La mala informazione: perchè tutti parlano di migranti?

Il 22 luglio 2019 è stato un giorno molto particolare… E sapete perché? È stato l’unico giorno in tutto il 2019 in cui i TG non hanno parlato di immigrazione! Le notizie legate al tema dell’immigrazione rappresentano l’11% del totale delle notizie prodotte dai principali Telegiornali (quelli delle tre reti RAI, delle tre reti Mediaset e il TgLa7). Parliamo di oltre 4.000 servizi nei telegiornali di prima serata, ossia il numero più alto negli ultimi dieci anni. Nel 2019 solo un giorno su 355 non ha avuto notizie riguardanti profughi, migranti, rifugiati.

Stessa cosa vale per la carta stampata: nel 2019 sono 1.091 le notizie dedicate al tema dell’immigrazione sulle prime pagine dei principali quotidiani italiani, il 30% in più rispetto all’anno scorso (sono solo 29 i giorni del 2019 senza notizie in prima pagina). La maggior parte delle notizie riguarda partenze, arrivi, porti, navi ed è declinata secondo un frame conflittuale e emergenziale, di solito con titoli di orientamento negativo. L’Accoglienza rappresenta una parte minuscola delle notizie (8%, il valore più basso degli ultimi 5 anni). Solo il 7% dei servizi dà voce direttamente a immigrati, migranti e profughi, mentre i politici e le istituzioni trovano ampio spazio per parlare del tema e lo fanno sempre in un determinato schema (l’immigrazione come un luogo di conflitto tra le cosiddette élite dominanti con il popolo che cerca di tutelare la propria identità. Pochissimo lo spazio dedicato alle buone pratiche di integrazione, iniziative dal basso, approfondimenti sulla complessità delle cause e degli effetti).[1]

La dimostrazione (o forse sarebbe meglio dire “la conseguenza”) di tutto questo? La percezione che gli italiani hanno sull’immigrazione risulta del tutto distorta.

In Europa e in Italia predomina l’idea di un’invasione di una folla incalcolabile di richiedenti asilo e rifugiati, un fenomeno gigantesco e tumultuoso, in costante aumento. L’opinione più diffusa è che gli immigrati siano per la maggior parte maschi e mussulmani, provenienti dai paesi più poveri dell’Africa e del Medio Oriente. Tutte queste affermazioni NON sono vere.

Sbarchi nel 2017, 2018 e 2019

Infatti:
• in Italia l’immigrazione è più o meno stazionaria da 4-5 anni
• gli sbarchi sono calati drasticamente (da 119 mila nel 2017 a 11 mila nel 2019)
• i rifugiati o richiedenti asilo sono meno del 7% degli stranieri presenti in Italia
• più del 50% degli immigrati proviene da altri paesi europei
• la maggior parte degli immigrati sono donne (52%)
• la maggior parte degli immigrati proviene da paesi di tradizione cristiana
• gli immigrati non provengono dai Paesi più poveri del pianeta, se non in minima parte, e non sono nemmeno i più poveri delle loro nazioni. Infatti, in molti casi, l’emigrazione è una strategia estrema di difesa di uno stile di vita da “classe media”. I poverissimi dell’Africa di norma non riescono neanche ad arrivare al capoluogo del loro distretto mentre per migrare occorrono risorse: economiche, culturali, di istruzione, sociali, qualcuno che aiuti ad insediarsi. [2] [3] [4]

E allora basterà spiegare queste cose a tutti e il razzismo sparirà magicamente? Perché il tema dell’immigrazione continua a essere così centrale nei nostri notiziari?

Questo trend è ovviamente legato alla politica, che usa il tema ‘migranti’ per alimentare la paura e spostare voti a proprio favore, in questa “campagna elettorale permanente” che va avanti ormai dal 2017. Uno specchietto per le allodole che permette di non affrontare altri temi, molto più scottanti.

