Rojava, cosa stiamo difendendo?

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Il Rojava è sotto attacco. Le e i combattenti curd* hanno sconfitto l’ISIS. Le donne hanno svolto un ruolo determinante sia lavorando nel sociale, sia combattendo nelle prime linee di importanti battaglie. La Turchia usa armi chimiche sui civili. La Turchia vuole dividere il Kurdistan turco (Bakur) dal Kurdistan siriano (Rojava) compiendo una pulizia etnica e insediando nella zona di confine una nuova popolazione arabo-sunnita al posto della popolazione composta da curdi, armeni, assiri, siriaci, suryoye e altre etnie. Contestualmente vuole speculare sul business edilizio per compensare la grave crisi economica.

Ma cos’è realmente il Rojava? Quale progetto e visione del mondo sta sviluppandosi nel nord-est della Siria?

Oggi, più che mai, è importante conoscere il Confederalismo Democratico, un processo politico in continua evoluzione il cui principale teorico, Abdullah Öcalan, è  detenuto da venti anni in isolamento ad Imrali – l’isola carcere turca della quale è stato a lungo l’unico detenuto.Conoscere i punti fondanti e la storia è indispensabile per individuare il contesto attuale di una guerra di fronte alla quale non possiamo permetterci indifferenza. Partiamo da una breve cronistoria:

