Autonomia e terza età. Non soli, ma bene accompagnati

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Prendo spunto da “Mai più soli”, articolo di Lorenzo Fargnoli comparso sul settimanale Left del 18 febbraio scorso che affronta il tema degli over 65 italiani. L’autore afferma che per il 30,3% hanno difficoltà nell’essere autonomi, secondo uno studio Istat. L’argomento Società-Terza Età riveste particolare importanza in un’Italia sempre più vecchia, dove i fondi per il welfare sono sempre più scarsi. L’autore prosegue “È dagli anni Novanta che l’Italia avrebbe bisogno di una riforma degli interventi per la non autosufficienza.”

Uno dei motivi per cui, a differenza di altri paesi della UE, solo dopo la pandemia, in Italia appena qualche timido studio al riguardo è affrontato, risiede nel concetto culturale di “Famiglia salvatutto”, che ha il suo radicamento nella mente degli Italiani fin dall’infanzia grazie al Cattolicesimo. Riporto il discorso di una volontaria, nell’ultima parte dello stesso Articolo «Mi sembra assurdo che non sia previsto alcun tipo di sostegno adeguato per gli anziani che hanno la sfortuna di non poter contare su parenti che li accudiscono.» L’automatismo parente-accudimento salta all’occhio. A parte il fatto che oggi che l’aspettativa di vita è cresciuta, i figli sono essi stessi anziani quando arriva il momento di occuparsi dei genitori, la Politica in Italia si basa da sempre su questo automatismo.

Dare la colpa solo alla Politica è più facile che affrontare anche il vero e proprio ricatto gestito dai genitori sui figli. Quelli di loro – la maggioranza in Italia – che non si preparano alla perdita di forze e, in parte, di capacità intellettive, confidano su figli o parenti. Nella stessa logica di Sacra Famiglia detta sopra. Ma il bello è che anche coloro che sono soli non si preparano. Pur essendo ben consci di vivere in una società che si occupa quasi solo di vecchi benestanti privatamente, per guadagnarci sopra, creando per loro strutture a pagamento. Dove il Covid, per inciso, ha fatto strage di clienti. Quel poco che le istituzioni facevano per i nullatenenti, con l’avanzare del neoliberismo sta diminuendo drasticamente.

Il rimedio è l’autogestione, cioè la gestione condivisa delle aumentate difficoltà del vivere, all’avanzare dell’età, con l’aiuto di una struttura, il Cohousing, un modo di abitare organizzato in spazi privati piccoli, autosufficienti, del tipo camera, bagno, soggiorno, angolo cottura, ripostiglio, con accesso ad ampi spazi comuni al gruppo, progettati insieme, dove condividere pranzi, attività motoria, bricolage, ospitalità, giardino e tutto ciò che il gruppo ritiene necessario ad una piacevole convivenza, e che è pronto ad aprire agli abitanti del quartiere o, se siamo in campagna, al territorio circostante. La vicinanza fra le abitazioni nell’architettura dei Cohousing permette una gestione autonoma, con personale stipendiato che lavora per il gruppo, che può essere anche un componente del gruppo stesso, i più forti che aiutano, se necessario, i più fragili, e la solidarietà nel quotidiano.

È noto a tutti, inoltre, che una vita di relazione, contrapposta alla solitudine di molti anziani, è un potente antidoto a malattie degenerative.

Se da un lato la fragilità cresce con l’aumento dell’età, anche se dalle istituzioni sono riconosciuti come fragili solo i non autosufficienti, molte persone non fanno progetti per porre rimedio a quello che sicuramente li aspetta. Una specie di scaramanzia, come se, non pensandoci, la vecchiaia non arrivasse.

L’associazione Cohousing in Toscana ha interpellato a lungo Comune, Regione e Asl, perché mettano a disposizione di ogni gruppo di Cohousers, comunità intenzionale, un immobile di proprietà pubblica a Firenze, ma le istituzioni non hanno ancora aderito all’idea, che non è l’acquisto, ma il restauro a spese del gruppo, quindi senza impiego di denaro pubblico, mentre l’immobile resta di proprietà pubblica, e come tale è riutilizzabile. Perché non l’acquisto? Perché Firenze è una piccola perla, patrimonio dell’Umanità, già troppo smembrata da copiose vendite a gruppi finanziari stranieri. Non acquistare è tutelare un immenso bene che non deve diventare proprietà privata perché deve rimanere di tutti Discorso innovativo che ha bisogno di un gran numero di adesioni per riuscire a realizzarsi con l’aiuto delle Istituzioni. Va riconosciuto che il numero di richieste in tal senso non ha la forza d’urto necessaria per convincere le istituzioni a fermare le copiose alienazioni, vendite a chi acquista quasi sempre per uso turistico. Chi perché pretende di essere accudito dai parenti, chi pensa ad una badante come a una domestica personale, chi non ci vuole pensare alla vecchiaia per scaramanzia, sono pochi rispetto al crescente numero di anziani in una città come Firenze coloro che vogliono organizzare la loro vecchiaia. Un indicatore del rifiuto diffuso di pensare al futuro è proprio il raro utilizzo dei media della parola vecchio, parafrasato con anziano o, al più, molto anziano.

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Lucia Evangelisti

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