Le nuove politiche sulla casa e le iniziative istituzionali per affrontare l’emergenza abitativa non si basano più, o almeno pianificano di non basarsi più, sull’edilizia residenziale pubblica, ovvero le cosiddette case popolari. L’ultimo bando ERP a Firenze risale a più di quattro anni fa e risponde alle esigenze di meno del 3% delle persone in attesa di alloggio.
La recente, infinita, crisi economica ha provocato l’impoverimento di una fascia sempre più vasta di popolazione che fino ad allora si “barcamenava”, o comunque, si garantiva una vita dignitosa e che invece si è ritrovata ad essere una nuova sottoclasse di impoveriti che ha ovviamente catalizzato le attenzioni politiche delle amministrazioni, anche perché quando la polvere è troppa non basta più il tappeto per nasconderla. Ma in epoca di privatizzazioni a go-go e di liberismo dominante, la soluzione a questo bisogno ben più che emergente deve accompagnarsi ad una qualcosa che generi dei profitti, qualcosa, come si dice, di “virtuoso”.
Il problema di questo generalizzato abbassamento di redditi e garanzie, nonché di occasioni di reddito, è quello di aver creato una fascia di popolazione, la cosiddetta fascia grigia, che ha comunque redditi troppo “alti” per partecipare ai bandi ERP ma troppo bassi per affrontare il libero mercato degli affitti. La grande pensata è stata così quella di affidarsi ad uno dei mantra di quest’epoca, cioè la “sinergia” fra pubblico e privato.
Tradotto: le amministrazioni locali cedono ai costruttori privati, se non a banche o compagnie assicurative, porzioni di territorio dove queste costruiscono o ristrutturano complessi abitativi o commerciali da immettere sul mercato in cambio di una quota di alloggi da destinare a questi nuovi impoveriti, alloggi affittati al Comune che poi li subaffitta ai vincitori di appositi bandi istituiti per l’occasione. Le amministrazioni, i Comuni, ci mettono il 30% della quota, il resto, stabilito per contratto, lo paga l’inquilino.
Si chiamano “affitti calmierati” o affitti a comune garante. Di certo c’è che per la proprietà e per i costruttori, le entrate sono garantite dal fatto che comunque la loro richiesta sarà soddisfatta. Ma l’inquilino avrà garantito che i 450, 500 o 600 euro stabiliti a suo carico saranno proprio e solo quelli per tutta la durata del contratto?
La vicenda di via Castelnuovo Tedesco, una delle aree interessate da questa, diciamo così, pianificazione urbanistica, ci racconta tutta un’altra storia. Ci racconta, ad esempio, che le quote stabilite sono diventate il 30, il 40 o anche oltre il 50% più alte da quasi subito: a chi doveva 450 euro ne venivano chiesti 700, a chi ne doveva 600 ne chiedevano 900, fino a 1000 euro. Alcuni alloggi “fuori bando” affittati a 750 euro arrivavano a 1200.
Tutto questo attraverso un furbesco meccanismo con il quale la proprietà carica l’inquilino di sommatorie di spese condominiali, di manutenzioni ordinarie e straordinarie, e altre generalità amministrative senza nessuna mediazione da parte pubblica.
Il bando con cui furono assegnati gli alloggi di via Castelnuovo Tedesco risale al 2005. Da allora le famiglie assegnatarie hanno versato decine di migliaia di euro per il cosiddetto affitto calmierato maggiorato, fino a quando, due anni fa, hanno detto basta ed una parte di esse ha iniziato ad autoridursi la quota. A questo punto si poteva prevedere l’inizio di una trattativa, con il Comune in funzione di “garante” per davvero. Invece, sono arrivati gli sfratti.
L’ultimo aggiornamento prevede il rinvio delle esecuzioni a gennaio/febbraio 2017, mediazione ottenuta nel marzo scorso solo grazie ad una costante mobilitazione degli inquilini stessi sostenuti dal Movimento di lotta per la casa che ha “stimolato” la funzione di garanzia del Comune. Ma, a guardar bene, i primi mesi del 2017 sono anche quelli dove scadrà la convenzione con il Comune e la proprietà avrà le mani libere. Per le famiglie coinvolte, quindi, la partita è ancora tutta da giocare. Un anno fa presto a passare.
Questa storia degli affitti calmierati non sembra proprio una misura di welfare sociale. Il disimpegno istituzionale associato al predominio dell’interesse privato non possono far figurare questo tipo di iniziative all’interno di questa categoria.
Contributi-affitto, contributi morosità, canoni calmierati a comune garante, sono procedure promosse come soluzione “moderna” al problema abitativo di chi non può sostenere gli affitti a prezzo di mercato.
Di fatto, alla fine rimangono invariati sia gli affitti elevati che la rendita speculativa immobiliare. E rimane invariato anche il problema casa aggiungendo anzi ulteriori condizioni di precarietà, come dimostra la vicenda di via Castelnuovo Tedesco.
Tra le molte emergenze sociali sarebbe opportuno includervi anche un ripensamento di questa pratica. Quantomeno una riflessione priva di sponsor.
*Alessandro De Angeli
Alessandro De Angeli
Crede fermamente nell'inchiesta sociale e nella controinformazione come mezzi necessari ed indispensabili per contribuire al cambiamento.
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….. mi sono trovato anch’io in una situazione simile qualche anno fa (cinque, sei?) in via Toscanini allorché dovetti rinunciare anche alla proposta economica per me più possibile che mi avrebbe confinato in due stanze (la terza era inservibile e di passaggio) dove non potevo neppure mettere i mobili. le spese condominiali in arrivo erano micidiali e , dunque, mi affidai direttamente ai privati per la casa in affitto…..