⭕1916 – Accordo Sykes-Picot: con il crollo dell’impero Ottomano Francia e Inghilterra si dividono arbitrariamente il Medio Oriente, spartendosi le colonie e creando, a grandi linee, gli stati-nazione contemporanei ma lasciando il popolo curdo senza stato,  dividendo il territorio del Kurdistan tra Turchia, Iraq, Iran e Siria.
⭕1973 – il movimento indipendentista e anti-colonialista curdo inizia le proprie attività nella zona del Bakur (Kurdistan turco). Quattro anni dopo, da quelle istanze, nascerà ufficialmente il Partito dei Lavoratori del Kurdistan. 1980 – In Turchia un golpe militare mette a tacere tutte le opposizioni, le istanze democratiche e di auto- governo. La sanguinosa repressione (torture, esecuzioni, centinaia di arresti e migliaia di processi per “cospirazione”) non si conclude con il formale ritorno alla democrazia (1984), così i curdi si trovano costretti a percorrere la strada della resistenza armata.
⭕1993 – dopo 9 anni di combattimenti, Öcalan, fondatore del Partito dei Lavoratori del Kurdistan,  richiede l’avvio di negoziati per la pace e l’autodeterminazione del Kurdistan. Il governo turco invece intensifica la repressione.
⭕1999 – Costretto a lasciare il suo esilio in Siria e a vagare per diversi Paesi tra i quali l’Italia, a seguito di un complotto internazionale, Öcalan viene arrestato nell’ambito di un complotto internazionale dai servizi segreti USA e turchi con la collaborazione del Mossad. Da quel momento, nel suo personale carcere ad Imrali (Turchia), nelle sue riflessioni politiche e filosofiche si avvicina al municipalismo libertario e inizia a scrivere, nonostante la difficoltà di reperire libri e comunicare dovuta al totale isolamento, i suoi scritti di autodifesa e teorici che diventeranno i caratteri fondanti del Confederalismo Democratico.
⭕Dopo il 2000 – In seguito a continue evoluzioni, congressi e decostruzioni organizzative, il movimento riflette criticamente sul marxismo leninismo dogmatico e abbandona l’idea della formazione di uno stato curdo a favore di un’idea di autogoverno locale. Contestualmente avviene una riflessione critica su alcuni aspetti dell’esperienza della lotta armata. Il nodo non è la violenza rivoluzionaria, ma la legittimità dell’autodifesa.
⭕2012 – Le forze armate governative siriane, nel contesto della guerra civile che imperversa nel paese nel contesto delle “primavere arabe”, anche a seguito di insurrezioni in alcune importanti località, determinano in Rojava un vuoto di potere nel quale il movimento curdo sceglie la cosiddetta “terza via”. Il controllo e la protezione viene assunto dal suo stesso popolo, il quale si organizza formando le YPG (unità di protezione popolare) e le YPJ (unità di protezione delle donne). Il partito più radicato nella zona, a maggioranza curda, è il PYD (Partito dell’Unione Democratica) che avvia la costruzione di un percorso di convivenza multietnica, multireligiosa, democratica e confederale basato sulla liberazione delle donne e sull’ecologia, nei cantoni di Afrin, Cizîrê e Kobane, sulla base della Carta del Contratto Sociale del Rojava – che fa proprie le istanze del Confederalismo Democratico.
⭕2014 – da qui in poi la guerra si inasprisce. L’ISIS arriva a Kobane, che resiste e dopo mesi d’assedio viene definitivamente liberata, ponendo le basi per la sconfitta inesorabile del Califfato. Nonostante la presenza di potenze internazionali e l’alleanza strategica con la coalizione internazionale a guida USA (che fornisce assistenza aerea), la Turchia non perde occasione per bombardare il Rojava e dare protezione ai suoi nemici (proprio quei terroristi islamo-fascisti di ISIS che la coalizione combatte).
⭕2018 – Mentre YPG e YPJ costruiscono le FDS (Forze Democratiche Siriane) per unire tutti i popoli liberi della regione e con esse avanzano inesorabili ad est, fino al cuore del Califfato e conquistano Raqqa, la “capitale” dell’autoproclamato Califfato nero, la Turchia avvalendosi dell’aiuto di milizie della ESL (Esercito Libero Siriano– una realtà composita composta da milizie di anti-regime con simpatie per il fondamentalismo in parte sostenute anche dall’occidente in funzione anti-Assad) e colpisce Afrin, occupandola militarmente grazie all’inerzia sia della coalizione internazionale anti-IS sia della Russia e del regime di Assad. Questa operazione è stata denominata Ramoscello d’Ulivo. Sono documentate atrocità ancora in atto da parte degli occupanti.
⭕2019 – i territori rimasti sotto il dominio dell’ISIS vengono liberati dalle FDS, che sradicano le gerarchie del fondamentalismo islamico construendo le basi per lo sviluppo di una società basata sulla democrazia dal basso secondo il modello dei consigli in tutta l’area. Nell’ultima operazione a Baghuz cade combattendo il partigiano internazionalista italiano Lorenzo Orsetti.
⭕Oggi – le forze armate turche, avvalendosi dei mercenari del ENS costituito dalle milizie islamiste che sempre hanno goduto del sostegno logistico, politico e finanziario del regime turco, avviano l’operazione “Fonte di Pace” con l’assenso degli USA – che prevede l’invasione turca di una parte consistente della regione e la conquista di città cardine come Kobane, Qamislo e Serekaniye; la totale sostituzione etnica degli abitanti attuali con il pretesto di reinserire rifugiati siriani ormai invisi alla popolazione turca a causa della grave crisi economica che attanaglia il Paese. Questa operazione di reinsediamento selettivo viene mascherata attraverso un ricatto all’UE: Erdogan minaccia di aprire le frontiere facendo arrivare in Europa i profughi che avrebbe dovuto trattenere a fronte di un accordo con l’UE finanziato con ben 6 miliardi di Euro. Nell’operazione militare  ancora in corso, è documentato l’uso di armi chimiche come fosforo bianco e napalm sui civili di Serekaniye e in altre località da parte dell’esercito turco e dei suoi proxy jihadisti.

Cercando di fissare per macro-punti una storia incompleta e lacunosa del movimento democratico che si sta esprimendo in Rojava, non intendiamo tacere le diverse articolazioni che esistono all’interno del popolo curdo, ma dare risalto alle conquiste che nel corso degli anni sono state ottenute e vanno salvaguardate pur nelle loro diversità. Passando alle idee, insistendo sulla necessità di conoscere il progetto politico della rivoluzione in Rojava, cercheremo di riassumere la complessità dell’esperienza.

A scadenza regolare, in previsione del corteo nazionale del 1 novembre contro l’invasione turca, pubblicheremo un post che tratti i macro-temi, le prospettive e le applicazioni di un progetto democratico avanzato, possibile soluzione in tutto il Medi Oriente dei conflitti, delle diseguaglianze, del terrorismo e dei fondamentalismi che lo hanno caratterizzato come una delle pagine più drammatiche di questo e del secolo scorso, con le ripercussioni viste in tutto il mondo.

*Rete Kurdistan Italia

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