Artigiani di strada: bravi ma cancellati dalla Regione Toscana

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Scoramento, ma soprattutto rabbia. Sono queste le note dominanti in una categoria che rischia di essere condannata all’invisibilità dalla nuova legge regionale sul commercio, vale a dire quella degli artigiani di strada.

A spiegarne il perché, ci pensa il presidente dell’Associazione Artigiani di Strada Giovanni Rubattu, che partendo dalla definizione di cos’è un artigiano di strada,  “i lavoratori che coniugano ideazione, creazione e vendita diretta, come elementi inscindibili del proprio lavoro”, ricorda anche le tappe di un percorso al cui culmine, ormai svariati mesi fa, ci fu la richiesta che anche il Comune di Firenze si dotasse, come molti altri Comuni italiani, di un registro degli OPI (vale a dire, “operatori del proprio ingegno”). Richiesta che vide anche un incontro con la commissione 2 del lavoro di Palazzo Vecchio, presidente il consigliere Enrico Conti, che si espresse in termini molto positivi e sull’attività degli artigiani, e sulla richiesta. Ma a quell’incontro non ne seguirono altri.

De resto, ciò che sottintende il lavoro di questi creativi, è qualcosa che si colloca non solo in ambito economico, dove i riscontri dell’interesse che questa proposta solleva sono molti, giudicando anche le svariate richieste di intervento con le proprie opere che gli artigiani di strada ricevono quando si tratta di alzare il livello qualitativo delle varie iniziative circa l’artigianato, di mercatini alle mostre, ma il concetto stesso di lavoro. Avere l’idea, realizzarla e venderla direttamente configura un modello di lavoro sostenibile slow, esclusivo, slegato dalle logiche del consumo che sovrintendono la nostra società. Un modello destabilizzante, per le logiche di produzione industriale, che dovrebbe convivere e svilupparsi insieme al cosiddetto “artigianato di servizio”. Una modalità di lavoro “libero”, in cui la produttività non si conta a numero di pezzi prodotti, ma nella qualità, estetica e/o funzionale, dell’opera stessa.

In questa temperie a un tempo economica, artistica e sociale , ecco che giunge la legge regionale, nuova, sul commercio, che, in buona sintesi, fa sparire questo modello.  “Si tratta della peggiore legge nel panorama nazionale – spiega Rubattu – sparisce qualsiasi riferimento alle cosiddette opere dell’ingegno creativo, già disciplinate da una serie di riferimenti normativi, riferimenti che tutte le regioni recepiscono (in particolare  legge regionale Emilia Romagna 24 maggio 2013, n. 4 modificata e chiarita dalla successiva LEGGE REGIONALE 21 dicembre 2018, n. 23)”.

La nuova normativa, spiega ancora Rubattu,  “fa a pezzi il nostro lavoro e finisce con il condannare all’invisibilità centinaia di esperienze creative del territorio. Del resto, ad un incontro nazionale avvenuto mercoledì scorso a Empoli, con interventi del mondo contadino, di svariati urbanisti e dell’antropologo Boni, sono emersi i lineamenti di un mondo sorprendente e con una sorprendente vitalità. Noi parliamo di bene comune, difesa del territorio, animiamo le piccole filiere locali, diamo vita agli scarti e favoriamo l’economia circolare in forme sperimentali e innovative. Non siamo hobbisti (come sembra collocarci la nuova legge regionale) e nemmeno impresa”. L’Associazione aveva anche sollecitato la Commissione 2 a introdurre una specifica precisazione nella legge, vale a dire la dicitura “Non rientrano nella definizione di hobbisti i soggetti di cui all’articolo 4, comma 2, del decreto legislativo n. 114 del 1998″. Se la pandemia ci ha messo in ginocchio – conclude Rubattu – questa legge ci condanna in maniera definitiva”.

Un percorso senz’altro ancora più in salita, quello che ha come obiettivo, intanto, il riconoscimento di esistenza dell’artigiano di strada, la creazione del registro degli OPI, e infine un generale cambio di visione circa queste modalità di lavoro, creatività e vendita diretta. Insomma, ciò che servirebbe è un riappropriarsi di ciò che fece grande Firenze nel suo passato e che potrebbe ancora giocare, magari sulla spinta dell’emergenza pandemica, un ruolo essenziale nel rilancio della città nel futuro: invece di pensare a resort a 5 stelle o a nuove agevolazioni per un turismo in calo per chissà ancora quanto tempo, sarebbe forse questa una delle chance per sganciare il tessuto economico, cittadino in particolare, dalla vorace e monocorde schiavitù da azienda turistica. 

Intanto, l’Associazione degli Artigiani di Strada ha chiesto almeno due date indicative per un nuovo incontro con l’amministrazione comunale, mentre, per quanto riguarda la legge regionale, potrebbe essere messa in conto la possibilità di una modifica nel senso indicato dagli operatori. Sì, ma non prima, per ragione di tempi tecnici, di settembre/ottobre. Ovvero, agli inizi della nuova legislatura. Oltre ad incontrare nuovamente l’amministrazione, l’Associazione degli Artigiani di Strada presenta un progetto che prevede la presenza nello spazio pubblico di attività dimostrative e di promozione dell’artigianato manuale, con artisti provenienti dalle varie realtà produttive toscane, come spiega Rubattu, oltre a “un ambito di discussione su attività, problematiche e innovazione con la presenza di relatori che potranno esporre lo stato dell’arte, le normative e il progetto delle associazioni promotrici”. Il documento è firmato, oltre che da Artigiani di strada anche da Manodopera, un’altra associazione del settore.

*Stefania Valbonesi

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Stefania Valbonesi

Nata a Ravenna, età vintage, svolge ttività giornalistica da circa vent'anni, essendo prima passata dall'aspirazione alla carriera universitaria mai concretizzatasi. Laurea in scienze politiche, conquistata nella fu gloriosa Cesare Alfieri. Ha pubblicato due noir, "Lo strano caso del barone Gravina" e "Cronaca ravennate", per i tipi di Romano editore.

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