L’estetica dispotica

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Nelle società neoliberiste è sempre più evidente il processo di graduale integrazione/sostituzione della realtà con il suo surrogato virtuale, una sorta di “realtà aumentata”, proposta e imposta dal mondo della comunicazione di massa, dai giornali, alle riviste, ai vari apparati tecnologici in cui ormai sono immerse le nostre vite. Realtà fittizia, certo, ma in grado di codificare la percezione del mondo e di condizionare profondamente i nostri comportamenti.

Io potrei magari fabbricare figure che abbiano cuore,
coscienza, passioni, sentimenti, moralità.
Ma nessuno al mondo ne vuol sapere.
Quello che vogliono a questo mondo sono soltanto
le curiosità, i mostri.
Ecco quello che vogliono, i mostri!
Joseph Roth

L’ampia ricettività sociale di questi dispositivi crea l’illusione di poter partecipare in maniera più ampia alle sorti del mondo, crea l’inganno di un allargamento delle proprie libertà, mentre dipendenza psicologica e controllo sociale si diffondono sempre più.

Non è un caso, per esempio, che nelle società dell’opulenza sfacciata più della metà del cibo prodotto ogni anno sia destinata a finire in discarica o, bene che vada, ad essere usata come alimento per gli animali. Le quantità sono davvero impressionanti, si parla di 1,6 miliardi di tonnellate in tutto il mondo, mentre in Italia, il solo cibo scartato o distrutto in un anno, potrebbe sfamare gratuitamente più di 45 milioni di persone, i tre quarti della popolazione nazionale!
La stampa mainstream ortaggi 4attribuisce una delle cause di questo fenomeno ad una generica “cultura della perfezione“, ampiamente diffusa nei paesi occidentali, in nome della quale si impedisce o si limita la commercializzazione degli alimenti considerati imperfetti, non conformi ai modelli estetici imperanti!

I giganti della distribuzione rispondono alle accuse loro rivolte affermando che fanno solo gli interessi dei consumatori e che si adeguano ad una domanda crescente di cibi ineccepibili dal punto di vista estetico, mentre della qualità non si parla: “I consumatori ci richiedono cibi perfetti e noi ubbidiamo, siamo pronti a soddisfarli!”. Le radici di questa perversione del mercato alimentare, come sappiamo, risiedono invece nel violento tam tam pubblicitario cui siamo sottoposti, ad ogni ora del giorno, ad opera proprio degli stessi soggetti che se ne lamentano. Merendine, yogurt e ortaggi vari ci sono imposti in forma seducente, ultrasofisticata, neopatinata, al pari delle immagini softcore così tanto diffuse.

Il frullatoEstetica dispoticare mediatico della realtà coinvolge tutte le sfere della vita quotidiana, sino alla manipolazione dei nostri volti e dei nostri corpi, prassi ormai diventata un imperativo delle società economicamente avanzate, una sorta di vero e proprio burqa neoliberista.

Siamo di fronte all’imposizione di modelli estetici artefatti e inesistenti, rispetto ai quali noi umani non possiamo che dichiarare la nostra imperfezione. Però, è proprio questa resa ad essere sollecitata dalla comunicazione pubblicitaria e dai colossi dell’industria, perché se da un lato essa crea frustrazione, dall’altro alimenta una forte dipendenza dai modelli irraggiungibili ma perseguiti sino all’impossibile. Dipendenza dai modelli, ma anche dipendenza dal mondo delle merci e delle relazioni mercificate che questi sottendono.

La recente tecnologia informatica ha accelerato questi processi: fotoritocco ed effetti speciali, immagini in full HD ed effetti di slow motion, propongono ai nostri terminali nervosi una realtà irreale, una nuova realtà inesistente: alimenti, volti, corpi immaginari che provano a ridefinire una natura che non esiste ma che è al contempo pervasiva. Una natura perfetta, candida ma immaginaria!

È un modello totalitario: tutto ciò che non si adegua, dal cibo agli esseri umani, diviene superfluo, è da scartare, da eliminare in quanto non più economicamente significativo. L’eugenetica del marketing ha vinto, crea una sur-realtà che irrompe nelle nostre vite e le disorienta creando miti dirompenti.

