Partito Democratico, Forza Italia e Fratelli d’Italia a Firenze votano insieme: a unirli è la richiesta di istituire anche in Toscana un centro di permanenza per il rimpatrio, cioè una struttura detentiva in cui vengono reclusi i migranti sprovvisti di permesso di soggiorno. Ai tempi della legge sull’immigrazione Turco Napolitano, che li istituisce nel 1998, si chiamavano Centri di Permanenza Temporanea, poi vennero denominati CIE (Centri di identificazione ed espulsione) dalla Bossi Fini e infine rinominati C.P.R. (Centri di Permanenza per i Rimpatri) dalla recente legge Minniti-Orlando. Ed è proprio quest’ultima legge a prevedere l’apertura di un CPR in ogni regione.
Per soppesare meglio la gravità del voto in consiglio comunale a Firenze è utile rinfrescarsi la memoria e rileggere la storia di queste specifiche forme di “detenzione amministrativa, (che sottopongono) a regime di privazione della libertà personale individui che hanno violato una disposizione amministrativa, come quella del necessario possesso di permesso di soggiorno”.
La convergenza Pd-Forza Italia-Fratelli d’Italia è avvenuta sulla richiesta al sindaco Nardella di farsi promotore dell’apertura di carceri illegittimi, in cui sono detenuti solo cittadini stranieri, il cui status è quello di trattenuti o ospiti ma a cui viene sottratta la libertà personale e a cui viene imposto un regime di coercizione che, tra le altre cose, impedisce loro di ricevere visite e di far valere il fondamentale diritto alla difesa legale.
Se non bastasse l’aberrazione legale a cui si è ricorsi sulla pelle dei migranti (e si tratta veramente di biopolitiche di controllo e sfruttamento neoliberista), negli ultimi mesi sono emerse numerose notizie di cronaca sulle organizzazioni mafiose che intercettano i nei flussi di denaro che finanziano questi centri, sulla connivenza tra organizzazioni criminali e gruppi neofascisti e, senza scomodare la mafia, sulle tante associazioni e istituzioni private che si arricchiscono grazie a queste politiche.
Si tratta inoltre di strutture molto costose per le casse nazionali ed europee, in cui le condizioni di vita sono estremamente deteriorate, il cibo di bassa qualità, gli ambienti troppo caldi d’estate e freddi d’inverno, e che ciclicamente sono investite dalle legittime proteste di uomini e donne rinchiusi.
Basta questa breve ricostruzione per dare la misura della gravità del voto in consiglio comunale a Firenze. E se da un lato il voto del Pd non fa che confermare le politiche repressive e neoliberiste che lo contraddistinguono da almeno vent’anni (la legge Turco-Napolitano è del 1998), che sono peggiorate anno dopo anno fino ad arrivare alla legge Minniti-Orlando, dall’altro non riusciamo a non interrogarci sull’ipocrisia di un partito che almeno a livello cittadino ama presentarsi come campione dell’accoglienza. Forse i consiglieri dem pensano sia sufficiente organizzare una manifestazione dal titolo Festival dei diritti.
I consiglieri fiorentini hanno aggiunto un altro tassello al dilagare nel discorso politico istituzionale delle parole d’ordine e delle pratiche politiche razziste e neofasciste. Una strategia che legittima razzisti e neofascisti, già sufficientemente vezzeggiati in talk show televisivi, quotidiani, social media. Il voto nel consiglio comunale fiorentino conferma la responsabilità reale degli esponenti del Pd nel processo di sdoganamento delle parole d’ordine e delle azioni della destra istituzionale e radicale, e li invitiamo, per un minimo di coerenza, a non fare fede di antirazzismo o antifascismo alla prima occasione in cui potranno farsi belli di fronte alle telecamere per magnificare la supposta tradizione di accoglienza su cui poggia il partito renziano.
*Enrica Capussotti
Enrica Capussotti
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