Siamo una famiglia omogenitoriale con due gemelli di 4 anni, e nel corso dell’estenuante dibattito intorno alla Cirinnà abbiamo ringraziato che i nostri figli fossero ancora troppo piccoli per comprendere come alcune figure pubbliche osassero descrivere la loro esperienza: politici, giornalisti, alcuni specialisti con posizioni di responsabilità hanno dato voce a tutta l’omo-trans fobia che ancora caratterizza questa Italia.
Ovviamente li stiamo preparando alle battaglie future; e ovviamente è necessario che su alcuni temi la discussione riprenda, per cercare di sconfiggere insieme stereotipi di genere, omo-transfobia, odio. Proviamo però a misurare la questione dei diritti con alcuni episodi della nostra quotidianità di coppia lesbica con figli.
Dario e Andrea frequentano la scuola dell’infanzia, hanno il cognome della mia compagna (la madre biologica). Nei documenti d’iscrizione abbiamo messo entrambi i nostri nomi, specificando madre e madre. Abbiamo parlato con le maestre, che ci hanno accolto con simpatia e curiosità. Una delle insegnanti ci ha chiesto di portare dei libri sulle famiglie omogenitoriali affinché la nostra presenza diventi un’occasione di crescita per tutti i bambini e le bambine della scuola.
In questo quadro di ‘normalità’, la scorsa settimana si è inserita la prima crepa: una maestra con estremo imbarazzo mi ha informato che la madre biologica deve consegnare alla scuola la delega con cui mi autorizza ad andare a prendere i miei figli (delega che serve per i nonni, le baby sitter…). Ha sottolineato che non è un suo problema ma che la legge lo esige: se ai bambini ‘succedesse qualcosa’ le maestre potrebbero avere dei problemi legali perché li avrebbero consegnati a una figura che formalmente non ha nessun legame familiare (di sangue) con loro.
Noi la delega non l’abbiamo presentata e abbiamo chiesto un incontro con la dirigente scolastica. Ma non si tratta di una novità per le nostre famiglie: tra noi, c’è chi decide di consegnare la delega e fregarsene, tanto i legami affettivi sono saldi e non sarà questo foglio a renderli meno belli, gioiosi e legittimi. Per quanto ci riguarda, abbiamo voluto contrattare con la dirigente un’altra soluzione, perché anche questi piccoli episodi, che per fortuna non coinvolgono i bambini, segnano una gerarchia (il legame di coppia eterosessuale come norma) e una discriminazione.
Pensavamo che le maestre avessero consapevolmente evitato di chiedercela, questa benedetta delega, invece semplicemente non ci avevano pensato. I bambini mi chiamano mamma, mi saltano in braccio quando vado a prenderli come ogni bambino della scuola, siamo insomma una famiglia come tutte le altre. Ma dobbiamo consegnare la delega.
L’incontro con la dirigente si è poi rivelato molto positivo. In Toscana, almeno a Firenze, i responsabili scolastici hanno deciso di non imporre questa vessazione, poiché la scuola deve essere interessata al benessere del bambino e non alla sua composizione familiare. Si tratta però di una posizione di buon senso ‘personale’, che può decadere in quanto non supportata da alcuna legge.
Questo ‘piccolo’ episodio evidenzia bene l’ordine gerarchico e la non uguaglianza che regola i rapporti sociali: per le coppie eterosessuali esiste una presunzione di genitorialità certa, è sufficiente andare all’anagrafe e dire ‘è figlio mio’, e il legame viene suggellato. Per chi eterosessuale non è, rimane solo il ricorso all’adozione per vie legali (essendo stata stralciata l’adozione del figlio del partner dalla legge sulle unioni civili). Ma ogni adozione implica un lungo iter con assistenti sociali e giudici, in cui chi adotta deve dimostrare di essere un buon genitore e, nel caso di coppie come la nostra, di essere riconosciuta come madre dai propri figli. Uno scrutinio, insomma, che risparmierei volentieri a me e ai miei figli.
Molto probabilmente l’Italia avrà infine una legge sulle unioni civili per coppie omosessuali ed eterosessuali; privato dell’articolo che prevedeva l’adozione dei figli del partner per le coppie gay e lesbiche, ora il cosiddetto ddl Cirinnà non dovrebbe trovare ostacoli alla Camera. Le coppie omosessuali potranno quindi unirsi civilmente e così veder riconosciuti alcuni diritti: la pensione di reversibilità (prima che la tolgano a tutti), l’eredità e la successione, il subentro nel contratto d’affitto, la possibilità di iscriversi alle graduatorie per le case popolari.
È comunque una legge che istituzionalizza la non uguaglianza, e di qui dovrà ripartire chi vuole impegnarsi in una lotta che rivendichi parità di diritti indipendentemente dalla propria scelta sessuale.
*Enrica Capussotti
Enrica Capussotti
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