E se fino a qualche anno fa gli italiani avevano anticorpi robusti contro il razzismo, dopo un decennio di crisi economica e di costante peggioramento delle proprie condizioni di vita, alla fine ci sono cascati in pieno! Stando ai sondaggi, infatti, il partito che ha fatto della guerra ai migranti la propria bandiera (più a parole che nei fatti) avrebbe il sostegno di quasi un cittadino su tre, mentre continua a crescere anche l’estrema destra tradizionale. Il PD e i 5Stelle, dal canto loro, si sono tuffati nella mischia tirando fuori le peggio schifezze: decreto Minniti, accordi con la Libia per finanziare (con le nostre tasse) i lager d’oltremare, criminalizzazione delle ONG che salvano vite nel Mediterraneo, chiusura mediatica dei porti e immunità parlamentare per chi l’ha introdotta.

Si alimenta la polemica, come abbiamo visto basata su percezioni e non su dati reali, e con essa la guerra tra poveri che ha permesso negli ultimi anni ai governi (di ogni colore) di portare avanti privatizzazioni (i beni comuni, le cose che erano nostre e che sono state svendute ai privati, beni che pagheremo d’ora in poi a caro prezzo), esternalizzazioni (lavoratori pubblici dati in gestione a ditte private esterne), politiche di rigore e austerità, manovre “lacrime e sangue”, tagli agli investimenti pubblici, decreti salva-banche, riforme delle pensioni, riforme nel mondo del lavoro (ad esempio il “Jobs act” di Renzi), tagli dei salari, decreti sicurezza che mettevano in sicurezza solo i padroni.

Crescita salari reali 2010-2014 e 2014-2018 (in Italia diminuiscono)
Da Marta Fana, Basta salari da fame

E queste riforme hanno funzionato alla grande! Se infatti (come personalmente ritengo) le intenzioni erano quelle di tutelare determinati interessi economici, l’obiettivo è stato pienamente centrato: dall’inizio della crisi economica i ricchi sono diventati sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. Si vedano i dati Eurostat: il 10% più ricco della popolazione detiene il 25% dei redditi totali, massimo livello proprio dall’anno in cui scoppiò la crisi dei subprime. D’altra parte, il 10% più povero della popolazione ha ormai accesso a solo il 2% della ricchezza complessiva.

Eppure di questa enorme disparità sui notiziari non se ne parla: la percezioni, in questo caso, è che tutto il mondo sia in crisi… quante volte abbiamo sentito ripetere che “siamo tutti sulla stessa barca”? Dobbiamo andarci piano col chiedere più diritti, sennò le aziende falliranno o fuggiranno all’estero e anche noi resteremo senza lavoro.

La gente, il popolo… le persone, insomma, sono preoccupate se non disperate. Capiscono bene che le cose non vanno, lo vivono sulla propria pelle. La disoccupazione, la precarietà, il lavoro nero, il lavoro grigio, le mille forme di contratti del tutto fantasiosi (ovvero che non corrispondono per niente al lavoro che si va poi effettivamente a svolgere), le paghe che non sono giuste neanche un po’, le tante cose che non possiamo più permetterci, le cose che non ci siamo MAI potuti permettere nonostante ci facciamo un c**o così.

E non danno più per scontato nulla: l’istruzione, il lavoro, la sanità, la casa. Sembra che i diritti siano all’improvviso diventati privilegi, chi non ne gode li vuole addirittura togliere agli altri. Come diceva qualcuno “Quando milioni di poveracci sono convinti che i propri problemi dipendano da chi sta ancora peggio, siamo di fronte al capolavoro delle classi dominanti”! E infatti, questa paranoia collettiva contro migranti, alla fine, ci si ritorce contro perché li rende ancora più emarginati e quindi sfruttabili dai padroni. E se ci sono lavoratori più sfruttabili e con meno diritti state sicuri che prima o poi cercheranno di portare tutti allo stesso livello (al ribasso, ovviamente).

