Adotta una bolletta: non serve carità, ma Stato sociale

‘Adotta la bolletta di un over 65’, questa è la proposta del Sindaco e della Giunta di Firenze in risposta al caro bollette, di fatto vengono raccolte donazioni per persone che hanno pensioni ai limiti della sussistenza e che non reggerebbero quest’ulteriore rincaro che colpisce le vite quotidiane di tutti e tutte. Non ci sarebbe nulla di male, in fondo associazioni, case del popolo e attivisti si erano già dati da fare durante il lockdown con aiuti alimentari e altro per chi era stato messo in ginocchio dalla perdita del lavoro e dalle mancate entrate. Ma quando una proposta di questo genere arriva dall’amministrazione qualcosa che non torna c’è.

Quest’iniziativa, benché raccontata con sfumature zuccherine, rappresenta il tentativo di far ricadere sul singolo e sulla sua generosità una responsabilità che dovrebbe essere dello Stato. Sostituire e confondere le idee tra beneficenza e welfare è un concetto talmente neoliberista da richiamare alla memoria i fantasmi di Ronald Reagan e Margareth Thatcher. Fu Reagan a chiedere al volontariato di colmare le enormi lacune nella rete di sicurezza sociale americana, mentre era lui stesso a tagliarne i costi. Negli anni ’90, gli anni di Clinton e Blair, un testo di grande diffusione, non a caso celebrato da Newt Gingrich e William Bennett, The Tragedy of American Compassion di Marvin Olasky sosteneva che il sistema puramente privato di organizzazioni di beneficenza e volontariato del XIX secolo faceva un lavoro migliore nel provvedere al bene comune rispetto al welfare state del XX secolo.

Eppure anche negli Stati Uniti, dove le donazioni private mettono in circolo molto denaro, principalmente perché costituiscono un escamotage per pagare molte meno tasse, il sistema basato sulla charity privata si è mostrato fallimentare in occasione della crisi del ’29 quando il presidente Hoover affidò, proprio come fanno oggi i conservatori, qualsiasi risposta alla crisi economica a “lo spirito di carità e di mutuo aiuto personale attraverso la donazione volontaria”. Sappiamo come andò a finire, nel ’33 fu eletto F.D.Roosvelt e nacque il New Deal. Anche in epoca più recente una ricerca di Robert Reich e Christopher Wimer ha mostrato come nei momenti di crisi economica anche le donazioni vanno in crisi. Nel 2008 infatti le persone donarono l’8% in meno rispetto all’anno precedente e le loro donazioni diminuirono di un ulteriore 3,6% nel 2009. I lasciti di beneficenza si ridussero complessivamente del 21% tra il 2008 e il 2010.

Ma torniamo all’Italia di oggi, nell’era del Governo Draghi, che nella migliore delle tradizioni neoliberiste sta scaricando tutti i costi sociali sulla cittadinanza, assottigliando sempre di più le risorse per i servizi pubblici. Il caro bollette ne è la prova lampante. Ma cosa può fare un Comune? Non può essere certo un’amministrazione locale a far scendere i costi delle bollette. Eppure un comune che fosse davvero impegnato nel tirar fuori dall’estrema povertà la fascia più debole della popolazione potrebbe agire su altre leve. Solo per fare due esempi: più case popolari e irpef progressiva. Invece le assegnazioni delle case popolari vanno a rilento e oltre 700 appartamenti popolari sono vuoti, mentre l’Irpef resta flat tax, quella stessa flat tax che piace tanto alla Lega e che fa ‘parti uguali fra diseguali’.

La retorica dell’Adotta una bolletta ha anche lo scopo chiaro ed evidente di dividere i poveri tra meritevoli e non meritevoli di beneficienza, il vecchietto rassicurante che può essere aiutato, ma solo dal buon cuore delle persone caritatevoli e non dallo Stato, e i poveri meno rassicuranti che non meritano aiuto magari stranieri, poco educati e poco decorosi. Questa carità pelosa è poco credibile da parte di un’amministrazione che ha fatto del decoro uno dei suoi cavalli di battaglia. Dall’allontanamento dei poveri dal salotto buono del centro storico con le zone rosse alle ordinanze che trasformavano piazze in luoghi dove si poteva sostare solo consumando a bar e ristoranti.

In un sistema come quello capitalista la povertà è diventata una colpa grazie alla vulgata neoliberista per cui in fondo si è poveri perché non ci si è impegnati abbastanza. Affidare parte del welfare alla beneficenza, anche occasionalmente come in questo caso, alimentando la retorica del povero buono e del povero cattivo finisce per frantumare la classe povera lavoratrice, esattamente come il razzismo e la retorica del decoro. I bravi cittadini che si sono impegnati nella loro vita decidono chi aiutare, per gli altri non c’è niente.

Come già detto le organizzazioni no profit, gli enti che si occupano di assistenza, le associazioni possono aiutare e l’hanno fatto prima e più rapidamente del pubblico durante il lockdown, ma non possono sostituirsi al welfare. In un paese sano con un welfare funzionante con scuole, ospedali, servizi per la cittadinanza davvero in mano pubblica non sarebbe necessaria la carità. Nessuno dopo una vita di lavoro dovrebbe essere costretto a vivere del buon cuore degli altri, solo uno Stato e delle istituzioni pubbliche che abbiano abdicato al loro ruolo possono incentivare questa deriva. Affidarsi al buon cuore dei singoli mentre si redistribuisce la ricchezza verso l’alto è francamente inaccettabile.