La riflessione intorno a Il selfie del mondo di Marco D’Eramo ha inaugurato il ciclo di incontri La fabbrica del turismo nelle città d’arte: il caso Firenze organizzato presso lo Spazio InKiostro.
La presenza di Marco D’Eramo, il 21 ottobre scorso davanti ad una sala strapiena, è stata utile per delineare insieme l’oggetto delle analisi e delle categorie con cui meglio cogliere le diverse articolazioni che danno forma al “turismo” contemporaneo. Si tratta infatti di una vera e propria “industria pesante”, la cui potenza può essere paragonata a quella dell’industria metalmeccanica degli anni ’60. Il turismo si intreccia, ed egemonizza, la produzione dei mezzi di trasporto (aerei, autobus), l’edilizia (costruzione di nuovi villaggi, case vacanza), la viabilità e l’accoglienza (nuove strade, nuovi aeroporti), l’urbanistica (centri storici vetrina ed espulsione dei cittadini storici), il mercato del lavoro (flessibilità e sommerso), la cultura (grandi eventi) e tanto altro ancora. Insomma il turismo come macchina del capitalismo contemporaneo, che per essere compreso deve essere posto dentro, appunto, un contesto di sistema.
La “fabbrica del turismo” va a riempire un vuoto lasciato da altri sistemi produttivi, imponendosi come monocultura industriale (come Torino o Detroit degli anni ’60 e ’70, le città dell’auto) anche a causa dei mancati o insufficienti investimenti su nuovi modelli di produzione del reddito e utilizzo delle risorse.
Nel caso di Firenze e dell’Italia il turismo va poi contestualizzato nel sistema capitalistico nazionale, che si basa comunque sul sommerso e il lavoro nero, in un paese in stasi economica dal 1991: in questo contesto il turismo emerge come unica risorsa economica per il Pil del bel paese. Ecco quindi dei buoni motivi per sostenere che le lamentele contro i “turisti” servono in realtà per spostare la critica dal capitalismo al viaggiatore in sandali e bermuda. E per sollecitare una politica, locale ma anche nazionale e internazionale, che il turismo governi e regolamenti nell’ottica della ridistribuzione delle risorse e della ricchezza.
D’Eramo ci ha offerto un’altra riflessione importante. Riguarda il disprezzo con cui spesso i turisti vengono descritti e il tentativo di differenziare, in molte discussioni, viaggiatori “buoni” versus turisti “cattivi”. Questa rappresentazione ha le proprie radici nell’800, quando la borghesia cominciò ad adottare comportamenti fino ad allora prerogativa dell’aristocrazia, che si vendicò svilendoli. Con la massificazione del turismo, e il passaggio dalle vacanze alle ferie negli anni del secondo dopoguerra, assistiamo a un acuirsi dello sprezzo con cui il “gregge di turisti” – espressione coniata, ci dice D’Eramo nel libro, a metà ‘800 da Joseph Arthur de Gobineau, tra i primi teorici del pensiero razzista moderno – viene descritto. Si tratta del classico schema per cui i ceti inferiori rincorrono le pratiche delle classi superiori, che così si svalutano; pensiamo, in altro campo, all’educazione nel momento in cui diventa “di massa”. La consapevolezza di questo fenomeno è molto utile per sgombrare il campo da stereotipi prima di iniziare un approfondimento critico.
Le domande che ci siamo posti, e a cui cercheremo di rispondere nei prossimi incontri, sono secondo noi cruciali per riportare la discussione nell’alveolo della politica e della critica di sistema: chi si arricchisce con il turismo? Chi ci perde? Chi e come andrebbe governato, affinché non sia soprattutto, come spesso accade, un’economia di rapina per molti cittadini e molti luoghi toccati dal turismo di massa?
L’intervento di Ornella De Zordo:
Quello di Marco D’Eramo:
Ilaria Agostini:
Franca Falletti:
e Lorenzo Alba:
Enrica Capussotti
Enrica Capussotti
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Cara Enrica – curatrice dell’incontro o del ciclo, immagino – a questi eventi è bene esserci per sentire il clima che si “respira” in sala, al di là di quanto detto o proprio per esso. Non c’ero, non abito a Firenze e ci vengo ogni tanto. Così a freído, ho trovato Ilaria brava e competente ma è meglio quando scrive che quando parla, brava Franca che però sull’arte contemporanea a Firenze non mi è parsa molo informata e, per carità, Marco, approssimativo, qualunquista e nemmeno ben informato. Ciao, Roberto
ciao Roberto, ecco cosa ti risponde Enrica.
Ciao Roberto, il libro di Marco D’Eramo ci ha fornito ottimi spunti, secondo noi vale la pena leggerlo. Così come vale la pena seguire gli incontri che verranno, in cui speriamo di approfondire e precisare meglio il discorso. Ciao enrica