Un pretesto, uno spunto, un invito a mettere a fuoco uno dei problemi più gravi che ci troviamo davanti, e anche di più difficile soluzione, a meno di cambiare radicalmente il sistema.
Ecco cosa è Cambiamenti climatici e il movimento di Greta Thunberg, la pubblicazione curata da Maurizio Da Re e formata da una scelta accurata di contributi sul tema. Si tratta di articoli che forniscono dati e analisi sul danno ambientale da cui il nostro pianeta viene progressivamente colpito, ma salutano anche la nascita di movimenti globali che hanno portato sulle prime pagine dei media un’emergenza prima segnalata solo da alcune voci indipendenti.
Bene allora raccogliere e selezionare documenti dei FFF Italia e Extinction Rebellion, articoli e saggi di Luca Mercalli, Guido Viale, Giuseppe Onufrio e Luca Iacoboni di Greenpeace, Umberto Mazzantini di Greenreport, Alberto Castagnola, Alex Zanotelli, Mao Valpiana.
Bene diffondere con ogni mezzo l’eco delle parole di Greta Thunberg, dei “venerdì per il futuro” e di Extinction Rebellion con i milioni di giovani scesi nelle piazze. Fino a che i loro cori non si siano trasformati in un boato impossibile da ignorare. Magari amplificato da chi, come Nicoletta Dosio militante No Tav, scrive dal carcere dove è rinchiusa per essersi ribellata alle grandi opere inutili e dannose:”Sappiamo che non c’è più tempo. Bisogna agire qui e ora per evitare la catastrofe sociale e ambientale”.
Dobbiamo dire però che a parole l’allarme dell’emergenza climatica sta arrivando anche da sponde opposte: dai meteorologi Onu che dichiarano senza incertezze: “Con le attuali emissioni di gas serra siamo diretti verso un aumento della temperatura dai 3 ai 5 gradi entro la fine del secolo”. E persino, e la cosa più che tranquillizzarci ci inquieta, dal World Economic Forum di Davos, che mette l’emergenza climatica in cima all’agenda per i rischi globali di natura finanziaria.
Sulla necessità di una lotta ai cambiamenti climatici, parole se ne sono spese tante da parte dei potenti, ma fatti ne abbiamo visti pochi, anzi niente, come ha dimostrato la recente conferenza sul clima di Madrid. Infatti, nel corso del COP24 sul clima, a ostacolare misure per l’abbattimento delle emissioni responsabili del progressivo riscaldamento globale sono state le più forti economie del pianeta (Stati Uniti in testa) e le grandi imprese dei combustibili fossili, che non ci pensano neanche a cambiare modello di produzione e di sviluppo. Del resto, non sono stati in grado neanche di accordasi su un’articoletto fatto su misura per chi vorrebbe una transizione ecologica continuando a consumare come ha sempre fatto: il famoso articolo 6, che avrebbe dovuto regolare un “mercato” della CO2, nel quale i paesi più ricchi si ripuliscono la coscienza bilanciando le loro emissioni con quelle di paesi emergenti dove costruire impianti più ecologici. Non lo rimpiangiamo, ma sottolineiamo che il mancato accordo è dovuto all’eccesso di voracità da parte dei soggetti interessati.
Non ci eravamo fatti alcuna illusione. Come può partire dai vertici una politica in difesa dell’ambiente che confligge radicalmente con la corsa sfrenata al profitto e allo sfruttamento di risorse naturali (e umane, aggiungo) di ogni genere, su cui si regge l’attuale sistema capitalistico?
Sarà bene allora che dal basso si alzi un’onda in grado di travolgere l’esistente e capovolgere le priorità: per noi in cima ci stanno due concetti indissolubili: giustizia sociale e giustizia ambientale. Perché anche noi profondamente crediamo che l’imperativo sia uno: distruggi il sistema, non il pianeta.
*Ornella De Zordo
Cambiamenti climatici e il movimento di Greta Thunberg, a cura di Maurizio Da Re, Centro Documentazione Pistoia, 2019, pp 80, 10 euro
Ornella De Zordo
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