Don’t pay, contro il caro bollette dal Regno Unito all’Italia

In Inghilterra contro il caro bollette è partita una campagna che ha già coinvolto centinaia di migliaia di famiglie, l’obiettivo è convincere almeno 1 milione di persone a rifiutarsi di farsi carico anche questa volta delle scelte insensate dei nostri governi, che si sono resi disponibili a gettare sul lastrico i lavoratori, le famiglie e pure le imprese medie e piccole che ancora si ostinano a provare a creare ricchezza reale, per assecondare gli interessi geopolitici di Washington e quelli economici della finanza globale.
Il nostro obiettivo è importare anche in Italia questa forma di lotta, perché le bollette pazze del partito unico della guerra e degli affari non le vogliamo pagare. Come scrivono gli inglesi: “milioni di noi non saranno in grado di pagare la loro bolletta energetica questo inverno. Non possiamo permettere che accada. L’obiettivo di questa campagna è unirci tutti insieme, far pesare il nostro potere e reagire”. D’altronde il caro bollette non è un inaspettato cataclisma naturale, nonostante ce lo vogliano spacciare come un evento ineluttabile, che colpisce tutti, e di fronte al quale dobbiamo rimanere uniti come un sol uomo per evitare la catastrofe è invece è l’esatto contrario: una conseguenza ampiamente prevedibile e prevista di scelte precise. Non di scelte sbagliate. Di scelte precise il cui obiettivo è trasferire ancora una volta ricchezza e potere da chi ne ha meno a chi li vuole tutti per sé.

Noi non paghiamoSecondo gli annunci di Mario Draghi e del partito unico degli affari e della guerra che hanno trascinato l’Italia nella guerra per procura tra USA e Russia che si sta combattendo in Ucraina, le sanzioni contro la Russia avrebbero dovuto far collassare l’intera economia russa nell’arco di qualche settimana. Dopo 6 mesi a fare un bilancio della situazione ci pensa l’Economist con un lungo articolo il cui titolo è tutto un programma: “Perché la Russia continua a fare meglio di ogni previsione?”. L’articolo mette in fila tutte le previsioni errate: il mancato crollo del Pil russo, il mancato isolamento Mentre in occidente l’inflazione è letteralmente esplosa, in Russia è inferiore a quella registrata a fine 2021, e quella attesa nei prossimi 12 mesi è ormai poco superiore al 10%, come quella tedesca, e decisamente inferiore a quella britannica ciò nonostante, secondo i dati di sberbank, la paga media reale è drasticamente cresciuta rispetto alla primavera. Secondo l’Economist Putin si sarebbe circondato di consiglieri molto capaci in campo economico. Qual è la loro ricetta? Negli ultimi anni hanno deciso di sacrificare un po’ di crescita per guadagnare un po’ in indipendenza, già nel 2019 lo stock degli investimenti esteri diretti in Russia ammontava a meno del 30%, contro una media globale di poco inferiore al 50. Subito prima della crisi ucraina, solo lo 0.3% dei russi occupati lavorava per un’azienda americana, contro una media di oltre il 2% dei paesi più sviluppati.

A parte la guerra in Ucraina dietro la delirante corsa del prezzo del gas c’è un padrone ancora più potente di Washington: la finanza. Il prezzo del gas dipende da cosa succede sul mercato di Amsterdam. dove però la gente non compra e vende materia prima, ma una serie infinita di prodotti finanziari. Per ogni dollaro che gira per comprare e vendere gas ce ne sono tra circa 100 mila che girano sulle scommesse che vengono fatte su quale sarà il prezzo del gas in futuro. Speculazione, che in particolare in tempi di subbuglio e di incertezze, si galvanizza. E cosa c’è di più destabilizzante di buttarsi anima e corpo in una bella guerra contro il principale fornitore di gas del mondo?

La soluzione c’era. Bastava semplicemente decidere che questi giochetti speculativi su beni essenziali come l’energia, o il grano, sono vietati. D’altronde, fino a una ventina di anni fa era sostanzialmente così, la finanziarizzazione non è un processo naturale, ma un disegno preciso del grande capitale e dei suoi fedeli servitori che ci governano.

Perché visto che grazie alla speculazione puoi vendere a 10 quello che ti costa 1 e che hai sempre venduto a 1 e mezzo, va da se che ci sono decine di aziende che, senza muovere foglia, hanno guadagnato una montagna di soldi, quasi 50 miliardi, dicono. Sono i famosi extraprofitti. Il governo Draghi invece di chiedere alle aziende di restituire l’intero maltolto, si è limitato a chiedere umilmente, cappello alla mano, che ne restituissero appena il 25%, un quarto. Ma la legge è stata scritta talmente male che le aziende si sono rifiutate di pagare anche quei pochi soldi. Per esempio Eni ha fatto extraprofitti per circa 6 miliardi, per il momento ha restituito 340 milioni, praticamente briciole.

Ottolina, insieme ad alcune forze politiche che hanno deciso come noi di stare dalla parte di chi da vivere se lo guadagna lavorando invece che di chi si compra jet privati e yacht registrati nei paradisi fiscali sfruttando il lavoro altrui, si appresta a lanciare una campagna con una pagina web dove raccoglieremo le adesioni di tutti quelli che si vogliono unire a questa vera e propria lotta per la sopravvivenza.
L’idea è quella intanto di partire dalle domiciliazioni. Invitiamo tutti a disdire il pagamento automatico delle bollette, e a dichiarare ufficialmente attraverso la nostra piattaforma che l’hanno fatto come forma di protesta nei confronti del caro bollette, e che sono intenzionati a rimandare il pagamento delle bollette fino a quando non sarà trovata una soluzione ragionevole. Siamo convinti che se riusciamo a mettere assieme qualche migliaia di firme, intanto per i media sarà impossibile ignorarci. Una volta attirata l’attenzione dell’opinione pubblica, siamo sicuri che altre decine di migliaia di persone si uniranno alla protesta, perché non è più questione di senso della giustizia o di opinioni, ma di sopravvivenza.

Quando avremo messo assieme un numero sufficiente di persone, chi ha il potere di prendere le scelte necessarie ci dovrà stare a sentire. Perché centinaia di migliaia di persone rimandano ogni giorno il pagamento della bolletta causano un danno enorme ai conti dei padroni dell’energia. E impediscono ai padroni dell’energia di reagire brutalmente. Che fanno: aprono un milione di contenziosi?

Come sempre, divisi siamo carne da macello, uniti siamo una potenza. Ce lo ricordano gli inglesi.

Alcuni degli organizzatori della campagna Dontpay infatti sono gli stessi che 30 anni fa vinsero la battaglia che portò al tramonto definitivo del decennale impero della lady di ferro. Allora in ballo c’era quella che venne chiamata la poll tax, una nuova tassa che sostituiva ad ogni imposta locale progressiva una quota fissa per ogni individuo. Una vera e propria aberrazione ultraliberista, quasi peggio della flat tax. Quindici milioni di inglesi si rifiutarono di pagarla e la Thatcher dovette ritirarsi, da allora la parola poll tax non può essere nemmeno pronunciata pubblicamente senza essere linciati. Tra i cittadini britannici il ricordo di quella gloriosa manifestazione di forza popolare è ancora molto vivido, e così oggi nell’arco di poche settimane ad aderire alla campagna don’t pay sono già stati in centinaia di migliaia. Adesso è il nostro turno.