Lo scarto rispetto alla realtà illusoria è anche fonte di tanti di quei disturbi psichici oggi frequenti, dalle manifestazioni di panico, perché il soggetto non si sente all’altezza delle prestazioni richieste dal sistema, ai gravi disturbi alimentari, alle relazioni rancorose e conflittuali perché distanti dai modelli asettici ed esteticamente impossibili proposti, alle esplosioni di violenza gratuita di coloro che si vendicano dell’esclusione, alla grottesca modellazione dei corpi e alla nevrotica cura di sé in centri fitness che promettono di distribuire a palate bellezza e felicità.

Si tratta però di un apparire estetizzante, senza anima, asettico, che colpisce i sensi e del quale si è perso il senso.

Le società tardo capitalistiche alimentano questi processi di dipendenza estetico mercantile nella speranza di ritardare gli effetti della crisi attuale, sistemica e irreversibile, che prima o poi arriverà al suo capolinea.

Sta a noi sottrarci alle dinamiche imposte per ribaltarne gli effetti.

*Antonio Fiorentino

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Antonio Fiorentino

Architetto, vive e lavora tra Pistoia e Firenze dove rischia la pelle girando in bici tra bus, auto e cantieri. E’ un esponente del Gruppo Urbanistica di perUnaltracittà di Firenze, partecipa alle attività di Comitati di Cittadini e Associazioni ambientaliste.

3 commenti su “L’estetica dispotica”

  1. Paolo Degli Antoni

    “Sta a noi sottrarci alle dinamiche imposte per ribaltarne gli effetti”. Questa frase vale per gli adulti, ma chi accompagna i giovani all’autodeterminazione, all’individuazione jungiana? I neuroni-specchio sono potentissimi dai cinque ai sedici anni, ne ho avuto piena contezza in un corso tenuto dall’Università di Firenze. Ma già da insegnante, prima ancora della scoperta di quei neuroni, avevo osservato il conformismo connaturato alla giovane età; ha un suo valore adattativo, essendo quella umana una specie sociale. Purtroppo ai genitori e agli insegnanti fa comodo il protrarsi nel tempo della volontà di piacere a qualcuno, per le possiilità di controllo offerte dalla dipendenza, sebbene da adolescenti si voglia piacere soprattutto ai pari, anche a dispetto degli adulti. Dopo i 14 anni sarebbe invece bene proporre l’idea che non si deve per forza piacere a tutti/e, ma il tempo è poco, perché la scuola dell’obbligo e l’imprinting neurologico sono prossimi alla scadenza. Da adulti il cammino d’autonomia diventa difficile, lo stesso Jung sosteneva che il processo d’individuazione non è per tutti. E il mercato su questa debolezza di massa ci marcia…

  2. Caro Antonio, come al solto navighi profondo. Condivido le tue considerazione che a mio avviso sono un aspetto comportamentale nello scenario comolessivo della società attuale. La rapida e profonda rivoluzione che ci ha investito dopo la “cadutas del muro”, ha provocato una frattura tra pubblico e privato che evoca un ritorno alle gradi monarchie, non più di casta ma monopolistiche: un modo con pochi, dominanti detentori di potere ed una totalità di esclusi. Un antidoto a questa incombente prospettiva è rappresentato da quegli esclusi che non hanno più nulla daperdere, i migranti, le cui avanguardie si sono cominciati a muovere. Di nuovo i “barbari” minacciano le basi dell’impero capitalistico. Lo scenario mi prteoccupa … per i nostri figli, che vedo smarriti ed impreparati. Riflessioni, soltanto riflessioni.

  3. Antonio Fiorentino

    La vita inconsapevolmente impostata nella rincorsa di modelli iperbolici a un certo punto diviene, o dovrebbe divenire, impossibile, pesante, triste, foriera di piccoli e grandi drammi personali e
    collettivi. Si dovrebbe diffondere invece la consapevolezza del superamento di questa
    barbarie dolorosa nella pratica di sottrazioni edificanti e nella ricerca di un sorriso
    compiacente, di una mano nella mano, insomma di relazioni appaganti.
    Certo è anche vero che queste si apprezzano di più con la pancia piena, i nostri padri dicevano “primum vivere, deinde filosofare”, e qui le cose diventano più complicate. Però forse i nuovi abitanti, i nuovi venuti, le temute invasioni africane potranno aiutarci a sparigliare le carte e accelerare i nostri processi di sottrazione e ricomposizione di nuovi equilibri.

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