Tornado Sinn Féin, la svolta a sinistra dell’Irlanda

Il sistema politico irlandese è stato letteralmente terremotato dalle elezioni dello scorso 8 febbraio. Il partito repubblicano di sinistra Sinn Féin (in Europa nel gruppo GUE-NGL), fondato nel 1905, si è imposto per la prima volta nella storia come primo partito, raggiungendo il 24,5% del voto popolare. Seguono i due partiti di centro-destra, che hanno retto il sistema politico irlandese fin dalle sue origini, Fianna Fáil (ALDE, confluito in Renew Europe), con il 22,2%, e Fine Gael (PPE) del premier uscente, fermo al 20,9%.

Mary Lou McDonald, leader Sinn Féin

La tensione è palpabile nei media irlandesi e in tutto l’establishment, abituato allo strano duopolio di centro-destra, e visibilmente imbarazzato per questo immenso successo della sinistra repubblicana. Il Sinn Féin è stato infatti a lungo ostracizzato per esser stato il braccio politico dei combattenti della Provisional IRA, attivi soprattutto in Irlanda del Nord contro la presenza britannica, ritenuta una potenza coloniale. Solo nel 1997, dopo 40 anni esatti di attività extraparlamentare, il Sinn Féin è riuscito ad eleggere un deputato in parlamento, con il 2,6% dei consensi espressi. Ma la vittoria dell’8 febbraio non arriva dal nulla. Il partito, molto forte nei quartieri operai e a ridosso del confine con l’Irlanda del Nord, dal ‘97 ha gradualmente incrementato i suoi consensi fino al 13,8% del 2016 e al risultato attuale di primo partito della Repubblica.

Il Sinn Féin si è così imposto come partito di riferimento della sinistra irlandese, rubando lo scettro al Labour, che ha pagato la scelta di governare insieme alle destre. Nel 2011 il Labour aveva infatti collezionato il 20% delle preferenze. Accettando di formare un governo con il Fine Gael, si è poi ritrovato a implementare il programma della ‘Troika’ di FMI-BCE-Commissione Europea, arrivata a Dublino pochi mesi prima. Alle successive consultazioni elettorali, il Labour è crollato al 6% e da allora non si è più davvero ripreso, avendo anche subito una scissione a sinistra, con la nascita del Partito Socialdemocratico. La parabola del Labour è un avvertimento: un partito di sinistra che si allea con le destre e accetta tutti i diktat neoliberisti e le politiche d’austerità dell’Unione Europea (Ue) viene poi punito dai suoi elettori.

Intanto nel 2016 il Sinn Féin si era schierato con il NO al referendum sul fiscal compact, ovvero il patto di bilancio tra i paesi membri dell’Ue. E oggi si è presentato agli irlandesi con una campagna elettorale i cui due punti principali sono: casa e sanità. Per entrambe si propone un decisivo intervento pubblico, da finanziare tramite tassazione sui redditi più alti e sulle corporations, che in Irlanda godono di un privilegio fiscale unico in tutta Europa. Oltre agli alti costi della sanità privata e le lunghe attese, l’Irlanda soffre anche di un gravissimo problema relativo al mercato abitativo, quasi privo di nuova edilizia pubblica. Problema di cui ne fanno le spese soprattutto i giovani e che produce una quantità spropositata di senzatetto. Dal 2014 il numero di famiglie senza più una casa è aumentato del 280%.

È quindi una decisiva impronta sociale ad aver portato molti giovani e molti lavoratori a dare la propria preferenza al Sinn Féin. E non i temi nazionalistici, come la gran parte dei media nostrani ed europei hanno voluto far credere. È stato infatti calcolato che la Brexit, e la conseguente questione della riunificazione dell’isola, pur rimanendo un tema importante, ha pesato per il solo 1% degli elettori. Il secondo tentativo di denigrare l’esito delle consultazioni si è concentrato sul voto dei giovani, i quali vengono presentati come persone senza conoscenza del passato. Insomma, se il Sinn Féin è il partito dell’IRA, votarlo può essere solo il risultato di ignoranza. I giovani intervistati però hanno rimandato al mittente le accuse: conoscono la storia d’Irlanda, ma hanno scelto di dare spazio ai loro bisogni. E d’altra parte anche la Commissione Indipendente di Monitoraggio del governo britannico ha sottolineato nel 2015 che la Provisional IRA persegue l’obiettivo della riunificazione con i soli mezzi politici.

Ma se questo è il successo del partito guidato da Mary Lou McDonald, succeduta nel 2018 Gerry Adams, la situazione rimane difficile. Infatti, il Sinn Féin, per paura di non riuscire a fare un buon risultato, ha presentato solo 42 candidati. Di questi ben 37 sono stati confermati, a fronte degli 80 necessari per formare una maggioranza. Il Fianna Fáil è arrivato a 38 deputati (avendo presentato il doppio dei candidati del SF) e il Fine Gael si è fermato a 35. Per fare un governo sarà dunque necessaria una coalizione. Le agenzie di scommesse davano un governo di coalizione tra Fianna Fáil, Sinn Féin e Verdi (7,1% e 12 parlamentari eletti) come il più probabile. In seguito ad una grande riunione tenutasi il 13 febbraio, il Fianna Fáil ha però fatto sapere che un governo con il partito repubblicano è fuori discussione. Anche perché la McDonald aveva chiarito che entro cinque anni avrebbero chiesto di indire un referendum per la riunificazione dell’Irlanda. La decisione di Fianna Fáil d’altra parte salva il Sinn Féin da possibili tentazioni di governi con la destra, col rischio di fare la fine del Labour.

Ma che succede ora? Un governo di coalizione di sinistra non è possibile, nonostante i buoni risultati ottenuti dalle formazioni minori. Oltre ai Verdi, sono da segnalare i 6 seggi ciascuno di Labour e SocialDemocrats, i 5 seggi dell’alleanza Solidarity-People Before Profit, una formazione trozkista, e alcuni indipendenti di sinistra. Ma nemmeno un governo di centro-destra è possibile, a meno che non trovino qualche sostegno da indipendenti o dai Verdi, escludendo che il Labour si presti nuovamente. Per il Sinn Féin potrebbe meritare stare all’opposizione. Ma se invece si dovesse tornare alle urne, potrebbe allora presentare molti più candidati e provare a fare il pieno di deputati. E chissà che a quel punto un vero governo di sinistra non sia possibile? Sarebbe una novità assoluta per la repubblica dell’isola di smeraldo.

Non sembra quindi ancora arrivato il momento di prendere le redini del paese per i “bolscevichi verdi”, come Antonio Gramsci definì il Sinn Féin dopo la mitica Rivolta di Pasqua del 1916 contro l’impero britannico. Ma il duopolio Fianna Fáil-Fine Gael sembra spezzato. E questa è una buona notizia per l’Irlanda, ma anche per la sinistra europea, che ritrova un’identità in queste elezioni. Se il Sinn Féin dell’Irlanda del Nord può spingere soprattutto sui caratteri di difesa nazionale della sua comunità di riferimento, il Sinn Féin della Repubblica d’Irlanda no. E la sua partita più grande si svolge sul campo del mercato edilizio. Da una parte i bisogni delle persone, l’intervento pubblico, e l’avvio di un programma di edilizia popolare, che assicurerebbe al partito vita lunga. Dall’altra chi dall’attuale situazione ci ha guadagnato: finanzieri, speculatori, banche, e le principali forze interne all’Unione Europea.

Francesco Ventura