Da qui nasce a mio avviso la necessità di ripartire dalle basi: leggere, informarsi, approfondire e poi incontrare gli altri, parlare, spiegare le cose, confrontarsi sui problemi e su come aiutarsi, creare comunità. E quindi organizzarsi contro chi ci sta togliendo tutto, tirare su strutture capaci di intervenire nel dibattito pubblico, di porre al centro i problemi reali, mettere in campo campagne e mobilitazioni in grado di incidere realmente sulle politiche dei governi. Si pensi a cosa sta accadendo in Francia contro la riforma delle pensioni o alla mobilitazione dei gilet gialli (che ha bloccato l’aumento di una tassa che andava a colpire i più poveri ed ha ottenuto molte altre cose, tra cui l’aumento dei salari minimi). Si pensi alle mobilitazioni contro il neoliberismo in america Latina. Quando la gente capisce come stanno le cose, chi è il vero nemico, è disposta a scendere in piazza per mesi.

L’unica arma efficace contro il razzismo dilagante è la redistribuzione della ricchezza. Perché il razzismo è una risposta a un problema ancora più alla radice: le disuguaglianze sociali. Finché la gente si sentirà con l’acqua alla gola, si agiterà per restare a galla affogando chi gli sta intorno. La gente è stanca e non capisce cosa ha sbagliato nella vita, perché viviamo in una società che porta l’individuo a pensare di essere il solo artefice del proprio destino, dunque se sei povero è colpa tua. E siccome la gente lavora sodo, ce la mette tutta per tirare avanti, proprio non capisce perché non esca mai da quella situazione in cui se capita un qualunque imprevisto non sa più come arrivare a fine mese (la macchina che si rompe, un tubo che perde, una malattia in famiglia). E poi arriva qualcuno che ti offre soluzioni facili: “fermiamo gli sbarchi, difendiamo i confini, tu non hai colpe, la colpa è degli immigrati”. E la gente si sente sollevata, perchè pensa “hai visto, allora il problema non sono io!”. E infatti il problema non è la gente, o almeno non è la maggior parte della gente.

Il problema è innanzitutto che non c’è nessuno che spieghi come stanno realmente le cose (in un linguaggio comprensibile). Perché per parlare alla gente noi non abbiamo i mass-media. Non possiamo mandare in onda più di 4000 servizi in prima serata, non possiamo riempire le prime pagine dei giornali. Solo chi ha i soldi può permetterselo: ma ovviamente tutelerà gli interessi di chi ha i soldi. E questo è il secondo problema: nessuno tutela i nostri interessi.

A noi dunque tocca questo compito di difenderci e di difendere i soggetti più vulnerabili. E non combattiamo ad armi pari, dobbiamo percorrere una strada molto più lunga, stare tra la gente e parlare con la gente, aiutare le persone a risolvere i propri problemi. Solo così possiamo guadagnarci la loro fiducia.

Per questo è importante stare nelle Case del popolo esistenti e aprirne di nuove (ma nel senso letterale, non circolini esclusivi di compagni, ma luoghi dove il popolo passi il proprio tempo libero e si senta a casa). Per questo è importante andare ovunque i lavoratori o gli studenti protestino e vengano attaccati (si pensi ai lavoratori SiCobas di Prato, multati per 84 mila euro dalla Questura per aver scioperato dopo 8 mesi di lavoro senza contratti regolari e senza stipendio). Per questo non basta dire io sono “antirazzista”, non basta nemmeno se lo urla una folla immensa che riempe un’intera piazza. Perché gli altri, quelli che in piazza non ci sono venuti, quelli che votano Salvini o la Meloni, non sono persone cattive ma incattivite, persone che stanno affogando nella propaganda e odiano tutti, se la prendono con te che sai nuotare e non con quel riccone un po’ più in là che va in giro col motoscafo e alza le onde… in altre parole sono persone che non ne possono più, che sono frustrate da anni (decenni) di erosione dei diritti, di emigrazione forzata, di famiglie smembrate, periferie abbandonate, servizi pubblici cari e scadenti, agenzie interinali, ditte esterne, inquadramenti non all’altezza rispetto al curriculum o alle proprie capacità, delocalizzazioni… e molto probabilmente quelle persone non ti ascolteranno finché non tenderai loro la mano e le tirerai fuori da questo mare di propaganda e problemi.

*Thomas Maerten