Cerchiamo di capire qualcosa sui “numeri” del Teatro del Maggio Fiorentino, a partire dalla comunicazione del Sindaco Nardella al Consiglio Comunale del 15 febbraio, ché altro purtroppo, nonostante le reiterate richieste da più parti sollevate, non abbiamo. Se non si è capito male, il pareggio di bilancio nel 2015 e nel 2016 (ammesso che le cifre annunciate siano quelle effettivamente approvate dal Consiglio d’Indirizzo della Fondazione entro il prossimo mese come prescritto dalla legge) è reso possibile da tre operazioni.
La prima riguarda i risparmi sul costo del personale: una cinquantina di lavoratori “trasferiti” in Ales (società “in house” del Ministero dei Beni Culturali, che saranno quindi pagati con risorse “pubbliche”), una dozzina pensionati forzatamente e anticipatamente (con il danno ulteriore alla beffa di non sapere quando potranno effettivamente percepire la misera pensione maturata), un’altra dozzina (MaggioDanza, che con questa manovra tombale è stato definitivamente chiuso) “dispersa” con l’autolicenziamento incentivato. Aggiungi la decurtazione dei salari e l’incremento della flessibilità produttiva operata con le varie manovre eseguite negli ultimi anni e il quadro qui è chiaro ed evidente (per chi lo vuol vedere).
La seconda riguarda la ripatrimonializzazione della Fondazione: una quarantina di milioni per l’uso (ancora non mi pare sia stato definito per quanto tempo) di parte del Nuovo Teatro Opera Firenze, e del vecchio Goldoni. Uso non esclusivo – come previsto invece dalla legge – nel caso di Opera Firenze in quanto la convenzione stipulata con il Comune ne limita spazi fisici e temporali. Tale cifra è quindi decisamente aleatoria e virtuale, nella migliore delle ipotesi, dal momento che i costi per la gestione di tali strutture oltre ad essere il triplo almeno di quelli precedenti sono stati interamente accollati alla Fondazione. Del futuro dei locali per i laboratori scenografici e i magazzini, che pure dovrebbero essere garantiti per legge dal Comune in cui risiede la Fondazione, non è dato sapere.
La terza riguarda lo stralcio dei debiti con artisti, fornitori e banche. Per i primi due è presto detto: o si sono accontentati di ricevere, dopo anni di attesa, la metà del dovuto o dovranno adire a vie legali e non prestare più la loro opera per la Fondazione. Da questa virtuosa manovra (la differenza con i fondi arrivati dalla Bray Franceschini che avrebbero dovuto appunto sanare i debiti pregressi) è scaturito parte del tesoretto con cui si tira avanti.
Per quanto concerne l’altro creditore, il discorso si fa più complesso: Il Sindaco ha dichiarato che l’ottanta per cento del debito (16 milioni) è stato stralciato con un accordo stipulato con le banche alla fine di dicembre e che tale cifra viene suddivisa nei due bilanci ‘15 e ’16 , garantendo in questo modo il pareggio. Lo stesso ex supercommissario Pinelli ha stigmatizzato ieri in Senato tale artificio contabile, ma non mi sembra questa l’unica considerazione da fare. Se le banche creditrici (penso si tratti essenzialmente di Cassa di Risparmio-Intesa San Paolo, e in parte di Carige, UniCredit, Banca del Chianti, Monte dei Paschi (sto citando solo nomi di banche con cui la Fondazione ha operato negli anni) hanno sottoscritto un accordo così oneroso per loro, i casi a mio avviso possono essere solo due: o le cifre dovute erano passibili di anatocismo (interessi accumulati su interessi oltre quelli “legalmente” possibili) o i milioni in questione sono di fatto diventati “spazzatura” e in questo caso non si tratta di titoli che vengono da chissà quali meandri della finanza internazionale, ma da anticipazioni di qualche mese su fondi che Stato o Enti locali avrebbero poi corrisposto alla Fondazione. Denaro quindi che avrebbe dovuto e potuto essere sicuramente e facilmente recuperato.
Se ciò non è appunto avvenuto, siamo di fronte ad un altro esempio nefasto della gestione del nostro sistema bancario in relazione al finanziamento di fondazioni o imprese, pubbliche o private che siano. Le conseguenze e i danni che provocano queste operazioni sono in questi giorni sotto gli occhi di tutti, sempre per chi le voglia vedere.
Quanto a far tornare i conti con le operazioni qui citate, il merito è solo dei dipendenti e dei contribuenti.
*Silvano Ghisolfi, dipendente e delegato sindacale del Teatro del maggio
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Silvano Ghisolfi
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