Non si tratta di un errore burocratico. I rilievi fatti dal Tar del Lazio, in merito al concorso espletato dal Ministero dei Beni Culturali per la nomina dei Direttori dei 20 super musei italiani, non riguardano solo la nazionalità dei concorrenti (all’epoca del bando la legge italiana prevedeva che i dirigenti di Stato fossero di nazionalità italiana e il Ministro Franceschini era tenuto o a rispettare tale legge, oppure a promuoverne la modifica, ma non poteva ignorarla, come ha fatto). Essi fanno emergere almeno altre due questioni di ben altro peso e altra natura.
La prima concerne il fatto che i colloqui orali si sono svolti a porte chiuse e alcuni addirittura via skype, impedendo così la dovuta possibilità di controllo su come si siano realmente svolti tali esami e infrangendo una basilare legge a tutela della trasparenza in democrazia, secondo la quale tutti gli atti di un concorso pubblico devono essere pubblici.
La seconda questione denuncia gravi irregolarità riguardo ai criteri di assegnazione del punteggio. Si legge infatti: “Tali riflessioni, accompagnate dall’oscura circostanza che l’accorpamento con suddivisione in tre sottoclassi del punteggio previsto per il colloquio dei candidati ammessi alla decina è avvenuto ben dopo la individuazione, da parte della commissione di valutazione, dei criteri di assegnazione dei punteggi per le singole voci valutative nelle quali ripartire i 100 punti a disposizione: infatti, mentre (come si è già più volte ricordato)il meccanismo di assegnazione dei punteggi ai titoli presentati dai candidati è stato definito nella seduta della commissione tenutasi il 5 maggio 2015, i criteri di distribuzione dei venti punti (al massimo), da assegnare nel corso dei colloqui a coloro che erano stati selezionati per avere ingresso nella decina sono stati definiti nella seduta dell’11 luglio quando erano già noti i nomi dei candidati scrutinandi”.
In poche parole, quindi, si sono stabilite le regole del gioco a gioco già iniziato e dopo aver saputo quali carte ogni giocatore aveva in mano. Si potrebbe anche dire che se il candidato che si desiderava sostenere avesse inserito in curriculum di aver seguito un corso di danza cubana, sarebbe bastato stabilire che nel colloquio orale le competenze sulla danza cubana valevano il massimo assegnabile, cioè venti punti, per dargli un vantaggio che chiunque altro concorrente difficilmente avrebbe potuto colmare.
Per assurdo, ovvio. Ma qualcosa di non troppo dissimile deve essere pur accaduto, se colui che ha Diretto gli Uffizi per tanti anni senza generale scandalo e senza che mai il Ministero stesso gli avesse rivolto alcuna ammonizione non ha ricevuto nemmeno il punteggio necessario a entrare nella terna da proporre al Ministro e se alcune persone del tutto ignote e con curricula esilissimi o poco pertinenti siano state messe a dirigere istituti di grande peso. Del resto in tutta la lunga e circostanziata sentenza del Tar (che invitiamo a leggere per intero) si palesa lo sconcerto dei giudici di fronte alle modalità non certo chiare con cui si è svolto il concorso in ogni sua fase, ad esempio quando si parla di “…magmatica riconduzione dei 20 punti di massima assegnazione ai candidati della decina ammessi al colloquio…” o di “…illegittimità derivata dalle conclamate patologie che hanno corroso le frazionate procedure selettive…”.
Rimane infine da chiederci come è stato presentato tutto questo dalla stampa. Pressoché all’unanimità con titoli incentrati sullo scandalo che il Tar non permette direttori stranieri per i musei italiani. A parte che il Ministro Franceschini dovrebbe imparare a fare o a farsi fare leggi che non vadano contro quelle già (a torto o a ragione) esistenti, giudichi ognuno dove sta il vero scandalo di questa storia: nella sentenza del Tar, nelle modalità del concorso o nella manipolazione della notizia?
*Franca Falletti
Franca Falletti
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Nei quarant’anni di lavoro nella Soprindenza di Firenze e Pistoia (anticamente questo era il nome) ho sempre creduto e sostenuto lo Stato. Ho sempre pensato che la prima cosa era la consapevolezza che il mio lavoro, anche se piccolo e limitato, aveva come finalità la conservazione e soprattutto la conoscenza del patrimonio del museo (Galleria Palatina (nome anch’esso antico), perchè è un patrimonio, un Bene che è e sarà di tutti i cittadini presenti e futuri.
E’ quindi di con grande sofferenza che assisto a quanto avviene, frutto di tracotanza, frutto soprattutto di ignoranza di cosa veramente significhi il bene della nazione. In nome dell’attivismo e del personalismo si sono rottamate istituzioni che salvaguardavano i Beni culturali, e con una zampata si sono buttate via le persone che avevano competenza, esperienza e soprattutto cognizione di cosa significavano gli istituti che presiedevano e guidavano.
Ed ora le nostre ‘bellezze’ sono prostituite, proprio come una bellissima donna, per fare ‘profitto’, cedendole alla vanità e al marketing in cambio di soldi. Forse si potrebbe studiare con meno faciloneria e con più attenzione alle doti di questa ‘bellissima donna’ quale è la via per produrre denaro con questo nostro ‘petrolio’ interpellando esperti in primis i funzionari dei musei, economisti, ed esperti del lavoro. Avere l’umiltà di ascoltare e di lavorare in gruppo con altri per una alta finalità, avendo presente che il museo non è solo il dipinto famoso, o la scultura celebre in tutto il mondo, ma è un oganismo che vive per la ricerca, per lo studio di molte persone che gli dedicano la loro vita.
Grazie a tutti coloro che come Franca condividono il mio pensiero e che mi fanno avere ancora un piccolo lumicino di speranza negli anni futuri.