. Inoltre l’ordine degli architetti ci donerà il masterplan della nuova progettazione del parco”.
La giornalista Laura Tabegna riferisce trattarsi di ciliegi, meli e peri ornamentali, e nuove piante di frassini, carpini (temo fastigiati), olmi e tigli, “alberature belle esteticamente e resistenti”. Peccato che le rosacee da fiore non siano poi così resistenti, anzi facilmente si ammalano giovani, costringendo alla precoce sostituzione. Ancora una volta il BELLO coincide con l’accattivante, non ottemperando al criterio di significazione indicato invece dal Piano paesaggistico regionale che recita: “L’atto della contemplazione del paesaggio non può perciò essere assimilato ad un puro fatto ottico; si configura invece come un processo più complesso, legato sia alla visione, sia alla significazione”.
E quale maggiore significazione si può conferire a un parco ripario se non la biodiversità mutuata dagli habitat naturali? Ancora una volta la mitigazione degli eccessi climatici e la capacità depurativa dell’aria, funzioni svolte in massima misura proprio dai grandi alberi dalla foresta riparia, non vengono nemmeno nominati.
*Paolo Degli Antoni, dottore forestale
Paolo Degli Antoni
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Articolo chiaro ed interessante con molti spunti e informazioni, che mi sono servite proprio per discutere con l’Ordine dei Dottori agronomi e forestali e con quello degli Architetti la prima presentazione dei progetti del Masterplan. Concordo sulla analisi del “bello” come accattivante. Ora sarà in discussione la prima azione di sistemazione delle piante con la messa dimora dei due viali interni dell’Anconella. Vengono piantate nuove piante esattamente (così ci riferiscono) nello stesso punto di dove c’erano i grandi pini. La ricostruzione esatta sembra dovuta al vincolo paesaggistico. Non credo che il vincolo paesaggistico imponga questa ricostruzione rigida, ma che la Commissione Paesaggistica valuti di volta in volta le proposte che le vengono sottoposte. Inoltre il Comune ha proposto in un nuovo filare dei due viali, un’alternanza di tiglio e ciliegio giapponese. Sicuramente ci sarà un risvolto anche economico, per la poca manutenzione dei ciliegi, ma in questo caso l’aspetto cromatico ricercato dall’Amministrazione non credo che coincida con l’aspetto estetico, né con la funzione di ombreggiatura richiesta al viale alberato. All’osservazione di non voler per forza rincorrere estetiche a noi non consone mi è stato risposto che dobbiamo invece modificare e sviluppare un senso del parco diverso da quello che ci ostiniamo a difendere come appartenente alla nostra storia e cultura. Mi chiedo se in Commissione Paesaggistica ci siano solo architetti o anche agronomi. Mi farebbe piacere avere il tuo
Parte del Q3, compresi il parco di Rusciano, l’Albereta e l’Anconella, è soggetta a vincolo paesaggistico in forza del decreto ministeriale pubblicato sulla G.U. 218/1953, motivato dallo “spettacolo di rara bellezza” costituito da “un complesso di cose immobili che compongono un caratteristico ambiente avente valore estetico e tradizionale, costituendo inoltre una successione di quadri naturali e di punti di vista accessibili al pubblico”. L’impostazione lessicale romantica, povera di indicatori oggettivi, è retaggio del R.D. n.1497/1939 e induce i funzionari preposti ad adottare soluzioni progettuali formalmente conservative (es. filari arborei coetanei confermativi degli allineamenti preesistenti). La scelta delle specie non è invece conservativa degli assetti registrabili alla data d’apposizone del vincolo e testimoniata dal volo GAI 1954, quando si rilevavano solo l’albereta riparia e un filare di pini domestici. Si fanno oggi prevalere ragioni di sicurezza, con ciò escludendo le specie più vulnerabili a condizioni meteorologiche estreme.
Non convince la narrazione dell’evoluzione culturale che dovremmo accettare: l’impiego di cultivar orticole ornamentali è tipica espressione della progettazione del verde degli anni ’70 e ’80 dello scorso secolo, quando i cataloghi dei vivaisti si proponevano non solo come listini di vendita, ma anche come manuali ricchi di tabelle facilitanti l’individuazione delle sequenze stagionali delle fioriture e delle colorazioni autunnali; alle piante, ridotte a meri arredi vegetali, era richiesta una funzione decorativa.
In tempi più recenti, sulla scia della Direttiva europea Habitat e ancor più a seguito del PIT con valenza di piano paesaggistico regionale, si è sviluppato un diverso senso del parco, meno antropocentrico e più biocentrico, con le piante scelte e piantate in base agli habitat naturali attesi in accordo con le condizioni stazionali, con finalità naturalistiche di ricostituzione dei corridoi ecologici, didattiche, di resilienza alle avversità, di mitigazione climatica, con attenzione all’abbattimento degli inquinati.
Le cultivar orticole da fiore di rosacee arboree sono di taglia medio-piccola, poco longeve e non riescono a competere per la luce con specie longeve, di prima grandezza e discretamente tolleranti l’ombra come i tigli; la consociazione prevista durerà pochi decenni, trascorsi i quali il tiglio prenderà il sopravvento.